Perdiamo per strada sempre più infermieri. I professionisti dell'assistenza rappresentano la categoria che ha fatto registrare il più alto numero di dimissioni volontarie dalla sanità pubblica
. La denuncia arriva da Antonio De Palma, presidente di Nursing Up, il sindacato nazionale degli infermieri, presentando i dati di un'indagine sui deficit di organico nel sistema sanitario italiano, secondo i numeri messi a disposizione del Ministero della Salute e della Ragioneria dello Stato.
Stato della professione infermieristica: dati e trend sull'abbandono del SSN
Dal report emerge che nel biennio 2021-2022 hanno lasciato il SSN 55.534 professionisti definiti cessati puri
, intendendo coloro che, sulla base di un contratto a tempo indeterminato, escono dalla sanità pubblica per il collocamento a riposo per limiti di età, le dimissioni con diritto a pensione, la risoluzione del rapporto di lavoro e i licenziamenti. Si tratta di una cifra considerevole che rappresenta il 56% delle cessazioni complessive,
spiega De Palma in un comunicato stampa, analizzando i dati ministeriali da cui estrapola il numero di infermieri dimissionari facenti parte del totale dei cessati puri.
Tra il 2021 e il 2022 si sono dimessi volontariamente ben 15.450 infermieri con contratto a tempo indeterminato. Nel 2021 sono stati 6.953 e nel 2022 non meno di 8.500,
specifica De Palma, rilevando una situazione peggiorativa e sottolineando come il fenomeno riguardi tutte le strutture sanitarie, comprese le Aziende Ospedaliere, le Aziende Ospedaliere Universitarie e gli Istituti di Ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS).
Pur rilevando nel 2022 un lieve incremento del numero totale di infermieri attivi grazie a 4.078 assunzioni che hanno portato a 283.939 il personale infermieristico complessivo del SSN, De Palma evidenzia che la percentuale di dimissioni volontarie tra gli infermieri, secondo i dati riportati dagli Ordini Professionali e dalle Regioni, si attesta al 3%.
Dalla nostra analisi si evince quindi che gli infermieri sono oggi la categoria della sanità che in assoluto abbandona maggiormente di sua spontaneità,
continua De Palma, ponendo l'accento sul fatto che il numero dei medici in fuga volontaria dal SSN sarebbe decisamente inferiore, soltanto circa 9.000. Da un ulteriore approfondimento del sindacato emerge inoltre che le destinazioni alternative scelte dagli infermieri restano il privato e l'estero.
Tra i 15.450 infermieri che si dimettono c'è infine una percentuale di oltre il 20% che abbandona per sempre il settore della sanità, decidendo proprio di cambiare del tutto vita preferendo un altro settore lavorativo,
precisa riportando i dati attendibili di una survey europea, denominata Rn Work Project, che fotografa i sistemi sanitari maggiormente sviluppati a livello globale.
Questo report indica,
spiega De Palma, che il 18% degli abbandoni degli infermieri avviene nei primi due anni post laurea, mentre il dato degli infermieri dimissionari dopo un periodo di almeno 10 anni di professione oscilla tra il 2% e il 3%.
La decisione di dimettersi, secondo il rappresentante sindacale, avverrebbe in un contesto di turni massacranti, escalation di aggressioni, retribuzioni non al passo con il costo della vita e aumento esponenziale di malattie professionali acquisite sul campo
.
Dalla survey emerge quindi che la percentuale dei dimissionari si abbasserebbe significativamente con l'avanzare dell'età e degli anni di lavoro. Non è facile abbandonare la professione per gli over 35 quando, nonostante le difficoltà, si ha spesso una famiglia alle spalle e si nutre poca speranza di trovare facilmente un adeguato reinserimento lavorativo, a fronte di una eventuale decisione di rinunciare a un contratto a tempo indeterminato,
specifica De Palma riportando i principali commenti dei ricercatori.
I dati sono significativi se teniamo conto che il 55% degli infermieri dei Paesi in cui la survey è stata condotta riferisce di essere sull'orlo di una crisi di nervi e medita da tempo, pur non avendolo ancora fatto, di abbandonare la professione o di cambiare eventualmente reparto, cercando di alleggerire il peso del proprio lavoro quotidiano,
commenta, evidenziando che la maggiore fuga di personale si registra ovunque nei pronto soccorsi e nei reparti di urgenza.
Occorre altresì tenere conto, conclude, che oltre il 40% dei professionisti dell'Unione Europea, facenti parte dei sistemi sanitari mondiali più evoluti, ha subito almeno un'aggressione fisica. Si sentono abbandonati a se stessi. Se si aggiungono anche retribuzioni poco gratificanti, si chiedono ogni giorno se valga davvero la pena andare avanti,
conclude De Palma riportando infine come dal report emerga chiaramente la scarsa fiducia espressa dagli infermieri dei paesi europei e anglosassoni che le istituzioni possano a breve termine cambiare la situazione in positivo.
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