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Ucraina

Abbiamo il dovere di non chiudere gli occhi

di Giada Martemucci

Michele Serra, giornalista di Repubblica, commentando l’orrore delle immagini di Bucha ha dichiarato: Di fronte alle immagini dell’eccidio di Bucha, che mostrano crimini di guerra, abbiamo il dovere di non chiudere gli occhi. Vero, ma gli occhi dovrebbero rimanere aperti davanti a tutto, non solo davanti all’orrore. È solo così che possiamo evitare guerre e emergenze.

L'orrore dell'eccidio di Bucha

Strage di civili a Bucha (foto AdnKronos)

Le immagini dei corpi di Bucha hanno fatto il giro del mondo provocando in tutti, anche nei più irriducibili sostenitori di Putin, orrore e sgomento. Abbiamo il dovere di non chiudere gli occhi ci dice Michele Serra, editorialista del quotidiano La Repubblica.

Abbiamo il dovere di non chiudere gli occhi, di non girarci dall’altra parte e fare finta di nulla, perché questa tragedia, la guerra, deve essere giudicata, dobbiamo reagire davanti a quelle immagini oppure tutti quei morti passeranno in sordina.

La verità è che non vogliamo vedere quelle immagini, non vogliamo provare rabbia o pietà per più di un tempo ridottissimo. Non abbiamo tempo per tenere gli occhi aperti e i nostri problemi, dopotutto, sono altri e più vicini. Guadagniamo troppo poco, troppe responsabilità, facciamo troppa fatica e siamo stanchi. È vero. Ma è così, chiudendo gli occhi, anche solo un po’ che la nostra stessa vita ci sfugge di mano.

Mentre il mondo diventa più confuso tendiamo a concentrarci sulle cose che abbiamo davanti a noi. Ignorando così le forze imponenti che di fatto ci cambiano e modellano la nostra vita. E poiché tutti lavorano sempre più ore guadagnando sempre meno, quando abbiamo del tempo libero, l’ultima cosa che desideriamo è pensare.

Sono parole dal film del 2018 "Vice, l’uomo nell’ombra", ma non è inusuale trovare nel cinema parole perfettamente aderenti alla realtà. E la realtà è che la nostre vite spesso diventano il pretesto legittimo per giustificare il nostro disinteresse, il nostro distacco dalle questioni troppo pesanti, troppo complesse che “cambiano e modellano la nostra vita”.

Non abbiamo voluto guardare quando il Covid iniziava a mietere le prime vittime in Cina, non sappiamo chi e perché ha vinto le elezioni in Ungheria, non sappiamo perché ancora si combatte a Gaza. A volte non sappiamo nemmeno cosa si sono detti l’Aran e i sindacati mentre trattano sul rinnovo del contratto del comparto Sanità.

C’è bisogno di leggerezza, lo si sente spesso oggi, dopo due anni di pandemia. È vero, c’è bisogno di leggerezza, ma quella di Calvino, che rende la vita più vivibile non che la mette da parte. La leggerezza che si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l'abbandono al caso. Tutto è fondamentale e non c’è nulla davanti a cui possiamo con coscienza chiudere gli occhi.

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