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Toscana, infermiere aggredite nelle case circondariali

di Redazione Roma

A seguito di alcuni episodi di violenza avvenuti anche al carcere “Le Sughere” di Livorno, i sindacati chiedono maggior sicurezza per le operatrici sanitarie. A Firenze presso la casa circondariale di Solliciano, il principale istituto di detenzione della città, un’infermiera è stata palpeggiata nelle parti intime da un detenuto. Dura la presa di posizione del Nursind: Se mancano le condizioni di sicurezza, l’Azienda sanitaria ritiri gli infermieri e i medici dalle carceri.

Infermiere aggredite dai detenuti, l'allarme del sindacato NurSind

Non solo infermiere spiate sotto la doccia, ma anche aggredite verbalmente e/o fisicamente. E proprio il Nursind che ha più volte denunciato – e chiesto un pronto intervento – qualsivoglia violenza contro i sanitari, torna sull’annoso tema lanciando un forte grido d’allarme su quanto sta avvenendo all’interno di alcune case circondariali della Toscana. Ancora di più nello specifico: a Livorno, Firenze e Pisa. Una situazione non più sopportabile che si è fatta particolarmente complicata – fa presente il sindacato – per via di episodi di violenza dei quali sono rimasti vittime alcuni sanitari. Soltanto nell’ultimo periodo, come spiega la segretaria territoriale di Nursind Livorno, Roberta Sassu, si è verificato più di un caso.

La settimana scorsa – racconta – sono stata minacciata da un detenuto nel corso del giro della terapia. Poche ore prima, una dottoressa aveva rischiato di essere picchiata. Nei giorni ancora precedenti, invece, erano stati presi di mira verbalmente infermieri e medici, mentre il 7 luglio ho subito un’aggressione fisica: stavo somministrando la terapia quando un detenuto mi ha afferrato la mano e mi ha sbattuto sulla porta di ferro della cella. Fortunatamente sono riuscita a sottrarmi alla presa, giusto in tempo per schivare uno schiaffo.

Da Livorno a Firenze, dove nei giorni scorsi all’interno del carcere di Sollicciano si è registrato un atto di violenza sessuale nei confronti di un’infermiera. Un detenuto, privo della scorta del personale di custodia, ha chiesto di poter accedere all’infermeria poiché non si sentiva bene. Una volta aperta la porta, ha cercato di sopraffare la professionista sanitaria, palpandola nelle parti intime. Solamente grazie all’intervento di un agente della polizia penitenziaria e all’ausilio di un altro detenuto l’infermiera è stata liberata (poi visitata al Pronto soccorso, ha ricevuto un referto di oltre cinque giorni di prognosi).

Difficoltà anche a Pisa, in questo caso legate in particolar modo alla percezione di insicurezza dei sanitari provocata dalla carenza di personale della polizia penitenziaria all’interno della casa circondariale Don Bosco (nelle carceri italiane, è bene ribadirlo, mancano anche gli Oss). Tornando a Livorno, Sassu precisa: Nella struttura ci sono da undici a tredici agenti penitenziari per trecento detenuti: un numero insufficiente che non è in grado di assicurare la sicurezza neppure del personale sanitario. E allora, se la situazione non è tranquilla, è bene che l’Asl Toscana Nord Ovest ritiri infermieri e medici dalle carceri. Oppure dobbiamo aspettare che qualcuno di noi si faccia male sul serio?

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