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Patologia

La neoplasia della cervice uterina

di Marco Alaimo

La neoplasia della cervice uterina colpisce la parte inferiore dell'utero, l'organo femminile preposto ad ospitare il feto durante la gravidanza. Il carcinoma della cervice, che spesso allo stadio iniziale si manifesta con sintomatologia aspecifica, è in calo per incidenza in Italia, sebbene rappresenti ancora una problematica assistenziale rilevante, soprattutto nelle aree geografiche con minore efficacia dello screening e nella popolazione immigrata.

Tumore della cervice uterina: Caratteristiche, sintomi e stadiazione

tumore cervice uterina

L'utero è l'organo dell'apparato femminile dove viene accolto e si sviluppa l'embrione nel corso della gravidanza. Ha la forma di un imbuto rovesciato ed è formato da due parti principali: la parte superiore, chiamata corpo dell'utero e l'estremità inferiore, detta collo o cervice.

La cervice uterina è la parte inferiore dell'utero, in diretto collegamento con la vagina e può essere suddivisa in due parti dette endocervice (quella più vicina al corpo dell'utero) ed ectocervice (quella più vicina alla vagina).

Le cellule che rivestono la cervice non sono tutte uguali: si parla infatti di cellule squamose nell'ectocervice e di cellule ghiandolari nell'endocervice, due tipi cellulari che si incontrano nella cosiddetta “zona di transizione”, che si localizza in corrispondenza dell'orifizio che collega la cavità uterina con la cavità vaginale.

La maggior parte dei tumori della cervice prende origine proprio da cellule che si trovano in questa zona di confine a causa della differente varietà di cellule. Prendendo origine da due tipi cellulari diversi, i tumori alla cervice si suddividono in:

  • carcinoma a cellule squamose: l’80% dei tumori e nascono dalle cellule dell'esocervice;
  • adenocarcinoma: circa il 15%, che nasce dalle cellule dell'endocervice;
  • carcinomi adenosquamosi: molto meno frequenti, hanno orgine mista e sono circa il 3-5% dei casi.

In base al sistema di classificazione FIGO 2009 (Federazione internazionale di ginecologia e ostetricia), il tumore della cervice uterina può essere diviso in quattro stadi a seconda di quanto risulta diffuso nell'organismo:

Segni e sintomi

Inizialmente il tumore non da sintomi particolari, per cui il soggetto non si rende conto della presenza della patologia. Ci sono però dei segni e sintomi che possono essere dei campanelli di allarme:

  • la perdita anomala di sangue
  • perdite vaginali senza sangue
  • sensazioni dolorose durante e dopo i rapporti sessuali.

Proprio per il fatto che è una patologia inizialmente non sintomatica (o poco), è molto importante effettuare con regolarità un esame molto semplice, ma che permette di intervenire tempestivamente nel caso in cui l’esito dovesse risultare positivo, ovvero il Pap-Test.

La negatività a questo esame, però, non ci deve esonerare dal considerare eventuali sintomatologie future e comunque resta il fatto che l’esame deve essere ripetuto con regolarità ogni tre anni almeno.

La positività del test, invece, implica l’effettuare esami più approfonditi e specifici, come per esempio la colonscopia, ed altri esami a discrezione del medico. Saranno necessari sicuramente esami come TC o RMN o ancora PET per verificare oppure escludere la presenza di metastasi in altri organi e quindi l’estensione della malattia a distanza.

I fattori di rischio

Il tumore della cervice uterina è una malattia frequente, che colpisce le donne in tutte le fasce di età.

Il principale fattore di rischio è rappresentato dall’infezione da Human Papilloma Virus (HPV). Questo virus si trasmette da persona a persona per via sessuale o per contatto intimo pelle contro pelle. Il numero di contagiati è altissimo: si stima, infatti, che 8 donne sessualmente attive su 10 abbiano contratto il virus nel corso della loro vita e che, di conseguenza, anche gli uomini siano portatori del virus in modo inconsapevole.

Per questo motivo, avere più partner (o un partner sessualmente promiscuo) o rapporti sessuali in età precoce, rende più probabili le infezioni da HPV. La grande maggioranza delle infezioni si risolve senza lasciare alcun segno, solo poche infezioni persistono nel tempo e possono dare origine a lesioni precancerose cervicali.

