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Editoriale

Ho vissuto uno schifo

di Monica Vaccaretti

Ha vissuto uno schifo, Anna Procida. Diventare infermiera era il sogno della sua vita. Ma non la sognava così, confessa amareggiata. Dice che non immaginava di lavorare in condizioni disumane con gente inferocita che non si riesce a gestire in un contesto di cura di cui da tempo si erano segnalate le criticità. Ci ritroviamo un po' tutti nelle sue parole e, anche se non l'abbiamo vissuto sulla pelle come lei, questo schifo ricorda tutte le volte che è capitato di non riuscire a gestire la rabbia dell'utenza che, avendocela con il sistema, si scaglia contro il personale che, rappresentandolo, ci mette la faccia. Talvolta né la gentilezza né la fermezza di cui ogni infermiere è, per carattere e professione, naturalmente dotato in varia misura riesce a contenere maleducazione, prepotenza ed arroganza. Il gravissimo episodio di pestaggio di cui Anna è stata vittima insieme alla sorella al pronto soccorso di Castellamare di Stabia, in provincia di Napoli, lo scorso 3 gennaio dimostra, oltre ogni ragionevole dubbio prima ancora che il caso sia dibattuto in tribunale, che l'autorevolezza della professione non viene più riconosciuta e rispettata. Evidenzia che la divisa che portiamo ogni giorno con orgoglio e che ci fa riconoscere come ufficiali giudiziari nell'esercizio delle funzioni riconosciute dallo Stato non è più, per taluni, confine invalicabile e baluardo di difesa a tutela della nostra persona fisica.

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