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Editoriale

25 aprile, un giorno per ricordare

di Giordano Cotichelli

Il 25 aprile è stato scelto come data per ricordare la fine della Seconda Guerra Mondiale e l’insurrezione nelle principali città del Nord Italia per cacciare definitivamente gli invasori tedeschi e i traditori fascisti. Questa è la storia, divisiva quanto si vuole, ma è la somma di ciò che studi scientifici, memorie vissute, documenti esaminati e narrazioni tramandate rappresentano tutte assieme per fare in modo che l’orrore del passato non torni più. Come si dice in Argentina, ripensando alla dittatura militare fra il 1976 e il 1983: “Nunca mas”.

A conti fatti il Presidente del Senato fa bene ad andare a Praga

Ignazio La Russa, Presidente del Senato della Repubblica italiana

In tal senso, forse, il Presidente del Senato invece di pasticciare come sempre, volutamente, in merito alla memoria dell’Italia repubblicana e antifascista, può andarsene a Buenos Aires a ricordare le vittime della giunta militare. O Madrid ad onorare i morti causati dal franchismo.

O ancor più a Lisbona per rendere omaggio alla rivoluzione dei garofani che abbatté il regime del “Estado Novo” instaurato dal fascista portoghese Antonio de Oliveira Salzar. Ed ancora in Grecia, Cile, Brasile e molti altri paesi.

Insomma, il Presidente del Senato poteva andare ovunque per rendere omaggio alle vittime di quei regimi che furono fortemente condizionati dal pessimo insegnamento italiano. Andarsene invece a Praga non rende onore né agli eventi cui vuole riferirsi il Presidente del Senato, né a quel paese e men che meno alla denuncia dei governi stalinisti che si succedettero nell’Est Europa. La strumentalità dell’atto è così evidente da risultare solamente insultante.

Su tutto oltre la lettura storica e politica, c’è quella istituzionale. La terza carica dello Stato italiano non può disdegnare una festa nazionale andandosene… all’estero. Come minimo è antipatriottico. Certo si può anche preferire un’altra data rispetto al 25 aprile, che sia però rappresentativa del martirio e della lotta del popolo italiano nella conquista della libertà. La storia (ancora lei!) offre una vastissima scelta in merito.

Fra le tante c’è il 10 giugno, data dell’assassinio del socialista Giacomo Matteotti ad opera di sicari fascisti; il 23 agosto, giorno in cui il cattolico Don Minzoni è stato trucidato dagli squadristi fascisti; il 27 aprile, quando morì il comunista Antonio Gramsci, o anche il 9 giugno, data in cui furono assassinati i fratelli Rosselli.

Personalmente considero importante ricordare anche il 31 maggio, quando l’anarchico sardo Michele Schirru fu fucilato per il solo reato di “aver progettato” un attentato contro Mussolini. Al tempo, l’episodio fu considerato un orrore giuridico non solo all’estero, da eminenti magistrati, ma in qualche caso anche in Italia.

Non c’è giorno del calendario giuliano che non sia macchiato di sangue dagli orrori dei fascismi di ogni luogo e di ogni tempo dalle Fosse Ardeatine a Marzabotto a Boves, a Sant’Anna di Stazzema e a tantissime altre, fino ai giorni nostri passando dalle bombe della strategia della tensione a quelle della mafia.

Un attimo, anche la mafia è fascista? Di certo democratica non è. Il 25 aprile non va bene? Si può festeggiare il 10 giugno, ancora, ma quello del 1940 quando l’Italia fascista, e monarchica, dichiarò guerra a mezzo mondo portando distruzione e morte nei Balcani e in Francia, in Ucraina e in Africa.

Già l’Africa! Le strade di Libia, Somalia, Eritrea ed Etiopia sono state abbondantemente insanguinate dal colonialismo e dal fascismo italiano. Ma poi, che cosa si vorrebbe ricordare con una data da festeggiare? Si è detta la riconquistata libertà, ma è un termine un po’ misero e dice poco delle malefatte istituzionali operate da un regime che saccheggiò ed avvilì per prima la patria italiana.

Durante il ventennio le donne non votavano e avevano esclusi molti accessi lavorativi nella pubblica amministrazione e, nei pochi casi in cui trovavano lavoro, non avevano alcuna possibilità di carriera. Dovevano fare figli per la stirpe italica. Erano corpi e basta al servizio del bene supremo della nazione.

Abortire era illegale, ed era una pratica gestita clandestinamente dalle mammane, e non di rado portava alla morte della paziente. Insomma le donne potevano essere mogli, madri e… amanti, anche controvoglia, dato che la violenza sessuale era valutata come delitto contro la moralità e uccidere la moglie era considerato solo un… delitto d’onore.

In merito anche l’Italia democratica ha avuto qualche problema dato che la normazione fascista è stata rivista, rispettivamente, solo nel 1996 e nel 1981. Insomma, al di là di ogni retorica, il disprezzo verso le donne ricorda come, nonostante il 25 aprile, il fascismo in Italia sia rimasto ben ancorato nella trama e nell’ordito della sua società.

Certo c’è molto altro ancora: le leggi razziali e la negazione del diritto di sciopero, le paghe da fame dei lavoratori (ci rimanda a qualcosa di attuale?) e il peggiorare della salute della popolazione. Il fascismo costruì colonie elioterapiche per i bambini denutriti e sanatori, manicomi e pellagrocomi; insomma scelse di investire nel mattone, e nei signori del mattone, e di curare – male – invece di prevenire con un’alimentazione migliore, le magre condizioni degli italiani.

Era proibito pure festeggiare il Primo maggio. Si perdeva il posto di lavoro, si veniva bastonati dalle squadracce e si finiva al confino solo per aver indossato un fazzoletto rosso. E molto altro certamente, ma se a questo punto un rigurgito di coscienza vi porta ancora a pensare: Sì, ma Mussolini ha fatto anche cose buone!, allora è inutile continuare ad elencare gli orrori della dittatura.

E, in fin dei conti, a pensarci bene, il Presidente del Senato fa bene ad andare a Praga. È una città molto bella e rappresenta uno dei tanti cuori pulsanti della migliore cultura europea. Fa bene a fare questa gita fuori porta perché, per uno che pasticcia con la storia – volutamente - e conserva i busti del duce, sarebbe decisamente imbarazzante presentarsi su di un palco al fianco dei reduci della Brigata Ebraica o dell’ANPI.

Va detto inoltre che, fatto salvo quanto fin qui scritto, non è proprio edificante conservare il busto di qualcuno che, a guerra perduta, la stessa da lui dichiarata e che ha distrutto la patria e tanti patrioti, non trova di meglio che tentare di scappare in Svizzera travestito da caporale tedesco.

Poco eroico, molto meno maschio e decisamente vigliacco. Sì, a conti fatti, il Presidente del Senato fa bene ad andare a Praga, tanto la storia non sarà né lui né altri a riscriverla perché il 25 aprile è, e resta, una delle memorie più belle del popolo italiano tutto, specie se ad onorarlo lo si farà ogni giorno dell’anno, nelle piazze e sui luoghi di lavoro, in corsia e a scuola, in mezzo al mare, ai tanti mari, della miseria umana, tendendo la mano a chi non ce la fa.

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