Rianimazione
Le inesattezze veicolate da alcuni organi di stampa, nazionali e non, possono danneggiare il sistema 118 Marche. Ragione per cui l’Opi di Pesaro e Urbino, congiuntamente alla Siiet, intervengono con una nota per evidenziare spiacevoli situazioni che immotivatamente ledono l’immagine dell’infermiere 118
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Polemiche su ambulanze con soli infermieri, Opi e Sieet non ci stanno
L’immagine dell’infermiere del 118 rischia di essere lesa, pubblicamente e in modo del tutto immotivato, da alcuni organi di informazione. Nazionali e non.
Ragione per cui l’Opi di Pesaro e Urbino (per voce della presidente Laura Biagiotti), di concerto con la Siiet – Società italiana degli infermieri di emergenza territoriale (rappresentata dal vicepresidente Luigi Cristiano Calò e dal referente Siiet Regione Marche, Paolo Armillei) – ha deciso di intervenire con forza e senza attendere oltre.
Già a metà giugno, attraverso una lettera aperta del Coordinamento Nursind Toscana Centro, i professionisti sanitari, nel rivolgersi ai cittadini, avevano cercato di mettere un freno a polemiche più che sterili. Ogni giorno leggiamo di attacchi rivolti al nostro ruolo – scrivevano gli operatori solo poche settimane fa –, il tutto senza che nessuno si sia mai preso la briga di chiederci cosa stiamo facendo per implementare e migliorare questo sistema
. Parole che prendevano il la (pur non direttamente) da una considerazione di Sergio Venturi, ex assessore alle politiche per la Salute della Regione Emilia-Romagna, che sull’argomento delle ambulanze con soli infermieri ha più volte affermato: Gli infermieri sulle ambulanze per fortuna ci sono sempre stati. Che passi il messaggio che prima ci fossero solo medici oppure che debbano esserci solo medici non ha alcun senso
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Dalla Toscana all’Emilia-Romagna alle Marche. Dove l’Opi di Pesaro e Urbino e Siiet evidenziano come, scorrettamente, si utilizzino termini atti a svilire l’infermiere, spesso alludendo che il loro intervento non sia sufficiente o pertinente
. E ancora, spesso si asserisce che l’assenza del medico, o in generale il suo ritardo, possa in qualche modo diminuire le possibilità di salvare la vita di un cittadino. Affermazioni gravi ma, soprattutto, scientificamente infondate – continuano – poiché l’infermiere è in grado autonomamente di intervenire nelle situazioni che mettono in pericolo il malato, nei contesti di arresto cardiaco, e disastri
. Basta disomogeneità, dunque.
E ancora, nella nota congiunta viene rammentato che la preparazione clinico assistenziale oltre che l’esperienza nell’area critica, inserisce l’infermiere tra gli equipaggi Als (Advance life support). Tradotto: professionisti capaci di destreggiarsi in quell’insieme di ragionamenti e procedure da porre in essere nel tentare un salvataggio
. Inoltre, viene evidenziato che la rianimazione cardiopolmonare è universalmente riconosciuta, che la sopravvivenza è unita alle tempistiche e alla qualità dell’assistenza, e non dalla figura professionale che la esegue
. Ricordando, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che esistono sistemi di emergenza territoriale avulsi della figura medica in ambulanza, ma altamente performanti
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