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editoriale

L’infermierino e la pista anarchica

di Giordano Cotichelli

Qualche giorno fa un quotidiano nazionale riportava in prima pagina la notizia di un atto incendiario nei confronti di una tenda di una struttura per le vaccinazioni a Brescia. Dai danni riportati, fortunatamente irrilevanti, sembra possa essere stato il lancio di una molotov che ha bruciato un pezzo del telone esterno. Il titolo, con cui si apriva l’edizione del giornale, non lasciava ombra a dubbi di sorta: “Molotov contro i vaccinatori, pista anarchica”. Nulla di nuovo. Quando le “cose” vanno male in questo paese c’è sempre una pista anarchica da seguire, un capro espiatorio da incolpare; sin dai tempi delle stragi fasciste di Piazza Fontana e della strategia della tensione. Il quotidiano riportava altresì, di spalla, il commento attribuito ad uno degli autorevoli membri del Cts (Comitato tecnico scientifico) nazionale che sottolineava come sia da credere all’esistenza di: Un piano eversivo che minaccia la sanità. Anche in questo caso nulla di nuovo.

Un infermiere non si improvvisa, qualunque sia l'emergenza del momento

L’esistenza di un piano eversivo contro la Sanità in Italia - e la salute stessa della sua popolazione - è da circa un trentennio che fa sentire i suoi effetti e la pandemia in corso ne è la dimostrazione ultima e più tragica. In questo evito ulteriori sottolineature rispetto a quali siano i problemi della sanità lombarda cui dovrebbe interessarsi chi urla al pericolo eversivo.

Però, se ci si sposta un poco più ad est, in Veneto, qualche elemento ulteriore di inquietudine lo si trova, specie nel comportamento della Giunta regionale e della sua scelta di dare vita alla formazione complementare per le figure OSS, creando quello che qualcuno ha già battezzato con il termine di “infermierino”. La delibera relativa, la n. 305/2021, è già stata pubblicata sul BUR.

L’Assessora regionale alla sanità afferma di non voler creare OSS di serie A né di serie B e men che meno mettere in discussione la professionalità degli infermieri cui la figura di supporto continuerà ad essere subordinata. Secondo lei è la scelta migliore per far fronte ad una situazione grave che registra a livello regionale la carenza di circa 1500 infermieri.

Un fatto cui si risponderà la scelta del percorso di formazione complementare attraverso il quale potranno essere formati in poco tempo circa 500 OSS. La colpa della situazione attuale viene imputata alla pandemia ovviamente e anche a quota 100. Per quota 100 va ricordato che non si deve seguire alcuna pista anarchica, ma qualche pasticciaccio elettoralistico strumentale.

Alla fine, la delibera elenca tutta una serie di mansioni cui l’OSS-infermierino potrà essere adibito, sancendo così la nascita di un vero mansionario del terzo millennio molto al di là delle stesse funzioni e dei compiti che un tempo erano attributi all’infermiere generico. Sembra che il pericolo di demansionamento della professione infermieristica abbia assunto caratteristiche decisamente preoccupanti.

Inevitabile la contestazione della scelta fatta dall’Assessora del Veneto, espressa dai sindacati di settore, dall’associazionismo (da subito la CNAI ha manifestato la sua contrarietà), dagli studenti infermieri del Salento e da molti OPI regionali (Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna) in attesa di un pronunciamento del neo-eletto Comitato Centrale della FNOPI.

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