Queste lesioni prendono il nome di neoplasia intraepiteliale cervicale (o CIN), che comunque evolvono in tumore molto lentamente, in circa 10-15 anni.

La ricerca dello Human Papillomavirus (HPV) in combinazione con l’esame della citologia uterina, è stata raccomandata per lo screening del cancro cervicale per le donne dai 30 ai 65 anni di età.

Successivamente alla diagnosi di malattia, seguirà il giusto trattamento, che potrà essere chirurgico, chemioterapico o radioterapico. La tipologia del trattamento verrà decisa dal medico, in base – tra altre considerazioni - al grado del tumore, al suo grado di differenziazione, in base all’età e alle esigenze dalla paziente.

L’eziologia

Il papilloma umano (HPV) è l'agente causale principale del carcinoma della cervice uterina. Costituiscono, inoltre, fattori di rischio la presenza di molti partner sessuali e un numero elevato di gravidanze portate a termine.

Anche le pregresse infezioni genitali da Chlamydia e il fumo costituiscono un fattore predisponente per questa patologia.

Il Papilloma Virus (HPV)

Si tratta di piccoli virus a DNA privi di envelope appartenenti alla famiglia dei Papillomaviridae, che infettano i tessuti epiteliali delle mucose e dell’epidermide inducendo lesioni proliferative quali verruche a livello di mani e piedi e condilomi, a livello del tratto genitale, labiale e respiratorio.

A tutt’oggi sono stati identificati circa 200 differenti genotipi che infettano sia l’uomo sia gli animali ed il genoma di 120 di questi è stato completamente sequenziato e caratterizzato; tra questi, circa 35-40 infettano il tratto ano-genitale. Un aspetto importante del ciclo vitale degli HPV è la capacità di stabilire infezioni persistenti negli epiteli cervicali squamosi. Gli HPV ad “alto rischio” utilizzano questa strategia per contrastare efficientemente il differenziamento cellulare e favorire la trasformazione neoplastica. Un evento chiave della tumorigenesi indotta da HPV è l’integrazione del DNA virale nel genoma della cellula ospite.

Il fumo

Secondo uno studio europeo sul cancro e lo studio di nutrizione (EPIC), sono state selezionate 308,036 donne per valutare l'associazione tra fumo di tabacco e il rischio di neoplasia intraepiteliale cervicale di grado 3. Al basale, i partecipanti hanno completato un questionario e hanno fornito campioni di sangue. Durante un periodo medio di follow-up di 9 anni, nella coorte analisi abitudine al fumo, la durata e l'intensità mostrano un duplice aumento del rischio di CIN3. I risultati di questo ampio studio prospettico confermano il ruolo del fumo di tabacco come un importante fattore di rischio sia per CIN3/CIS e ICC, anche dopo aver tenuto conto dell'esposizione HPV come determinato da HPV sierologia. Il forte effetto benefico di smettere di fumare è un dato importante che richiede sempre maggiore impegno da parte delle politiche di sanità pubblica.

La Chlamydia

Causa danni genetici duraturi alle cellule ospiti. In questo nuovo studio, i ricercatori dimostrano che la Chlamydia impone un’impressione duratura sul genoma e l’epi-genoma delle cellule ospiti. Tali cambiamenti sono sempre più implicati nello sviluppo di una gamma di tumori. I ricercatori hanno trovato che cellule ospiti acutamente e persistentemente infettate con Chlamydia, avevano un aumento dei livelli di diversi tipi di rotture del DNA.

Le cellule normali, quando si verificano questi tipi di rotture, vanno in apoptosi (“suicidio”). La cellula viene rimossa e il materiale delle sue parti riciclato o va in riparazione del DNA. Nella modalità di riparazione del DNA, proteine speciali innescano un processo chiamato DNA Damage Response, che tenta di sigillare i fili spezzati del DNA per assicurarsi che la corretta sequenza di codice genetico venga ripristinato (in modo che quando la cellula si replica, produce cellule figlie sane). Ma non solo i ricercatori hanno trovato che le cellule infette da Chlamydia avevano alterato il DNA, ma anche che il loro DNA Damage Response non funzionava correttamente. In questo modo il DNA rotto non ha ottenuto riparo in quelle cellule che non hanno subito l’itinerario del suicidio cellulare.

