È stata condannata dalla corte di Cassazione al risarcimento dei danni per diffamazione aggravata l'utente vicentina, una nota imprenditrice e showgirl locale, che aveva apostrofato un'infermiera dell'ospedale San Bortolo di Vicenza dandole della mezzacalzetta
davanti ad altre persone in fila nell'ufficio dell'azienda sanitaria e della mela marcia
in un video pubblicato su Facebook.
Dà della "mezzacalzetta" ad un'infermiera, condannata per diffamazione
Il caso giudiziario era scoppiato nel luglio 2015 quando l'infermiera, in servizio presso il Centro Unico di Prenotazione (Cup), era stata pesantemente offesa allo sportello al momento di pagare il ticket per una visita medica ed aveva esposto denuncia in seguito alla lite scoppiata.
La soubrette, di 36 anni, l'aveva insultata anche con espressioni come se non avete voglia di lavorare state a casa e lasciate il posto a chi può essere più competente ma soprattutto più gentile
ed aveva altresì insinuato che la professionista volesse appropriarsi dei soldi richiesti per il pagamento dovuto per l'erogazione della prestazione prenotata.
Nel primo grado di giudizio presso il tribunale di Vicenza la soubrette era già stata condannata a sei mesi di reclusione, sospesi con la condizionale, e al risarcimento dei danni pari a 3mila euro, oltre ad altri 2mila per le spese legali.
La Corte di Appello di Venezia aveva modificato il pronunciamento di primo grado certificando la prescrizione per il reato di diffamazione aggravata. La sentenza della Cassazione ha confermato invece la condanna relativa all'indennizzo, respingendo la richiesta della difesa di annullare la sanzione civile ed imponendo il pagamento di 5mila euro complessivi all'infermiera.
La Cassazione ha ritenuto pertanto corretta la valutazione dei giudici di primo grado in quanto, come accertato dalle indagini condotte dalla procura berica, la showgirl aveva offeso la reputazione dell'infermiera. “Mezzacalzetta”, per definizione, si riferisce infatti a una persona di una desolante mediocrità che si atteggia a persona importante senza esserlo
.
I giudici hanno pertanto rigettato le motivazioni della difesa, secondo la quale i toni usati dall'imputata durante l'alterco non sarebbero stati affatto offensivi, che le espressioni adottate erano volte ad evidenziare un disservizio, che non vi era alcuna intenzione di diffamare qualcuno, che si voleva soltanto rimarcare una critica all'approccio della dipendente ospedaliera e che la sua reazione sarebbe avvenuta a causa di una provocazione dell'infermiera. Ero incinta e la gravidanza presentava dei problemi. Non è giusto trattare così una donna in dolce attesa
, si era giustificata.
Ponendo fine al caso, i giudizi della Cassazione hanno invece stabilito che le espressioni usate dall'imputata sono andate ben oltre al diritto di critica.
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