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È notizia di questi giorni il ritrovamento dei 12 ragazzini e del loro allenatore sopravvissuti dopo aver trascorso nove giorni in una grotta in Thailandia. In questi casi giocano un ruolo fondamentale fattori ambientali, fisiologici e psicologici.
Sopravvivere in una grotta, cosa ha salvato i bambini thailandesi
Un'immagine dei bambini thailandesi intrappolati nella grotta
La vicenda di questi sventurati componenti di una squadra di calcio Thailandese sta facendo il giro del mondo ed occupa le prime pagine di tutti i quotidiani e telegiornali.
I 12 bambini che, assieme al loro allenatore, si erano avventurati all’interno di una grotta rimanendovi però intrappolati a causa di un monsone, sono stati trovati vivi e in discrete condizioni dopo nove giorni di ricerche: è stimato che siano situati a una distanza di 2 km lungo la grotta e a circa 1 km dalla superficie.
In questi casi, per sopravvivere così a lungo devono incastrarsi perfettamente tre condizioni: ambientali, fisiologiche e psicologiche.
Fattori ambientali
Quando si rimane intrappolati in una grotta, uno dei principali pericoli è rappresentato dall’ipotermia .
Nel caso in questione, però, è necessario tenere in considerazione che le temperature di una grotta equatoriale sono molto differenti dalle nostre. A ciò si aggiunge anche il fatto che i ragazzi molto probabilmente avevano i vestiti bagnati, condizione che avrebbe potuto far precipitare l’ipotermia. Questo non è avvenuto in quanto in Thailandia le temperature in grotta possono arrivare anche attorno ai 20°C, a differenza di quelle prossime allo zero delle nostre latitudini. Il microclima interno e la temperatura ambientale, dunque, non li ha né disidratati né congelati.
Oltre a questo, anche le caratteristiche della grotta stessa hanno permesso la loro sopravvivenza. In tutte le grotte esistono delle zone fossili in cui l'acqua dei fiumi e dei torrenti non passa più; queste zone, generalmente rialzate, fungono come veri e propri rifugi sottoterra ed è proprio in una di queste che hanno trovato riparo.
Fattori fisiologici
Uno dei principali problemi che mette a repentaglio la sopravvivenza di una persona intrappolata in grotta è la disidratazione , in quanto l’organismo umano può resistere senza acqua per soli 2-3 giorni.
In questo caso, la stessa acqua che ha bloccato i ragazzini e il loro allenatore ha permesso loro di dissetarsi. In alcuni casi potrebbe essere anche stata potabile, ma anche se non lo fosse stata li avrebbe comunque tenuti in vita nonostante inevitabili problematiche di natura gastrointestinale. Un ulteriore problema è la carenza di ossigeno, che fu una delle cause del decesso del piccolo Alfredino Rampi, balzato tristemente alla cronaca negli anni ’80 per essere deceduto a distanza di tre giorni dopo la caduta in un pozzo scavato nel terreno della periferia di Roma.
La presenza di ossigeno generalmente non è però messa a rischio nella tipologia di grotte in cui sono rimasti intrappolati i ragazzi thailandesi, in quanto in queste grotte sono sempre presenti delle fratture o dei cunicoli in cui magari non riesce a passare l'uomo, ma che garantiscono sempre la presenza di una quota di ossigeno tale da poter garantire la sopravvivenza per periodi più o meno prolungati.
Altro fattore fisiologico che ha permesso la sopravvivenza degli intrappolati è stato l’abbassamento del loro metabolismo : un organismo che rimane a riposo possiede difatti un metabolismo molto basso. In questo modo si consuma poca energia e non si producono danni agli organi nobili, in particolare a reni, fegato e cervello.
Ciò lo si può affermare dal fatto che se i bambini sono stati trovati vigili e in grado di parlare e di muoversi significa che il loro encefalo non ha subito danni importanti: l’assenza di sintomi neurologici conferma che il loro cervello non ha subito danni seri e che la quantità di zucchero prodotta dall'organismo, pur in assenza di nutrizione, è stata sufficiente a mantenere una funzione cerebrale adeguata.
Fattori psicologici
Sebbene si possa pensare che le sole condizioni ambientali e fisiologiche possano garantire la sopravvivenza per 9 giorni in una grotta a 1 km di profondità, è altresì importante che l’equilibrio psichico del singolo e del gruppo sia perfetto e garantisca sempre il pieno controllo di sé e degli altri.
In questo caso i ragazzi hanno fatto gruppo, senza cercare di uscire immediatamente. Questa mossa è stata la chiave per la loro salvezza. Il gruppo diventa altresì importante anche quando, dopo un po’ di tempo, le luci che si hanno a disposizione si spengono e si piomba nel buio. A quel punto tutto diventa più rischioso e anche solo percorrere qualche metro per muoversi nella grotta può avere conseguenze fatali.
In quelle condizioni, inoltre, si perde completamente il senso del tempo e serve un forte autocontrollo per chi resta bloccato in attesa dei soccorsi: il panico potrebbe portare a scelte avventate e mettere a repentaglio la sopravvivenza del singolo o addirittura dell’intero gruppo.
Condizione da non sottovalutare era che i ragazzi si conoscevano da tempo ed erano abituati ad interagire tra loro in quanto appartenenti ad una squadra di calcio; chi è abituato alla competizione è difatti abituato anche al sacrificio, alla resistenza e a una certa capacità di giocare in squadra, restando sempre compatti e rispettando le gerarchie interne.
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