Parassitosi molto diffusa nei Paesi tropicali a clima caldo-umido ma presente anche nelle regioni temperate, l'anchilostomiasi è un'infezione causata dall'infestazione di Ancylostoma duodenale – presente in Africa settentrionale, nel bacino del Meditterraneo, in Estremo Oriente e in Cina – e di Necator americanus , diffuso soprattutto in America, Africa centrale e meridionale, in Asia. Si tratta di due specie di parassiti detti anchilostomi , il cui sviluppo è favorito dalle alte temperature e dall'umidità.
Che cos’è l’anchilostomiasi
La presenza di vermi adulti nell'intestino può provocare dolore addominale, inappetenza, flatulenza, diarrea e calo ponderale.
La malattia, descritta per la prima volta nel 1852 al Cairo in Egitto, è debilitante nelle regioni tropicali dove ogni anno si registrano circa 60.000 decessi. Risulta essere una delle maggiori cause di anemia sideropenica nelle regioni ad alta endemia. Si stima che la prevalenza mondiale sia di circa 740 milioni di casi, soprattutto nelle aree geografiche in via di sviluppo dove le condizioni igieniche sono ancora scarse.
Secondo i dati epidemiologici, l'incidenza della parassitosi è diminuita in Europa grazie al miglioramento delle condizioni igieniche generali. Nel nostro continente la malattia colpiva prevalentemente minatori, lavoratori in galleria, addetti alle fornaci, contadini e coltivatori del riso. Nota come “anemia da minatore ”, in Svizzera ci fu un'esplosione di casi tra gli addetti ai lavori durante la costruzione del tunnel del San Gottardo nel 1871-1881.
Anchilostomi
Gli anchilostomi sono nematodi, parassiti obbligati dell'uomo il cui ciclo vitale si compie in un unico ospite. Sono vermi uncinati; la malattia è detta anche uncinariosi per la tipica forma dell'agente eziologico.
Durante lo stadio di vita libera nell'ambiente esterno i vermi depositano le uova nel terreno con le feci di individui, cani e gatti infetti. Clinicamente la malattia si caratterizza da anemia ipocromica, disturbi gastroenterici e talvolta con manifestazioni cutanee.
In condizioni favorevoli – elevata umidità, temperatura attorno ai 30°, protezione dai raggi solari diretti – e considerando che ne vengono deposte dopo la fecondazione circa 9.000-25.000 al giorno, le uova degli anchilostomi si schiudono dopo 1-2 giorni liberando larve, non infettanti.
Dopo altri 5-10 giorni le larve diventano filariformi, sottili e riescono ad infettare l'uomo attraverso una penetrazione percutanea : attraversano la cute, solitamente a livello delle mani e dei piedi, e raggiungono per via ematica il cuore destro e il circolo polmonare.
Una volta raggiunto il polmone, la larva - che nel frattempo è aumentata di volume - rompe la parete endoteliale passando negli alveoli e nell'albero bronchiale. Risale nella faringe verso l'epiglottide, viene deglutita, passa nell'esofago e quindi nello stomaco stabilendosi infine nell'intestino tenue dell'ospite, nutrendosi del sangue attraverso i villi intestinali.
I parassiti adulti vivono nel duodeno adesi alla mucosa intestinale ed hanno una vita di circa 5 anni. Il numero di vermi adulti presenti nell'ospite varia da 500 a 3.000. La perdita ematica cronica porta ad anemia sideropenica, la cui gravità dipende dalla carica infestante del parassita e dalla quantità di ferro assorbibile nella dieta.
Sintomi di anchilostomiasi
Generalmente l'infezione è asintomatica . Può talvolta manifestarsi con un rash papulovescicolare nel punto in cui è penetrata la larva, solitamente sui piedi. Se compare tosse secca con sibili, aumento degli eosinofili nel sangue e presenza di opacità rotondeggianti alla radiografia del torace ed emottisi , l'infestazione si manifesta con la sindrome di Loffer , scatenata dalla migrazione di un gran numero di larve verso i polmoni.
La presenza di vermi adulti nell'intestino può provocare dolore addominale, inappetenza, flatulenza, diarrea e calo ponderale. Se l'infezione è grave e cronicizza, si può presentare anemia da carenza di ferro che si manifesta con pallore, astenia , tachicardia ed edema alle estremità .
L'infezione è particolarmente pericolosa nei bambini e nelle donne in gravidanza , perché la perdita cronica di sangue può portare ad una grave anemia con anasarca, ossia edema sottocutaneo diffuso e a ritardi di crescita del feto.
L'infezione da anchilostomi può essere zoonotica
Se gli anchilostomi di cani e gatti infettano gli esseri umani, le larve migrans, tipiche di questi animali, non raggiungono il sangue, i polmoni e l'intestino dell'ospite, ma dal sito di infezione migrano nella pelle causando lesioni cutanee, irregolari e pruriginose. Si forma un canalicolo bruno rossastro, sottopelle, di aspetto filiforme e tortuoso.
Migrano pertanto verso la pelle e non nell'intestino, poiché non riescono a completare il loro ciclo vitale negli esseri umani. Soltanto le larve dell'Ancylostoma caninum riescono a raggiungere l'intestino dell'uomo, ma non provocano una significativa perdita di sangue con conseguente anemia poiché non maturano completamente sino alla forma adulta e non depongono uova.
Questa infestazione intestinale può causare una enterocolite eosinofila, con addominalgia ed eosinofilia (aumento degli eosinofili circolanti, che accompagna molte forme allergiche IgE mediate e le infestazioni da parassiti).
Diagnosi e trattamento dell’anchilostomiasi
La diagnosi, possibile con l'anamnesi clinica e l'esame obiettivo, viene confermata dall'esame microscopico delle feci con la ricerca delle uova del parassita. Le feci fresche si conservano al freddo per evitare che le uova si schiudano. Se l'infestazione è zoonotica, le larve non sono presenti nelle feci e si ricercano quindi sulla pelle le tipiche lesioni cutanee.
I farmaci indicati per il trattamento dell'infezione intestinale sono antielmintici, principi attivi che agiscono sui parassiti uccidendoli o paralizzandoli e favorendone l'espulsione per effetto dei movimenti peristaltici intestinali.
Sono albendazolo, mebendazolo, pamoato di pyrantel. La somministrazione di ferro può rendersi necessaria per correggere la carenza da anemia se l'infestazione è massiva. La larva cutanea migrans provoca un'infezione autolimitante, si risolve spontaneamente ma poiché i sintomi possono persistere per 5-6 settimane è risolutivo somministrare albendazolo.
Prevenzione
Evitare zone contaminate da feci umane, se la defecazione è antigienica, ed il contatto diretto della cute con il suolo contaminato, indossando stivali e guanti di gomma, sono misure efficaci di prevenzione così come promuovere l'adozione di latrine i cui liquami non inquinino il terreno.
Tuttavia, nelle zone endemiche queste misure non sono sufficienti, pertanto, vengono somministrate terapie di massa ogni 3-4 mesi alle popolazioni sensibili.
Se adeguatamente e precocemente trattata, l'infezione si risolve in maniera completa. Se la malattia viene trascurata e non gestita, negli individui colpiti possono insorgere complicazioni legate all'anemia cronica, in alcuni casi letali.
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