Il disagio mentale in Italia è diffuso. Il 65% dele 400 mila richieste per il bonus psicologico, riproposto dal governo, è under 35. È un fenomeno in crescita, soprattutto tra la popolazione giovanile ed adolescenziale, che manifesta disturbi psichici - come i comportamenti autolesivi, i disordini alimentari e le dipendenze – che risultano aumentati di circa il 30% rispetto agli anni precedenti la pandemia. La situazione è particolarmente critica e viene testimoniata sia dalle nuove diagnosi formulate dagli specialisti sia dalle autodiagnosi cui giungono le persone che hanno la percezione di non sentirsi psicologicamente bene e la consapevolezza di avere bisogno di rivolgersi ad un esperto.
In aumento le richieste di aiuto ai dipartimenti di salute mentale
Le richieste di aiuto ai dipartimenti di salute mentale sono aumentate già da alcuni anni a causa dei cambiamenti demografici e sociali, dell'emergere di nuove forme di dipendenza, della maggiore solitudine e della frequente comorbilità dei soggetti colpiti da disturbi mentali.
Inoltre, tali dipartimenti sono diventati, con la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, punto di riferimento anche per curare il disagio mentale dei detenuti nelle carceri.
Nonostante questo bisogno di salute nella popolazione sia riconosciuto e segnalato da tempo, i dipartimenti di salute mentale – pur erogando prestazioni sanitarie che rientrano nei livelli essenziali di assistenza - sono stati i più colpiti dalla riduzione delle risorse destinate al servizio sanitario nazionale.
Il depauperamento – mancano oltre due miliardi di euro - è evidente dai dati della spesa contenuti nel Rapporto nazionale del ministero della Salute del 2020, nonostante il formale impegno a destinare il 5% dei fondi sanitari alla salute mentale emerso dalla prima Conferenza nazionale.
La condizione del sistema salute mentale in Italia è peggiorata a tal punto che i dipartimenti non sono più in grado, seppur nelle differenze regionali, di garantire le prestazioni. Il bisogno è esponenziale ma le risorse sono drasticamente diminuite.
È la denuncia di 91 Direttori di DSM che, rivolgendosi alle autorità politiche, ribadiscono che le risorse economiche richieste sono indispensabili non tanto per acquistare macchinari o attrezzature sofisticate ma per investire sul personale.
Servono diverse figure professionali perché esse sono l'asse portante della tutela della salute mentale fondato in primo luogo sulla relazione tra operatore e persona con sofferenza psichica
. Sono investimenti sicuri oltre che necessari perché sono capaci di dare risposte qualificate alle esigenze dei vari trattamenti, dalle terapie psicofarmacologiche ai trattamenti psicologici-psicoterapici.
Tali professionisti della salute mentale sono risorse umane decisive anche nei percorsi di recovery fondati sul principio dell'inclusione sociale. Sono psichiatri, neuropsichiatri infantili, psicologi, infermieri, terapisti, educatori ed assistenti sociali. Lavorano in sinergia e, costruendo reti territoriali, sanno gestire le varie forme di disturbi mentali sia negli adulti che nei bambini e negli adolescenti, dalle dipendenze patologiche sino alla salute in carcere.
Hanno pertanto la competenza di soddisfare gli standard organizzativi, strutturali e di personale varati a dicembre 2022 da Agenas, l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Se si vogliono dare prestazioni di qualità e risposte appropriate nella presa in carico della sofferenza psichica, tali standard dovrebbero rappresentare la bussola per orientare le prossime politiche di salute mentale. Siamo di fronte ad un problema complesso – culturale, sociale, sanitario - la cui soluzione certamente non è facile ma che merita attenzione e risorse adeguate per essere fronteggiata. Occorre dare risposte rispettose della complessità dei bisogni.
Secondo il presidente della Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica, il sistema di cura non può essere totipotente. Siamo di fronte ad un drammatico bivio: saper individuare un numero definito di azioni prioritarie compatibili con i livelli di risorse necessari a perseguirli oppure chiedersi cosa ci si possa realisticamente permettere con i livelli di risorse disponibili.
In ogni caso bisogna verificare l'effettiva erogabilità ed esigibilità del diritto alla cura difronte ai diversi attori del sistema salute che manifestano esigenze diverse: i cittadini pretendono interventi di qualità, gli operatori sanitari chiedono di poter esercitare nelle migliori condizioni possibili le proprie competenze, i dirigenti delle aziende sanitarie sono stretti tra gli obiettivi di eccellenza e i mezzi insufficienti a realizzarli. Sono i decisori politici a dovere assumere, a garanzia dell'interesse comune, le scelte più opportune dopo aver valutato, con i vari parametri, lo stato attuale di salute del sistema salute mentale.
