Incidenza ed eziologia
Campione di sangue al microscopio di paziente affetto da trombocitemia essenziale.
La trombocitemia essenziale è una malattia che solitamente si verifica con un aumento significativo dell’incidenza dopo i 50 anni e che colpisce le cellule staminali ematopoietiche clonali, causando un incremento nella produzione piastrinica. L’incidenza è stimata in circa 1,5-2,4 casi ogni 100.000 persone.
In circa metà dei pazienti colpiti è presente una mutazione enzimatica della Janus kinase 2 (JAK2) , un membro della famiglia di enzimi della tirosin-chinasi coinvolto nella trasduzione del segnale dell’eritropoietina, della trombopoietina e del fattore stimolante le colonie di granulociti. Per quanto riguarda gli altri pazienti, è stato notato come essi siano colpiti da mutazioni nell’esone 9 del gene della calreticulina, mentre alcuni presentano una mutazione del gene che codifica per il recettore della trombopoietina.
Fisiopatologia
Da un punto di vista fisiopatologico, la trombocitemia può portare a occlusioni del microcircolo, trombosi dei grossi vasi e sanguinamento .
Le occlusioni microvascolari possono colpire diversi distretti: gli arti distali, causando eritromelalgia, l’occhio, con conseguente emicrania oculare, o il sistema nervoso centrale, con conseguenti attacchi ischemici transitori . È rilevante notare come, anche a fronte di una conta piastrinica elevata, non tutti i pazienti presentano sintomi microvascolari.
Attualmente non è noto se il rischio di una trombosi dei grossi vasi, con conseguente trombosi venosa profonda o embolia polmonare , aumenta nella trombocitemia essenziale, soprattutto in quanto le piastrine sono coinvolte prima di tutto nella trombosi arteriosa e non è presente una correlazione tra la conta piastrinica e la trombosi dei grossi vasi.
Infine, il sanguinamento è più frequente in pazienti con trombocitosi grave ed è dovuto a un deficit acquisito di fattore di von Willebrand generatosi in quanto le piastrine assorbono e proteolizzano i multimeri di von Willebrand ad alto peso molecolare, provocando una sindrome di von Willebrand acquisita.
Sintomatologia
I sintomi più frequenti della trombocitemia essenziale sono lividi e sanguinamento, emicrania oculare, parestesie a carico di mani e piedi (eritromelalgia) e deficit neurologici.
Le emorragie sono generalmente di lieve entità, raramente spontanee e si manifestano sotto forma di epistassi, tendenza a sviluppare ematomi o sanguinamenti gastrointestinali. Tuttavia, in una piccola percentuale di casi con trombocitosi estrema si può verificare un sanguinamento grave.
Per quanto riguarda l’eritromelalgia, essa si manifesta con dolore urente alle mani e ai piedi, calore, eritema e talvolta ischemia digitale.
Infine, può presentarsi anche splenomegalia , anche se il suo riscontro è raro e nel caso deve suggerire la presenza di un’altra neoplasia mieloproliferativa.
Diagnosi
Per quanto riguarda la diagnosi di trombocitemia essenziale, dopo aver escluso delle cause di trombocitosi secondaria e di altre neoplasie mieloproliferative, solitamente viene eseguito un emocromo con formula e striscio di sangue periferico, cui si associano studi citogenetici, analisi della mutazione JAK2 e, se negativa, analisi delle mutazioni CALR o MPL; raramente viene effettuato un aspirato e una biopsia midollare.
Solitamente la trombocitemia essenziale è una diagnosi di esclusione, in quanto deve essere presa in considerazione in tutti quei pazienti nei quali possono essere escluse le comuni cause reattive di trombocitemia e altre neoplasie mieloproliferative.
La conta piastrinica è > 450 000/mcL (> 450 × 109/L), ma può arrivare ad essere > 1 000 000/mcL (> 1000 × 109/L). In questo va tenuto conto del fatto che il numero di piastrine può diminuire in gravidanza e che lo striscio periferico può mostrare piastrine giganti e frammenti di megacariociti.
Per porre diagnosi di trombocitemia essenziale vanno effettuati anche studi genetici , compresi test quantitativi di JAK2 V617F (mediante sequenziamento di prossima generazione o reazione a catena della polimerasi quantitativa), insieme a un dosaggio di BCR-ABL tale da escludere la leucemia mieloide cronica (che può manifestarsi con la sola trombocitosi). Se i test JAK2 e BCR-ABL sono negativi, devono essere effettuati i test per la mutazione CALR e MPL. Alcuni pazienti risultano negativi per tutte e tre le mutazioni; in questi casi possono presentare varianti rare delle mutazioni pilota (driver) della neoplasia mieloproliferativa o mutazioni germinali.
La diagnosi di trombocitemia essenziale è suggerita dall’ematocrito normale, dalla conta leucocitaria, dal volume corpuscolare medio e dagli studi sul ferro, così come dall’assenza della traslocazione della BCR-ABL.
Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità suggeriscono che per una diagnosi di trombocitemia essenziale è necessaria una biopsia del midollo osseo che mostri un numero maggiore di megacariociti ingranditi e maturi, ma questo criterio non è mai stato validato in modo prospettico e un esame del midollo non è in grado di distinguere la trombocitemia essenziale dalla policitemia vera. La massa allelica è solitamente > 50% nella policitemia vera e nella mielofibrosi primaria.
