Disinfettare vuol dire ridurre la carica microbica dalle superfici inanimate e dalle attrezzature sanitarie riutilizzabili a un livello di sicurezza necessario per prevenire il rischio infettivo. Per disinfettare occorre avere a disposizione un disinfettante, cioè una sostanza chimica che è stata testata per verificare la sua capacità d’intervenire sulle diverse classi di microrganismi e che per questo è stata sottoposta a un processo di autorizzazione all’immissione in commercio come disinfettante. Il mercato ci propone molti tipi di disinfettanti con caratteristiche differenti per quanto riguarda l’efficacia e la compatibilità con i materiali. Scegliere il disinfettante più adatto non è così facile e in alcuni casi non è sufficiente, per questo nel 1957 Earle Henry Spaulding definisce i criteri per la selezione. Questi criteri mantengono tutt’oggi ancora la sua validità pur con le opportune integrazioni legate all’aumento della complessità delle attrezzature e alla specifica normativa europea sui dispositivi medici.
Disinfettanti: dai criteri di Spaulding a normativa dispositivi medici
I criteri delineati da Spaulding si originano da una duplice classificazione: la prima relativa alla destinazione d’uso delle superfici e delle attrezzature sanitarie e la seconda riguardante il grado di riduzione delle diverse classi di microrganismi da parte dei disinfettanti.
Per quanto riguarda la destinazione d’uso vengono classificati tre tipi di superfici o attrezzature sanitarie: non critiche, semi-critiche e critiche. Se ciò che stiamo utilizzando entrerà solo in contatto con la cute integra questo sarà classificato come non critico, mentre quando il contatto avverrà con mucose intatte e cute non integra parleremo di attrezzatura semi-critica. Quando sarà introdotta direttamente nel corpo umano, nel sangue e in aree del corpo normalmente sterili parleremo di attrezzatura critica.
Classificazione delle superfici e delle attrezzature sanitarie secondo Spaulding | |||
Superfici e attrezzature non critiche | Comprende tutte le superfici e attrezzature che entrano in contatto solo con cute integra | ||
Superfici e attrezzature semi-critiche | Comprende tutte le superfici e attrezzature che entrano in contatto con mucose intatte e cute non integra | ||
Attrezzature critiche | Comprende tutte le attrezzature introdotte direttamente nel corpo umano, nel sangue o in aree del corpo normalmente sterile |
Per quanto riguarda il secondo criterio di classificazione, il grado di riduzione dei microrganismi, sono identificati tre livelli di disinfezione: basso, intermedio e alto in rapporto alla capacità di distruggere o no i batteri in forma vegetativa, i micobatteri, le spore batteriche, i funghi e i virus che sono circondati o no da uno strato lipidico. Questa classificazione tiene conto del diverso grado di resistenza dei microrganismi alla distruzione da parte dei diversi prodotti disinfettanti.
Criteri di classificazione del livello di disinfezione secondo Spaulding | ||||||||
Livello di disinfezione | Batteri | Funghi | Virus | |||||
Vegetativa | Micobatteri | Spore | Presenza strato lipidico | Assenza di strato lipidi | ||||
Basso | + | - | - | + | + | - | ||
Intermedio | + | + | - | + | + | + | ||
Alto | + | + | + | + | + | + | ||
+ efficacia del disinfettante - non efficacia del disinfettante |
I due sistemi di classificazione concorrono insieme a definire i criteri di scelta secondo Spaulding.
Criteri per la scelta di un disinfettante secondo Spaulding | |||
Classificazione delle superfici e delle attrezzature sanitarie | Livello di riduzione della carica microbica | ||
Superfici e attrezzature non critiche | Comprende tutte le superfici e attrezzature che entrano in contatto solo con cute integra | Disinfezione di livello basso o intermedio | |
Superfici e attrezzature semi-critiche | Comprende tutte le superfici e attrezzature che entrano in contatto con mucose intatte e cute non integra | Disinfezione di livello alto (è auspicabile per alcuni dispositivi la sterilizzazione) | |
Attrezzature critiche | Comprende tutte le attrezzature introdotte direttamente nel corpo umano, nel sangue o in aree del corpo normalmente sterile | Sterilizzazione |
Osservando la tabella possiamo fare una prima riflessione. Quando ci troviamo a utilizzare un’attrezzatura critica, il livello di sicurezza richiesto non può prevedere l’impiego di un disinfettante ma è necessario ricorrere a un metodo di sterilizzazione. Per sterilizzazione s’intende un processo capace di inattivare tutti i microrganismi presenti sull’attrezzatura. Tale attività si può realizzare con diversi agenti sterilizzanti quali il vapore saturo, l’ossido di etilene, il gas plasma di perossido d’idrogeno. Il metodo prescelto dipende dalla compatibilità dei materiali.
L’efficacia nella riduzione della carica microbica si raggiunge solo quando si mette in contatto diretto il disinfettante con i microrganismi ed è quindi necessario intervenire su ciò che può “interferire” con questa attività come ad esempio la presenza di sostanze organiche. Per questo occorre far precedere la disinfezione o la sterilizzazione da una fase di preparazione che porti all’eliminazione delle sostanze interferenti. Dobbiamo perciò definire un processo di ricondizionamento che preveda tutte quelle attività necessarie a rendere sicuro il nostro dispositivo.
