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Patologia

Sindrome della persona rigida

di Monica Vaccaretti

Disturbo del sistema nervoso centrale con manifestazioni neuromuscolari che peggiorano gradualmente, la sindrome della persona rigida è una malattia neurologica caratterizzata da muscoli che si irrigidiscono e si ingrossano gradualmente provocando una progressiva rigidità muscolare associata a spasmi molto dolorosi. Più comune nelle donne attorno ai 40-50 anni, colpisce principalmente il cervello e il midollo spinale, ma causa sintomi simili a quelli di alcuni disturbi dei nervi periferici. Tale sindrome è classificata come una rara forma di neuropatia periferica ad insorgenza lentamente progressiva, spesso secondaria ad altre neuropatie, miopatie o altre patologie. Secondo i dati epidemiologici, ne soffre 1-2 persone ogni milione. Le stime potrebbero tuttavia essere sottostimate, in quanto i gradi di severità della malattia sono eterogenei e variabili.

Cause della sindrome della persona rigida

La maggior parte delle persone colpite dalla Stiff person syndrome o Stiff-man syndrome risultano avere anticorpi contro l'acido glutammico decarbossilasi, un enzima coinvolto nella produzione di uno specifico neurotrasmettitore inibitorio, l'acido gamma-aminobutirrico che aiuta a prevenire un'iperstimolazione muscolare da parte dei nervi. Quando la produzione di questo enzima diminuisce, i nervi iperstimolano i muscoli che si irrigidiscono troppo e si contraggono a lungo.

La sindrome può essere causata altresì da una reazione autoimmune esagerata e da una condizione paraneoplastica. Talvolta la causa è idiopatica, ossia sconosciuta. Qualsiasi sia l'eziologia, le manifestazioni cliniche sono simili.

Il tipo autoimmune è caratterizzato dalla presenza di autoanticorpi contro diverse proteine coinvolte nella sinapsi del neurotrasmettitore GABA, colpendo principalmente i neuroni inibitori che hanno origine nel corno anteriore del midollo spinale.

Il corpo produce quindi anticorpi che attaccano le cellule nervose che controllano il movimento dei muscoli. Si associa spesso a diabete di tipo 1 e ad altre malattie autoimmuni tra cui la tiroidite, la vitiligine e l'anemia perniciosa.

Il tipo paraneoplastico, molto raro, è caratterizzato dalla presenza di anticorpi anti-amfifisina e si associa al cancro alla mammella e, meno comunemente, a quello polmonare, renale, della tiroide, del colon e al linfoma di Hodgkin.

Diagnosi di sindrome della persona rigida

La diagnosi si basa sul riconoscimento dei sintomi ed è supportata dai test degli anticorpi tramite esami ematochimici e puntura lombare per l'esame del liquor, dalla risposta clinica al diazepam, sedativo di prima scelta per il trattamento nonché dai risultati dell'elettromiografia, che permette di rilevare l'attività elettrica della contrazione normale apparente dei muscoli scheletrici.

Per formulare una diagnosi differenziale potrebbe essere utile eseguire anche risonanza magnetica, TAC e PET per valutare in maniera esaustiva la salute e l'aspetto di cervello, midollo e nervi.

Come si tratta la sindrome della persona rigida

Per la sindrome non esiste una cura risolutiva che porti alla completa guarigione. La ricerca scientifica sta indagando meglio i meccanismi eziologici allo scopo di scoprire una terapia latamente efficace capace di rallentare o bloccare la progressione della malattia.

Il trattamento, di lunga durata, mira ad alleviare i sintomi. La terapia deve essere costante per ridurre il rischio di sviluppare complicanze che potrebbero essere anche fatali.

La sindrome può essere trattata farmacologicamente con diazepam o baclofene (un miorilassante), immunoglobuline (IgEV) e, in alcuni casi, con plasmaferesi o con un anticorpo monoclonale ad azione immunosoppressiva, il retuximab.

La terapia sintomatica con il diazepam è in grado di alleviare la rigidità muscolare in modo più consistente; qualora risulti inefficace, può essere sostituito con il baclofen per via orale o intratecale.

I corticosteroidi sono controindicati, perché per alleviare i sintomi servirebbero alte dosi che potrebbero provocare effetti avversi. Gabapentin, tiagabina o pregabalin, pur non essendo miorilassanti, potrebbero avere effetti positivi sulla produzione del neurotrasmettitore Gaba.

Potrebbero essere prescritti anche gli inibitori della ricaptazione della serotonina qualora i sintomi siano scatenati da stress ansiogeni. Altri farmaci, come l'azatioprina, il metotrexato e il micofenolato non vengono più usati per trattare la sindrome.

Un miglioramento può essere raggiunto anche attraverso l'infusione di immunoglobuline per via endovenosa o per via sottocutanea (immunoterapia), il cui beneficio può durare sino ad un anno. In caso di mancata risposta terapeutica alle immunoglobuline, possono essere suggeriti rituximab o scambi plasmatici.

Altri trattamenti che possono alleviare, con efficacia variabile, la sintomatologia possono essere la fisioterapia, la terapia acquatica ed occupazionale, l'agopuntura, lo yoga e il pilates, massaggi e sedute di osteopatia.

La persona che soffre della sindrome dovrebbe evitare di assumere alcol, narcotici, antidepressivi triciclici e inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina in quanto sono sostanze che potrebbero esacerbare la condizione.

Una dieta sana ed una regolare attività fisica, inserite in un contesto terapeutico adeguato, possono aiutare la persona affetta dalla rigidità tipica della sindrome a migliorare la propria qualità di vita.

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