Durante il periodo di tempo in cui abbiamo affrontato le problematiche legate al coronavirus ci hanno chiamati eroi , l’appellativo dipende dalle difficoltà che abbiamo dovuto affrontare: mancanza di materiali, patologia nuova diversa da quelle a cui eravamo abituati, disagi nel compiere il turno con i DPI, ecc. Ma quali sono i disagi che affrontiamo tutti i giorni?
Ci hanno chiamati eroi, ma siamo infermieri e questo è ciò che facciamo
Gli infermieri sono supereroi tutti i giorni (foto di Alessandro Cont i)
Provo a descrivere il mio turno di lavoro: sono un fuori turno, prendo servizio alle 8, nel mio reparto siamo in 2 per 12 pazienti, quindi rapporto ottimale tra infermieri e pazienti . Quando arrivo, un collega del turno precedente ha rilevato i parametri vitali , fondamentali per poter somministrare la terapia, quindi dopo aver preso le consegne dei miei 6 pazienti inizio il giro, la cartella informatizzata è comoda, diminuisce la possibilità di errori ed è tracciabile tutto il percorso… quando il computer portatile è carico, quando la connessione non dà problemi e il programma non in manutenzione; queste potrebbero essere le cause dei primi ritardi della mattina.
Mentre somministro la terapia orale al primo paziente, l’OSS passa con le colazioni e dalla stanza B suona il primo campanello: Devo fare l’insulina , non lo sa che va fatta mezz’ora prima della colazione? Tranquillizzo il signore e riprendo con il primo paziente, ha anche terapia in vena. Sto facendo colazione non può passare più tardi? Certo , rispondo e vado avanti… almeno ci provo perché arrivano le prime richieste: A me non mi mettete seduta, lo sapete che non ci riesco da sola . Arrivo! e chiamo l’OSS. Vi ho sempre detto che dovete prima preparare i pazienti e poi distribuire le colazioni , non sempre sono calma di prima mattina, suona il telefono e impiego altri 5 minuti per dare informazioni. Ok, oggi è martedì, la settimana è lunga ancora. Terzo paziente: tutto liscio, nessuna interruzione. Vado avanti, suona il campanello. Ho finito di mangiare, mi mette la flebo? Non va; riposiziono l’ago cannula .
All’ultimo paziente mi accorgo che i parametri non sono ottimali e aspetto a somministrare l’antipertensivo , ma il betabloccante sì, quello è un protettivo, se la frequenza va bene si può assumere, mi assumo la responsabilità, ho tanti anni di esperienza alle spalle.
Quella dell’infermiere è la figura cardine: fa, controlla quello che fanno gli altri, aiuta colleghi e professioni diverse dalla sua, è il punto di riferimento del reparto a cui tutti si appoggiano, non solo i pazienti
Inizio il giro dell’igiene, durante il quale approfitto per verificare l’autonomia dei pazienti, l’aspetto della cute, scambio qualche parola per capire se sono orientati, chiedo se hanno particolari difficoltà o sintomi. Il telefono nel frattempo ha già squillato almeno 5/6 volte, ogni volta tolgo i guanti, sanifico le mani, rispondo e riposiziono i guanti. È caldo e, sotto i camici monouso che indosso per l’igiene a letto, la mascherina e i guanti, sudo. Dopo un po’ sento il bisogno di fermarmi… ho portato l’acqua, ma suona il campanello, vado a rispondere. Sì, certo che viene il medico, che succede, dica a me per ora .
La collega mi chiede se la mattina precedente il paziente a suo carico ha eseguito la radiografia, Tu ci sei tutte le mattine, forse lo sai, non lo trovo scritto in consegna . Sento la mia pressione andare sempre più giù, la misuro: 85/60… l’acqua… mi chiama il medico, iniziamo il giro. Ok. Il modulo per la trasfusione , la richiesta di consulenza; sì lo compilo io , la chiamano collaborazione.
Il signore al letto 1 ha il farmaco per la tiroide alle 8 , chiedo di cambiare l’orario, va somministrato a digiuno, anche questa è collaborazione. Il telefono squilla... l’acqua è sempre lì e anche la mia pressione. Aiuto la collega a compilare la richiesta online delle dimissioni protette, Scusa - mi dice - lo sai fare solo tu, ci sei tutte le mattine .
Il vitto è da ordinare con attenzione: le diete ipoglicemiche, le ipoproteiche, il vitto leggero, ecc.; ci vorrebbe un po’ di concentrazione, ma il telefono continua a squillare, i campanelli suonano e il medico di guardia mi chiede di fare un prelievo. Ok, fatto anche quello. Arriva l’OSS della radiologia, devo accompagnarla: il paziente che va a fare l’Rx torace ha l’ossigenoterapia .
La mia acqua non è ancora aperta, la mia pressione credo sia scesa, i miei 60 anni a questo punto mi sembrano almeno 10 in più. Torno in reparto, è ora del vitto, via con gli stick glicemici, l’insulinoterapia, la terapia delle 12.00.
Finalmente mi siedo, scrivo le consegne, avrò scritto tutto? Come fuori turno, facendo tutte mattine, conosco più dei turnisti i pazienti, i miei 6 e i 6 del collega, che giornalmente in base al collega in turno possono cambiare, in questo modo sono una figura di riferimento per tutto il personale sanitario: l’OSS, il medico, la dietista, la fisioterapista, i consulenti.
Sono in realtà il case manager dei 12 pazienti, conosco l’andamento del ricovero, gli esami e le consulenze che hanno eseguito, la loro autonomia, ma nessuno mi riconosce questo ruolo. A volte mi sembra che le altre professioni contino su di me e i miei colleghi, ma siamo un’équipe, ognuno deve mettere la sua parte.
Forse quella dell’infermiere è la figura cardine , quella che fa, controlla quello che fanno gli altri, aiuta colleghi e professioni diverse dalla sua, è il punto di riferimento del reparto a cui tutti si appoggiano, non solo i pazienti.
No, non siamo gli eroi di una pandemia , siamo supereroi sempre, tutti i giorni! Il turno è finito, porto a casa la mia bottiglietta dell’acqua piena, la mia stanchezza, ma anche la mia soddisfazione: domani è un altro giorno, dovrò fare i tamponi a 3 pazienti, anche quelli sono a mio carico, sono un fuori turno, ci sono tutte le mattine e tutti contano su di me.
Patrizia Marchetti - Infermiera U.O. Cardiologia
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