La pandemia da Covid-19 ha stravolto anche i luoghi di cura. Il distanziamento sociale è una sfida dura per tutti, ma per i pazienti oncologici forse lo è un po’ di più. Da un lato è necessario per tutelarli, ma dall’altro limita il sostegno che un paziente affetto da neoplasia può ricevere dai propri familiari e amici, che a loro volta sono chiamati a una prova di grande complessità. È per questo motivo che Andrea Liuzzi – infermiere di cure territoriali Asl NA1 Centro così come il fratello Luca – ha deciso di condividere la storia di uno dei nostri pazienti, il Sig. Carmine Esposito, che attraverso una lettera ha scelto di raccontarsi per fermare attimi di vita, per rendere un’esperienza personale patrimonio di ognuno di noi, per vincere l’inesorabile Kronos rendendo immortale la sua esperienza attraverso il buon kairos, perché il tempo scorre per tutti, tutti però abbiamo la possibilità di decidere come affrontarlo e cosa condividere perché siamo fatti tutti di storie e l’insieme delle nostre storie costruisce una vita .
Lettera di un paziente oncologico in era Covid-19
La lettera di un paziente oncologico che ringrazia infermieri e tutti gli operatori sanitari che lo assistono
Scoprire di avere un cancro spaventa chiunque . Pensi che ti resta poco e del resto, come diceva un filosofo antico, “è la morte la più grande paura dell’uomo”. Provoca, in molti di noi, dolore, smarrimento, ansia e smania di concludere e sistemare in fretta le cose, anche quelle non ancora iniziate. Tutto ti appare prossimo alla fine.
A quel punto il tuo “LP” della vita non va più a 33 giri, ma corre velocemente, va a 1000. Quello che hai fin qui vissuto ti appare a fotogrammi. Li scorri tutti, come in un film, dai più gioiosi a quelli meno felici. Vieni avvolto, forse sconvolto, in un attimo da tutte le emozioni. In questo turbinio ripercorri in un attimo la vita che hai vissuto.
Ma il paradosso è che quello che stai provando/soffrendo, a notizia diffusa, addolora anche tutte le persone con le quali ti relazioni e che ti vogliono bene. Allora provi un sentimento nuovo, mai provato prima; è un misto di infinita gioia e di grande tristezza allo stesso tempo . Ti prende quasi un senso di colpa, avvertendo contemporaneamente anche una sensazione di pace. Come se l’addolorare involontariamente gli altri allietasse il tuo sconforto.
Più persone si addolorano per te, più ti senti rinfrancato di qualcosa . Pensi che forse non hai speso una vita invano. È un indicatore di come ti sei comportato, pensi di nuovo. Ed allora provi tu stesso a consolare gli altri, quasi per porre rimedio a un torto, tra l’altro mai fatto. Che strana la vita, pensi ancora .
Tutto questo ti dà la convinzione che l’amicizia, ma soprattutto la famiglia che ti sta vicino, sono valori incommensurabili. Quasi la malattia non ti fa più paura. Sei tu a sfidarla, pur sapendo di perdere.
Poi, però, bisogna fare i conti con la sanità pubblica per curarsi
Iniziano i cosiddetti viaggi della speranza . Vai alla ricerca del miglior centro specializzato nel tuo tipo di cancro. Lo trovi, ti operi e ritorni a casa. Dopo inizi anche le terapie, i medici tentano di cronicizzare la malattia. Chemio e farmaci diventano il tuo pane quotidiano. Ti opponi goffamente tentando di continuare ad ingurgitare pasta e fagioli, salsicce e friarielli e pastiere, innaffiando il tutto con un buon taurasi; pur senza lo stomaco. Ma tutto ciò scorre di nuovo come in un film. Per fortuna che regista e sceneggiatore fanno comunque il tifo per te e continui a sentirti vivo in modo verace .
Durante questo percorso (ops, film) incontri persone che non avresti mai pensato di incontrare. Meravigliose, quasi aliene. “Operatori sanitari”, tra virgolette perché non sai come definirli in modo corretto.
Per altri “santi o angeli custodi”, per me semplicemente “esseri umani”, che tutti i giorni si confrontano con la sofferenza degli altri. E quando avverti che la tua sofferenza diventa anche un poco loro, di nuovo la malattia ti fa meno paura
Io sono un uomo fortunato, me le sono ritrovate vicino per caso. Dove mi hanno operato e dove mi stanno curando, ho trovato queste persone meravigliose. E la meraviglia ti sorprende a tal punto da farti sentire quasi sano, proprio come in un film. Non sono soltanto bravi professionisti, ma anche portatori di tranquillità, dispensatori di affetto e forse pusher di elisir di lunga vita, speri .
Tra queste come non ricordare il Prof. Giovanni de Manzoni e la Dott.ssa Maria Bencivenga, dell’Università di Verona, il Prof. Ferdinando De Vita e la Dott.ssa Maria Chiara Miceli, della seconda università di Napoli e i gemelli Andrea e Luca Liuzzi dell’Asl Napoli 1.
Con persone così la sanità in Italia non teme confronti, e ti sembra quasi un film . Per tutto questo, quando arriverai, paura sconosciuta, sarò pronto ad intraprendere un nuovo cammino, altrettanto luminoso, perché lo farò insieme a persone andate prima di me, ma fin qui sempre pensate e amate, e con le persone che lascio, che mi hanno dato tutto l’amore del mondo.
E così non ci sarà mai fine alla fine. Tutto continua. Ma forse è semplicemente il film della vita, da oscar per me
E come in un film, i titoli di coda:
Regia: Carmine
Sceneggiatura: Amici, parenti e tutti quelli a cui voglio bene, e sono tanti
Attori protagonisti: Angela, Martina e Chiara
Riferimenti storici: vita vissuta con filosofia, tutta
Costo complessivo: amore infinito, speso bene però
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