Non solo iscrizioni in calo, ma abbandoni e di frequente l’azzardo di doversi difendere da aggressioni verbali e fisiche. Dal nord al sud Italia non si interrompono gli episodi di violenza nei confronti dei sanitari, infermieri in primis. Spiega il Nursind di Macerata: Criticità molto sentita tra gli operatori, con forte rimando al personale del Pronto soccorso, in prima linea a contatto con l’utenza
. Tra i casi più recenti due in Emilia Romagna e uno in Umbria.
Casi di violenza ai danni dei sanitari in aumento
In proiezione del nuovo Ccnl comparto Sanità e delle proposte di legge come lavori usuranti e libera professione, un tema altrettanto caldo – e grave, per le conseguenze che comporta – riguarda le aggressioni contro i sanitari. Così, mentre i sindacati parlano (a ragione) di problematica particolarmente avvertita da tutti gli operatori
, e di rischio fuga dalla professione anche per questa ragione, tendono a non diminuire (tutt’altro) i casi di violenza contro gli operatori sanitari.
Basti pensare al parapiglia di poche ore fa all’ospedale Ramazzini di Carpi (Modena), con una trentina di persone – parenti di due feriti arrivati al Pronto soccorso dopo un incidente – che sono entrati nei locali e hanno iniziato a minacciare e insultare il personale sanitario. Invitati alla calma, i facinorosi sono divenuti ancora più aggressivi, rendendo anche più complesso il lavoro di infermieri, operatori socio sanitari e medici. Per fortuna (se così si può dire) l’aggressione non ha valicato il confine verbale. Ad ogni modo l’Ausl ha subito avviato un procedimento per la segnalazione dell’intera dinamica dell’accaduto alle forze dell’ordine.
E ancora, domenica scorsa un paziente di 45 anni ricoverato all’ospedale Bufalini di Cesena ha minacciato con un coltello gli infermieri e rovinato la sua stanza. Il motivo? Era stato redarguito perché stava fumando. Per l’uomo è scattata la denuncia per minacce e danneggiamento. Sanitari aggrediti: gli Ordini insorgono. Siamo inascoltati non da mesi, ma da anni
. All’inizio di ottobre l’Opi e l’Omceo Roma, per voce dei presidenti Maurizio Zega e Antonio Magi, sono tornati a chiedere con forza e all’unisono che gli ospedali vengano dotati di presidi di pubblica sicurezza.
Episodi deprecabili ai danni di infermieri, Oss e medici si sono registrati – e si continua a farlo – anche in Campania, (a Napoli, nel 2021si sono registrate oltre 60 aggressioni a sanitari), Liguria e Umbria (presso l’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, un 29enne ha spintonato i vigilantes e colpito al volto un infermiere che cercava di calmarlo), ma si potrebbe continuare all’infinito.
E alcune Regioni si stanno attrezzando in modo sempre più capillare. È il caso della Lombardia, dove all’interno di numerose strutture – come il Policlinico di Milano e l’ospedale Niguarda, sempre nel capoluogo – ci sono già un presidio fisso di polizia, una sorveglianza con guardie giurate e le telecamere. Ma cominciano anche i corsi di de-escalation per imparare a gestire la comunicazione con pazienti e parenti ed evitare che da problematiche magari solamente causate dalla carenza di informazioni chiare, si attivino conflitti e difficoltà per la sicurezza.
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