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Patologia

Malformazioni artero-venose (MAV)

di Alessandro Valentino

Le malformazioni artero-venose (MAV), sono rare anomalie vascolari congenite, solitamente non ereditarie, a carico del sistema nervoso centrale, encefalo e midollo spinale, consistenti in un’anomala connessione tra vasi arteriosi e venosi senza la interposizione del sistema capillare. Quindi le arterie, ad elevata pressione, confluiscono direttamente nelle vene, riversando in esse sangue a pressione enormemente maggiore di quella solitamente presente nel letto vascolare venoso, prossima allo zero. In condizioni normali ciò non accade, perché il letto capillare riduce fisiologicamente la pressione del sangue arterioso. Quello che si viene a creare è quindi in sostanza una vera e propria fistola artero-venosa che, portando sangue ad elevata pressione nel sistema venoso, può causare la rottura delle pareti venose con conseguente emorragia.

Che cosa sono le malformazioni artero-venose

Malformazioni artero-venose del cervello

Le MAV possono aver dimensioni da pochi millimetri fino ad assumere forma di grandi gomitoli di vasi tortuosi con notevole shunt artero-venoso. In tale groviglio vascolare, detto nidus, i vasi venosi, arterializzati in quanto trasportano sangue ad alta pressione, possono andare incontro a rottura con conseguente sanguinamento a carico del SNC, o, più raramente, a trombosi.

Solitamente singole, le malformazioni artero-venose possono più frequentemente essere localizzate a livello frontoparietale, nel cervelletto, nel lobo occipitale, in sede spinale ed a carico dei vasi della dura madre.

A seconda delle dimensioni, della localizzazione e della profondità degli scarichi venosi le MAV sono suddivise in 5 gradi di crescente gravità, secondo la classificazione di Spetzler e Martin. Inoltre, nell’80% dei casi le MAV permangono asintomatiche, spesso evidenziate tramite neuroimaging eseguito per altro motivo; tra i sintomatici, il 20-50% dei pazienti lamenta cefalea ma, nella metà dei pazienti, la prima manifestazione clinica è un’emorragia, intraperenchimale o subaracnoidea. Nel 20-30% dei casi la prima, e spesso unica sintomatologia, è una crisi epilettica, inizialmente tipicamente focale.

Come si manifestano le MAV

Dal punto di vista clinico è a volte possibile repertare un soffio vascolare a livello carotideo, mastoideo o sui globi oculari. La patologia è di solito lungamente asintomatica con comparsa dei primi sintomi tra i 20 ed i 40-50 anni di età.

Altra possibile sintomatologia, per lo più conseguente a MAV di grandi dimensioni, è la comparsa di deficit neurologici ingravescenti nel tempo, causati dalla compressione sul parenchima cerebrale esercitata dalla massa vascolare e dal fatto che il sangue rifornendo la MAV bypassa il circolo capillare con conseguente ischemia del parenchima non irrorato.

Se localizzate nelle cosiddette zone “silenti” o “mute” le MAV - anche se di grosse dimensioni - non daranno sintomi fino alla loro rottura ed al conseguente sanguinamento.

Diagnosi di malformazione artero-venosa

La diagnosi è affidata alla RMN, alla TC con mezzo di contrasto ed alla angiografia, che fornisce la certezza della diagnosi e che, essendo un esame dinamico, permette la migliore valutazione del flusso, degli scarichi venosi ed appare pertanto fondamentale per decidere il trattamento endovascolare o chirurgico, scopo del quale è prevenire la rottura della MAV.

Trattamenti MAV

La scelta della terapia, sempre multidisciplinare, dipende da sede e dimensione della MAV, dal quadro clinico, dalle condizioni generali e dall’età del paziente. Le opzioni sono rappresentate dal trattamento microchirurgico, endovascolare e radiochirurgico.

Il trattamento endovascolare, con l’iniezione intra-arteriosa di sostanze embolizzanti attraverso l’arteria femorale, nella grande maggioranza dei casi non è da solo sufficiente per ottenere la completa obliterazione della MAV e deve essere seguito da intervento microchirurgico o di radiochirurgia stereotassica.

Solitamente l’intervento chirurgico è di elezione per le MAV che abbiano già sanguinato e consiste nella chiusura dei vasi sanguigni afferenti al nidus. La radiochirurgia stereotassica che, a seconda delle dimensioni della MAV, può prevedere una singola seduta o fino a due o tre sedute a distanza di sei mesi per malformazioni superiori ai tre centimetri, deve essere preceduta da angiografia cerebrale e consiste nella emissione di raggi X o gamma, che portano alla formazione di tessuto cicatriziale che chiude i vasi malformati. Risulta efficace nell’80% dei casi.

  • Articolo redatto con la collaborazione di Sara De Stefani, UO Anestesia e Rianimazione Rimini/Riccione/Cattolica, AUSL della Romagna
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