Recentemente si è diffusa la notizia che il deputato Franco Manes (Lista Vallee d’Aoste - Autonomie Progress Federalism iscritto al Gruppo parlamentare Misto) ha proposto un Ordine del Giorno, che è stato approvato dalla Camera dei Deputati, per inserire quello dell’Oss tra i lavori usuranti. La proposta dell’On. Manes ha prodotto lo stesso effetto di un cerino buttato in una pozza di benzina. Ha dato fuoco, come se ce ne fosse bisogno, a tensioni e a tante reazioni, in ogni modo cariche di perplessità per metodo e contenuto, da parte di diversi professionisti sanitari, infermieri in primis.
Il lavoro usurante in sanità è un tema particolarmente sentito
Dopo una prima riflessione sulla notizia, il pensiero è stato quello di soprassedere; in fondo si sta parlando di un Ordine del Giorno. Ce ne corre prima - e se mai succederà - di arrivare a un qualcosa di giuridicamente solido che valga la pena, anzi, che diventa importante e necessario analizzare e commentare
Ma poi è subentrata un’ulteriore riflessione, ossia se chi si è prodotto in questa uscita abbia la consapevolezza di cosa ne può derivare fra i professionisti sanitari in termini di dissenso, rabbia, sfiducia e aumento della voglia di levarsi da un ambito lavorativo in cui vale la logica della parcellizzazione di temi importanti mentre quella di sistema non trova casa.
E allora, fermo restando che non vi è assolutamente nulla di negativo, anzi, nella proposta di inserire tra i lavori usuranti quello dell’Oss, ci si chiede perché non si sia affrontata la questione anche per il lavoro di pari se non addirittura di superiore gravosità fisica e psicologica, effettuato da componenti di altre famiglie professionali.
Che sia perché si sa solo dell’impegno lavorativo dell’Oss e non di quello di altri? Perché sarebbe troppo complicato chiedere e sostenere un riconoscimento per tanti e non solo per alcuni? Perché allargare lo sguardo diventerebbe troppo oneroso e quindi insostenibile per le casse dello stato e dell’Inps? Perché si cerca un facile consenso senza curarsi dei disequilibri di sistema e delle inevitabili tensioni interprofessionali che ne derivano?
Certo è che lanciare sassi in aria non preoccupandosi di dove vanno a cadere non è un buon esercizio di responsabilità verso la funzione esercitata, verso coloro a cui si vuole dare riscontro e verso i fruitori dei servizi di assistenza. I processi assistenziali e le relazioni tra gli attori che ne costruiscono i contenuti vanno approcciati e manipolati con cura e attenzione anche in relazione all’affanno a cui l’intero sistema assistenziale è sottoposto.
Il lavoro usurante in sanità è un tema particolarmente sentito e che tocca sensibilità diffuse. Il suo approccio richiede studio e approfondimento e un serio lavoro di ricerca, confronto e comparazione per la definizione di criteri equi ed oggettivi e di metodologie di rilevazione puntuali, rigorose ed equilibrate. Il tutto piuttosto lontano, mi pare, dal tirare i sassi in aria.
mirandolina
1 commenti
Lavoro usurante
#2
Buongiorno.
Fermo restando che il lavoro dell'OSS, se fatto con coscienza, è impegnativo e che è corretto riconoscerne il carattere usurante, mi chiedo che cosa debba fare ancora l'infermiere perché anche il proprio lavoro sia riconosciuto almeno parimenti usurante. Personalmente mi trovo e mi sono trovata spesso oltre a svolgere il mio di lavoro, con annesse e connesse responsabilità, a svolgere anche il lavoro dell'OSS, per i più diversi motivi, inclusi, specie di notte, l'assenza di personale OSS ( nel senso che in diversi reparti non è prevista la loro presenza. E parlo di medicina e neurologia) e/o, in alcuni casi (ovviamente, in ogni lavoro, c'è chi si impegna e chi si imbosca), per mancanze/trascuratezza del personale di supporto.
Qualcuno che si impegni realmente a tutela della nostra categoria c'è?
Perché siamo stanchi e stufi. Ed anche se può sembrare un luogo comune, fanno benissimo i giovani colleghi a migrare.
Tanto qui in Italia, anziché valorizzare la nostra professione, si pensa solo a mettere pezze varie, andando ad assoldare "tapini" nei paesi poveri o offrendoci la "carotina" delle PA.