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Assistenza nelle carceri, infermieri e Oss non ce la fanno più

di Redazione

L'assistenza sanitaria dietro le sbarre è in difficoltà. La popolazione carceraria è in continua crescita, i penitenziari sono sovraffollati e le risorse sono limitate per fronteggiare i bisogni di salute dei detenuti e garantire loro cure adeguate. Medici, infermieri ed operatori sociosanitari che lavorano in un ambiente già carico di tensioni si trovano a lavorare affrontando quotidianamente sfide non solo professionali ed emotive, ma anche logistiche. Nelle duecento carceri italiane, come negli ospedali su tutto il territorio nazionale, il personale sanitario risulta carente nell'organico.

Sovraffollamento e carenza di personale: è emergenza sanitaria nelle carceri

carcere

In difficoltà l'assistenza sanitaria nelle carceri a causa del sovraffollamento di detenuti e della carenza di personale.

Secondo i dati della Fimmg, la Federazione italiana dei medici di Famiglia, sono complessivamente mille i medici di base e di guardia, soltanto uno in ogni istituto di pena per 315 detenuti, spesso ancora in corso di specializzazione.

Sono troppo pochi, anche secondo l'articolo 11 della legge n. 354 sull'Ordinamento penitenziario del 1975 che stabilisce che ogni istituto sia dotato di servizio medico e farmaceutico rispondenti ad esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati e che disponga di almeno uno specialista in psichiatria.

La drammatica situazione è denunciata dalla Fials, la Federazione italiana autonomie locali e sanità, che segnala altresì il numero oltremodo sottodimensionato degli infermieri, di fatto impossibilitati a garantire un'assistenza sanitaria nell'arco delle 24 ore.

Il sovraffollamento, strutturale e di lunga data, peggiora le condizioni di vita dei detenuti ed impatta gravemente sulla capacità del sistema sanitario di fornire un'assistenza efficace alle oltre 60mila persone che abitano le carceri, a fronte di una capienza regolamentare massima di circa 50mila posti come sottolineato anche dal rapporto del garante nazionale dei diritti delle persone detenute.

Secondo la Fials nelle carceri è in corso un'altra emergenza seppur silenziosa, quella della salute mentale dei detenuti. Sono infatti sempre più numerosi coloro che soffrono di disturbi psichici, anche gravi, o legati alla tossicodipendenza ma che non hanno un'adeguata assistenza psichiatrica.

Dalle segnalazioni raccolte tra il personale, emerge che, non essendoci abbastanza psichiatri e psicologi, il carico di questi pazienti pesa sugli infermieri e sugli operatori sociosanitari che si ritrovano così a gestire situazioni delicate, spesso di crisi, senza gli strumenti necessari.

Il sindacato sottolinea inoltre il problema della sicurezza del personale in un ambiente di lavoro, quello carcerario, che può diventare complicato in un contesto normalmente caratterizzato da tensioni, conflitti ed episodi di violenza.

Il rischio risulta aumentato dall'assenza di un'adeguata formazione sulla loro gestione rivolta agli operatori sanitari che lavorano in prima linea, a diretto contatto con i detenuti, sempre vigili ed attenti non soltanto ai problemi sanitari ma anche a quelli relativi alla propria incolumità fisica. Il personale lamenta che purtroppo non ci sono sempre le condizioni sicure per lavorare serenamente, che mancano protocolli chiari per fronteggiare situazioni di emergenza e che hanno bisogno di un maggiore supporto sia psicologico che organizzativo in termini di risorse umane aggiuntive.

In un contesto caratterizzato da isolamento e privazione, gli infermieri e gli operatori sociosanitari restano comunque, nonostante le numerose criticità, un punto di riferimento umano per i detenuti in quanto riescono a bilanciare il rigore professionale con una dimensione empatica.

La loro presenza non solo garantisce la cura, ma impatta significativamente anche sulla loro qualità di vita. Tutti noi siamo consapevoli che il nostro ruolo va oltre la semplice assistenza sanitaria. Siamo spesso l'unico contatto che i detenuti hanno con il mondo esterno e la nostra presenza può fare la differenza tra una condizione di totale abbandono e la possibilità di essere trattati come esseri umani, ha dichiarato un'infermiera intervistata da un quotidiano locale che ha raccontato la battaglia impari per gli operatori sanitari di un carcere siciliano.

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