Prognosi
L’aspettativa di vita dei pazienti colpiti da trombocitemia essenziale è normale . Sebbene i sintomi siano frequenti, il decorso della malattia è solitamente di natura benigna. Sebbene le complicanze trombotiche arteriose gravi siano rare, esse possono essere fatali. La trasformazione leucemica si verifica in meno del 2% dei pazienti, ma può aumentare dopo esposizione a terapia citotossica, tra cui l’idrossiurea. Alcuni pazienti sviluppano mielofibrosi secondaria, in particolare i maschi con mutazione di JAK2V617F o di CALR di tipo 1.
Trattamento
Il trattamento della trombocitemia essenziale comprende l’aspirina , farmaci che riducono la conta piastrinica (idrossiurea, interferone o anagrelide). Raramente può rendersi necessaria la piastrinoaferesi, la somministrazione di agenti citotossici o il trapianto di cellule staminali.
Nel caso in cui il paziente manifesti sintomi vasomotori lievi (mal di testa, ischemia digitale lieve, eritromelalgia), in quelli a basso rischio che hanno più 60 anni e non presentano la mutazione Jak2, l’aspirina a bassa dose (81 mg 1 volta/die) è solitamente sufficiente, anche se, nel caso in cui si renda necessario, può essere prescritta una dose più alta. In caso di grave emicrania, al fine di controllarla può essere necessaria una riduzione della conta piastrinica. L’utilità dell’aspirina durante la gravidanza non è dimostrata e può provocare sanguinamento nelle pazienti con trombocitemia essenziale e mutazione CALR. Per questo motivo si ritiene che le donne con trombocitemia essenziale abbiano una maggiore incidenza di perdita fetale nel primo trimestre.
Anche i pazienti asintomatici tabagisti attivi, che hanno malattie cardiovascolari o fattori di rischio cardiovascolare vengono trattati con l’aspirina. L’uso di aspirina per la profilassi cardiovascolare in assenza di malattie cardiovascolari o fattori di rischio nei pazienti con più di 65 anni si associa a un’inaccettabile incidenza di effetti avversi.
L’acido aminocaproico o l’acido tranexamico è efficace per controllare l’emorragia dovuta alla sindrome di von Willebrand acquisita per procedure minori come quelle odontoiatriche, mentre possono essere efficaci per il trattamento della trombocitemia essenziale gli inibitori di JAK-2 come il ruxolitinib.
Infine, il trapianto allogenico di cellule staminali si utilizza raramente nella trombocitemia essenziale, ma può essere efficace se nel frattempo compare una trasformazione in leucemia acuta.
Abbassamento della conta piastrinica
Dato che la prognosi è solitamente favorevole e non esiste alcuna correlazione tra grado di trombocitosi e trombosi, i farmaci potenzialmente tossici che riducono la conta piastrinica non devono essere impiegati solamente per normalizzare la conta piastrinica nei pazienti asintomatici. In genere le indicazioni concordate per la terapia di riduzione delle piastrine comprendono la presenza di fattori di rischio cardiovascolare, un attacco ischemico transitorio, l’uso di tabacco, la presenza di sanguinamento significativo, la necessità di una procedura chirurgica in pazienti con trombocitosi estrema e bassa attività del cofattore ristocetinico e, talvolta, la grave emicrania.
Tuttavia, non ci sono dati che dimostrino che la terapia citotossica per ridurre la conta piastrinica riduca il rischio trombotico o migliori la sopravvivenza.
I farmaci utilizzati per ridurre la conta piastrinica sono l’anagrelide, l’interferone alfa-2b, e l’idrossiurea. L’idrossiurea è generalmente considerata il farmaco di scelta per l’uso a breve termine, ma non ha alcun beneficio ed è mielotossica quando usata a lungo termine. Poiché l’anagrelide e l’idrossiurea attraversano la placenta, questi non sono indicati in gravidanza. Quando necessario, nelle donne in gravidanza può essere utilizzato l’interferone alfa-2b. L’interferone è la terapia più sicura per l’emicrania quando i farmaci appositi per l’emicrania non risultano efficaci. L’anagrelide deve essere usato con cautela nei pazienti anziani a causa dei suoi effetti sul sistema cardiovascolare (cardiopalmo e aritmie) e sui reni (ritenzione di liquidi e insufficienza renale).
L’idrossiurea deve essere prescritta solamente da specialisti esperti nel suo uso e monitoraggio. Il trattamento iniziale prevede una dose da 500 a 1000 mg per via orale 1 volta/die. I pazienti vengono monitorati settimanalmente con un emocromo. Se la conta leucocitaria scende a < 4000/mcL (< 4 × 109/L), l’idrossiurea deve essere sospesa e ripresa al 50% della dose quando il valore si normalizza. Quando si raggiunge il plateau, l’intervallo tra un emocromo e l’altro viene allungato a 2 e successivamente a 4 settimane. L’obiettivo è il sollievo dei sintomi piuttosto che la normalizzazione della conta piastrinica. Una sospensione troppo rapida dell’idrossiurea può causare una rapida ripresa e il circolo piastrinico.
Alcuni studi hanno suggerito che il ruxolitinib, un farmaco che viene utilizzato nella policitemia vera e nella mielofibrosi primaria, può essere utile nei pazienti con trombocitemia essenziale che sono resistenti ad altri trattamenti.
La piastrinoaferesi (eliminazione piastrine) è stata utilizzata in rari casi per pazienti con emorragia grave o trombosi ricorrenti o prima di un intervento chirurgico d’urgenza per ridurre rapidamente la conta delle piastrine. Tuttavia, la piastrinoaferesi è raramente necessaria e i suoi effetti sono transitori, con una rapida ripresa nella conta piastrinica. L’idrossiurea o l’anagrelide non forniscono un effetto immediato, ma devono essere iniziati contemporaneamente alla piastrinoaferesi.
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