Oltre il rapporto di uno a sei aumentano le morti dei pazienti e le cure infermieristiche non erogate. Lo dicono gli ultimi studi sul rapporto tra staff di assistenza e pazienti ricoverati. Ma purtroppo in Italia la situazione è tutt’altra. E spesso la media è di uno a quattordici.
Il rapporto ottimale tra assistenza e pazienti è di uno a sei
A lanciare l’allarme è Dario Laquintana nell’editoriale pubblicato sulla rivista scientifica, Assistenza infermieristica e ricerca. Laquintana, porta ad esempio tre studi svolti nel nostro paese: Esamed, Nso, Rn4cast. Si tratta di progetti di ricerca condotti su migliaia di pazienti e di infermieri.
Ebbene il risultato è inequivocabile: quando il rapporto tra staff di assistenza e pazienti ricoverati è superiore a 1:6 (o 7) aumentano gli esiti negativi e le cure infermieristiche non erogate. Ma come si fa, si chiede l’Air, a raggiungere questi numeri se poi nella legge di stabilità si prevede che entro il 2022 il costo del personale torni a essere quello del 2004 ridotto del 1.4%? Numeri, buoni a quadrare il bilancio economico, non quello delle coscienze
scrive Laquintana.
Dire oggi - continua Laquintana nell’editoriale - che in ogni reparto di base non ci devono essere più di sei malati per ogni infermiere, vuol dire mettere in discussione l'attuale organizzazione degli ospedali e del lavoro, la distribuzione degli infermieri nei servizi e la loro stessa presenza negli ambiti ambulatoriali (che non hanno standard minimi di accreditamento), in una sanità che ha spostato in ambulatorio e day hospital quello che fino a pochi anni fa richiedeva un ricovero
.
Dobbiamo avere il coraggio di dire che standard di accreditamento di 20 anni fa, che riprendevano quelli di 50 anni fa, sono fuori dal tempo e sono pericolosi per i malati;
Oggi 120 minuti di assistenza sono economicamente sostenibili ma eticamente incompatibili
Il minutaggio per l'assistenza andava forse bene nel 1969, quando la degenza media era di venti giorni e i pazienti totalmente dipendenti non più di tre per reparto, quando la terapia infusionale riguardava il 20% dei pazienti degenti e i grandi anziani avevano ottanta anni.
Il tema non può riguardare solo le direzioni infermieristiche o le presidenze dei collegi o alcuni docenti universitari, ma deve riguardare tutta la professione, forse non solo quella italiana ma anche quella europea
. E allora l’obiettivo è quello di lavorare in team e con dotazioni adeguate per la sicurezza del paziente e anche dell’infermiere. Se è un obiettivo raggiungibile o solo un buon proposito per i prossimi anni dipende da noi
conclude Laquintana.
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