La Chlamydia ha interrotto il processo DNA Damage Response nell’ospite, impedendo alle proteine chiave di raggiungere i siti di danno al DNA.

I danni della Chlamydia alle cellule sono simili a quelli che portano al cancro. Così le cellule infette da Chlamydia che non hanno subito l’apoptosi, hanno continuato a proliferare, oltrepassando il danno al DNA, stimolate da alcuni segnali pro-sopravvivenza aggiuntivi, attivati nella cellula ospite dal patogeno.

Il risultato è una crescente popolazione di cellule ospiti che sono sfuggite ai normali meccanismi che garantiscono che il DNA difettoso non venga replicato: un marchio di garanzia per lo sviluppo del cancro. La scoperta è importante perché se viene accertato che l’infezione porta al cancro, la vaccinazione per prevenire l’infezione o gli antibiotici per eliminarla, possono anche prevenire il cancro. Tali metodi di prevenzione sono già al lavoro con altri agenti che causano il cancro come Human Papilloma Virus (HPV).

Altri fattori

La presenza in famiglia di parenti strette con questo tumore (anche se non sono stati identificati geni responsabili di una eventuale trasmissione ereditaria), una dieta povera di frutta e verdura, l'obesità e, secondo alcuni studi, un alto numero di gravidanze.

Epidemiologia del carcinoma della cervice uterina

Il carcinoma della cervice è in calo per incidenza in Italia, sebbene rappresenti ancora una problematica assistenziale rilevante, soprattutto nelle aree geografiche con minore efficacia dello screening e nella popolazione immigrata.

L’adozione su larga scala già dagli anni 60 del test di screening nei paesi industrializzati, ha fatto sì che oggi il carcinoma della cervice uterina rappresenti un esempio di diseguaglianza sociale con 2/3 dell’incidenza e delle morti localizzate nei paesi in via di sviluppo dove lo screening di popolazione non ha preso piede.

In Italia si registrano circa 10 casi ogni 100.000 donne e il tumore colpisce mediamente 1 /47 donne.

Con le sue 3.400 nuove diagnosi all’anno (e le 1.200 morti per malattia) il carcinoma della cervice uterina rappresenta nel sesso femminile per frequenza il 4° tumore (5%) dopo mammella (29%), colon-retto (13%) e polmone (6%).

La prevalenza della malattia in Italia (donne che hanno avuto un tumore della cervice uterina nella loro storia anamnestica) è di oltre 91.000 casi e il tumore si colloca per prevalenza al 5° posto (4.1%) dopo mammella (23.3%), colon retto (13.2%), vescica (10%) e prostata (9.7%), non considerando i tumori della pelle.

La mortalità per questo tipo di tumore si è ridotta di circa 1/3 rispetto agli anni 50, grazie alla diagnosi precoce dovuta alla campagna di screening, che ha ridotto l’incidenza delle forme tumorali invasive, ma ha conseguentemente aumentato quella delle lesioni preneoplastiche.

In Italia esiste un gradiente di incidenza Nord-Sud con tassi di incidenza circa doppi nelle regioni settentrionali rispetto alle meridionali; il tasso di mortalità, al contrario, segue l’andamento inverso con circa un 10% di mortalità in meno nel nord Italia.

Il carcinoma in situ presenta massima incidenza intorno ai 25-35 anni riducendosi progressivamente nelle fasce d’età successive fino a essere assente oltre i 65 anni.

Il carcinoma invasivo, al contrario, presenta un’incidenza variabile nelle varie fasce di età:

  • sotto i 20 anni è praticamente assente, con un’incidenza di 0.1 per 100.000 donne
  • tra i 20 e i 30 anni l’incidenza sale a 4.5 per 100.000 donne, ma rimane comunque estremamente bassa
  • tra i 30 e i 40 anni è 14 per 100.000 donne
  • tra i 40 e i 65 anni raggiunge il suo picco di incidenza con 16 casi ogni 100.000 donne
  • sopra i 65 anni l’incidenza ricomincia a scendere con 14 casi ogni 100.000 donne.
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