Processo di ricondizionamento
Una prima fase del processo deve asportare il materiale biologico e non (es. antisettici) presenti sulle superfici, ma che non si è adeso, per questo è sufficiente l’azione meccanica svolta ad esempio da una salvietta o da uno scovolino. Deve seguire una fase che interviene invece sullo sporco adeso alle superfici, condizione che richiede insieme all’azione meccanica un detergente, cioè di una sostanza chimica che favorisce il distacco dello sporco delle superfici. Le modalità con le quali si realizzano queste fasi dipendono dal tipo di dispositivo (es. presenza di parti cave) e dalla compatibilità dei prodotti da utilizzare. Per ogni attrezzatura è necessario definire il processo di ricondizionamento più idoneo per renderla sicura.
Tutte le attrezzature sanitarie destinate dal fabbricante a essere impiegate sull’uomo per diagnosi, prevenzione controllo o attenuazione di una malattia sono state identificate dal Decreto legislativo 46/97 come dispositivi medici. Tale normativa nasce per regolamentare il mercato europeo dei prodotti sanitari impiegati per la cura e l’assistenza, un mercato sempre più in crescita, con l’obiettivo di garantire la sicurezza delle prestazioni e che per questo non può che non interviene sulle modalità di ricondizionamento andando ad individuare una serie di vincoli.
La normativa identifica nel “fabbricante” la figura che deve indicare le modalità di ricondizionamento al fine di garantire la funzionalità e la sicurezza del dispositivo. Tale modalità deve essere descritta sulla documentazione che accompagna il dispositivo che di solito è il manuale d’uso.
Deve essere chiaro che applicare un protocollo con un metodo di ricondizionamento del dispositivo medico non conforme all’indicazione del fabbricante può compromettere la sua funzionalità, provocare un potenziale danno al paziente per la quale ne può rispondere l’utilizzatore finale.
A volte le indicazioni contenute nei manuali d’uso possono presentare alcune difficoltà per la loro applicazione. Ad esempio, sul manuale d’uso è indicato il prodotto commerciale di un disinfettante invece che il principio attivo e tale prodotto commerciale non è nella disponibilità strutture sanitarie oppure il principio attivo indicato per la disinfezione non è adeguato rispetto alla contaminazione microbica o il metodo di sterilizzazione richiesto non è in uso presso la struttura sanitaria.
Tali problematicità dovrebbero trovare una risoluzione prima dell’acquisto del dispositivo indicando nei requisiti del prodotto che s’intende acquisire le caratteristiche tecniche che mi permettono di ricondizionarlo. Ad esempio, richiedere come requisito la dichiarazione di compatibilità del dispositivo medico con i disinfettanti disponibili nelle nostre strutture oppure trasformare l’acquisto di un bene, il dispositivo medico, in un servizio dove possono venir compresi anche i prodotti detergenti, i disinfettanti e la manutenzione.
Quando non s’interviene nella fase di acquisto del dispositivo è necessario che nella fase di utilizzo, quando si vengono a presentare delle problematicità sulle modalità di ricondizionato, queste siano affrontate da un gruppo di esperti identificati in azienda.
Sempre secondo la normativa i detergenti e disinfettanti utilizzati sui dispositivi medici vengono definiti accessori dei dispositivi medici e come tali devono essere immessi in commercio certificati come dispositivi medici e devono avere la stessa classe di rischio del dispositivo sulla quale verranno utilizzati.
Classificazione dei dispositivi medici
I dispositivi medici sono raggruppati in quattro classi di rischio in base alla complessità e al potenziale rischio per il paziente.
- Classe I: Dispositivi poco critici e a basso rischio
- Classe IIa: Dispositivi a rischio medio
- Classe IIb: Dispositivi a rischio medio/alto
- Classe III: Dispositivi ad alto rischio
La classe di rischio è indicata su tutti i dispositivi per renderla visibile all’utilizzatore. È importante conoscere queste classi di rischio sia perché definiscono il grado d’invasività del dispositivo (e quindi il rischio di infezione), ma anche perché ci danno indicazioni su alcune caratteristiche che devono avere i detergenti e disinfettanti da utilizzare. Ad esempio, per la detersione e disinfezione di un dispositivo medico di classe IIa si deve utilizzare un detergente e un disinfettante che è stato immesso in commercio come dispositivo medico di classe IIa.
Ogni giorno nella nostra attività professionale utilizziamo o ci troviamo o dover ricondizionare molti dispositivi medici, dal semplice fonendoscopio al duodenoscopio, dobbiamo per questo avere la consapevolezza di questi aspetti al fine di ridurre i rischi.
È evidente che questi aspetti non devono essere affrontati dal singolo a dall’insieme dei professionisti, ma devono trovare una soluzione attraverso una valutazione attenta da parte di un gruppo di esperti come potrebbe essere il gruppo di controllo delle infezioni correlate all’assistenza, che presenta al suo interno tutte le competenze necessarie per definire un processo di ricondizionamento sicuro, che rispetta le indicazione delle norme sui dispositivi medici e che può interfacciarsi con il fabbricante e con la Direzione aziendale per risolvere gli aspetti critici del ricondizionamento.
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?