Carenza di personale specializzato
Alla luce del Dm 77/22 che ridisegna l'organizzazione dell'assistenza territoriale senza tener conto della salute mentale, è stato varato lo scorso dicembre un protocollo d'Intesa, un documento tecnico che sancisce una nuova metodologia per il calcolo dei fabbisogni di personale del Ssn, ridefinendo per la salute mentale aspetti organizzativi strutturali e quantitativi.
Considerando che per gli anni 2022-2024 è previsto un incremento del 5% del Fsn per sopperire alle carenze di personale del Ssn, vengono identificati gli standard minimi di personale necessari per il funzionamento a regime del sistema di salute mentale di comunità. Vengono individuati quattro livelli assistenziali, dall'assistenza primaria garantita tra i Dipartimenti di salute mentale e le Case di comunità sino alle reti specialistiche di area vasta, regionali e interregionali. Viene inoltre strutturata la rete ospedaliera dei Servizi psichiatrici Diagnosi e Cura.
Secondo la normativa vigente, le attività ospedaliere per la salute mentale (Spdc) prevedono lo standard minimo di 1 Spdc ogni 300 mila abitanti e un fabbisogno di 1 posto letto ogni 10 mila abitanti. In Italia ci sono 329 Spdc contro il minimo di 200 previsto. Ma da un'indagine conoscitiva emerge che mancano gli spazi necessari negli ospedali per operare l'ampliamento dei posti letto.
La soluzione più concreta potrebbe allora essere quella di ridimensionare l'offerta ospedaliera a favore di quella privata tramite la forma convenzionata/accreditata, come già avviene in alcune Regioni (Veneto, Emilia-Romagna, Sicilia, Toscana, Puglia). Si tratta tuttavia di una scelta con alcune criticità, perché i due sistemi non sono omogenei nelle condizioni in cui operano, nel reclutamento e nel salario del personale, nelle forme di accreditamento della qualità assistenziale, nella produttività.
Le attività territoriali per la salute mentale (Csm) prevedono la presenza di almeno 1 Csm per unità territoriale di al massimo 80-100.000 abitanti che equivalgono al bacino d'utenza di due Case di Comunità. L'apertura deve essere garantita per almeno 12 ore al giorno, 6 giorni a settimana. L'ultima rilevazione del Ministero della Salute (2021) ha individuato sul territorio nazionale ben 1112 Csm attive, ossia 2,2 per 100 mila abitanti. Pur essendo il doppio di quelle previste, talvolta si tratta di Centri Diurni o ambulatori decentrati piuttosto che Centri di Salute Mentale. Non è inoltre possibile verificare se il citerio di apertura è rispettato.
Secondo gli standard di personale nell'area ospedaliera, dovrebbero esserci almeno 5 medici psichiatri Tpe per ciascun Ppdc. Il fabbisogno minimo di personale medico necessario per le attività di diagnosi e cura ospedlaiere è stimato in 1645 unità divise in 329 Spdc. Ragionando in conversione dell'assistenza in ore e calcolando i minuti di asssitenza, nonché ottimizzando gli attuali 4039 posti letto, servono 6048 operatori necessari, tra infermieri ed Oss, per il buon funzionamento del segmento ospedaliero dei Dipartimento di salute Mentale.
Calcolando le risorse umane per le attività territoriali del Dsm, la dotazione organica per la operatività minima ai fini dell'assistenza del primo e secondo livello prevede almeno un operatore ogni 1500 abitanti. Secondo i dati forniti dal Ministero la dotazione complessiva del personale nelle unità operative psichiatriche pubbliche nel 2021 non è sufficiente. Mancano all'appello 3638 operatori rispetto allo standard richiesto. Nei presidi penitenziari – con una popolazione maggiorenne di 54134 detenuti distribuiti in 192 istituti di pena - è previsto che per ogni 350 detenuti ci sia 1 medico psichiatrico, 1 psicologo, 1 professionista sanitario.
Ci sono pertanto differenze sostanziali tra le dotazioni organiche attuali e quelle previste a regime per garantire quell'unitarietà degli interventi e quell'integrazione dei servizi voluta dal documento tecnico approvato ed adottato da tutte le Regioni con l'obiettivo di adeguare la capacità operativa del sistema di cura per la Salute Mentale.
Purtroppo, con questo organico insufficiente i Dsm sono in grado di rispondere correttamente solo al 55,6% del fabbisogno. La salute ha un costo. Ma il Pnrr finanzia opere strutturali per la sanità pubblica e non la tecnologia umana rappresentata dal personale sanitario necessario per garantirne il funzionamento. Serve una spesa aggiuntiva. Nel bilancio sanitario deve essere ridestinata una voce importante alla salute mentale se la si vuole togliere da una cronica inagibilità operativa.
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