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aggressioni in ospedale

Infermieri nel centro del mirino

di Monica Vaccaretti

Gli operatori sanitari e socio-sanitari lavorano tutti i giorni per la tua salute. Aggredirli verbalmente e fisicamente è un reato e un atto di inciviltà che va contro il tuo stesso interesse e quello della collettività. È uno dei messaggi della campagna di comunicazione contro la violenza verso il personale sanitario promossa dal Ministero della Salute nel 2022 per sensibilizzare la popolazione in occasione della prima giornata nazionale di educazione e prevenzione del fenomeno, fissata il 12 marzo secondo il decreto del 27 gennaio 2022.

La violenza non cura

caos pronto soccorso

Il fenomeno della violenza sul personale sanitario è mondiale.

La campagna “La violenza non cura” aveva l'obiettivo non solo di informare sull'esistenza e sulla dimensione del fenomeno, ma anche di sensibilizzare le persone sulla gravità degli atti di violenza nei confronti del personale sanitario.

Si prefiggeva altresì di promuovere un sentimento positivo nei loro confronti in quanto professionisti da rispettare ancora più dell'ordinario, perché sono quotidianamente impegnati a far funzionare bene un servizio fondamentale per la comunità.

Voleva ricostruire il rapporto di fiducia con la popolazione valorizzando il lavoro dei professionisti della salute impegnati a rendere efficiente il sistema sanitario grazie alla loro dedizione e competenza. “La violenza non ti farà stare meglio. Loro sì” era lo slogan che accompagnava il logo della campagna, rappresentata dal palmo di una mano aperta di una professionista che invitava a dire stop alla violenza.

Era stata scelta una donna, in quanto soggetto maggiormente colpito dalle aggressioni e dalle minacce da parte dell'utenza, come emergeva dai dati INAIL al quale nel triennio 2019-2021 erano state inviate complessivamente oltre 4800 denunce di infortunio. I luoghi dove maggiormente si consuma tale violenza sono gli ospedali e le case di cura.

Con la campagna il Ministero della Salute stimava nel 2022 di poter raggiungere almeno 16 milioni di persone, grazie anche alla diffusione su nove testate giornalistiche di rilevanza nazionale, e metteva tutto il materiale in poster e locandine a disposizione di ordini professionali ed enti territoriali per divulgarlo in maniera capillare presso strutture sanitarie, studi medici e farmacie.

A distanza di quasi due anni e alla luce dei quotidiani episodi di violenza che vengono segnalati in tutto il Paese, occorre forse indirizzare ancora il messaggio a quei 16 milioni di soggetti raggiungibili cercando magari di individuare con maggior precisione il target. Certamente occorre rinforzare la sensibilizzazione generale e dare nuovo vigore alla comunicazione istituzionale, con l'intenzione di fare breccia nelle persone che si rendono responsabili di tali atti.

Bisognerebbe mirare ai soggetti giusti, anche se non sono facilmente individuabili coloro che si macchiano del reato. Talvolta la violenza si scatena in insospettabili cittadini, mai giustificabili, colti dalla furia in un momento o in contesto sbagliato. Una giornata all'anno decisamente non basta.

Gli studi evidenziano che è necessario che gli operatori sanitari si preparino a doversi difendere con le tecniche e le strategie più opportune per evitare di subire un evento violento, soprattutto in una società in cui gli episodi di conflittualità ed aggressività sono spesso connessi anche ad una peggiore condizione generale di salute mentale della popolazione.

Considerando che già nel 2002 l'Oms stimava che fosse vittima di violenza fino al 50% degli operatori ma che il 70-80% degli episodi non venisse denunciato, per quantificare correttamente il fenomeno e cercare di porvi rimedio è necessario che gli operatori sanitari adottino un adeguato atteggiamento improntato all'assenza di tolleranza (Behnam 2011, Zampieron 2010, Duncan 2000, Pinar e Ucmak 2011).

Considerando che la probabilità di aggressione è correlata al tempo trascorso a contatto con il paziente (Varghese 2022), l'infermiere è certamente la figura sanitaria con maggiore esposizione. Da uno studio condotto nel 2014 su un campione di 150mila infermieri, emerge che un terzo subisce violenza fisica e due terzi violenza psicologica o verbale e che, anche se esistono setting a rischio più elevato, non ci sono contesti esenti da episodi di violenza.

Secondo una recente revisione sistematica e meta analisi la prevalenza di violenza fisica perpetrata da pazienti e visitatori contro professionisti sanitari è di circa il 20% a livello globale (Li 2020). La maggior parte dei partecipanti allo studio ha dichiarato di aver subito un tipo di aggressione violenta negli ultimi 12 mesi (Chakraborty 2022). Le evidenze documentano che la frequenza degli episodi di violenza raggiunge percentuali elevate sino all'87% per quella fisica e all'80% per quella verbale.

Altri studi confermano che le categorie più vulnerabili sono gli infermieri e le donne, soprattutto se sono più giovani ed inesperti poiché quelli più anziani di età hanno una maggiore conoscenza della gestione dei pazienti e dei loro familiari e godono di un maggior rispetto da parte del paziente. Risulta che è sull'infermiere donna che si concentrano in numero assoluto gli eventi di aggressione e di violenza.

Nell'analisi dei fattori di rischio relativi alla vittima - delineati in specifiche linee guida elaborate dall'International Council of Nurses, in collaborazione con l'Oms ed altre organizzazioni – sono fondamentali il profilo professionale, la vulnerabilità reale o percepita, l'esperienza e le attitudini personali. Si sottolinea che un basso livello di esperienza, un atteggiamento poco disponibile o irritante, una scarsa capacità di accettare i problemi sono fattori che possono far scatenare la violenza. È stato segnalato che indossare la divisa o un cartellino nominativo può essere sia un fattore protettivo che scatenante gli episodi di violenza, a seconda delle circostanze.

Alla luce delle evidenze attualmente esistenti a livello globale sulle dimensioni del fenomeno, è evidente che è necessario definire con urgenza le strategie più adeguate ed efficaci possibili per il suo contenimento.

Nelle conclusioni della Relazione 2022 si ritiene che anche in Italia governo ed istituzioni sanitarie devono prevenire, monitorare e gestire le aggressioni e gli atti di violenza nei confronti degli operatori sanitari, costruendo le condizioni per una concreta applicazione delle misure di prevenzione, delle buone pratiche e della formazione degli operatori a livello delle singole strutture su tutto il territorio nazionale.

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