Che cos'è il deficit di G6PD
Analisi specifiche eseguite su uno striscio di sangue periferico, con apposite colorazioni, possono rilevare la presenza di corpuscoli di Heinz.
Si tratta di un disordine metabolico, comunemente conosciuto come favismo , che interessa epidemiologicamente tutte le popolazioni mondiali, anche se l'incidenza risulta maggiore in alcune aree geografiche. Afroamericani ed individui di origine italiana e greca sono i soggetti più frequentemente colpiti dal disturbo, anche se il difetto è comune anche nei soggetti di origine asiatica e in certe popolazioni ebraiche ed arabe. Il tipo di deficit riscontrato nelle popolazioni mediterranee è più grave di quello che interessa le popolazioni afro-caraibiche, provoca emolisi più cospicue e talvolta anemie potenzialmente letali. Si stima che circa 200 milioni di persone nel mondo siano portatrici del gene difettoso . Il difetto è variabile, esistono circa 400 varianti molecolari del deficit, con diverse suscettibilità agli stimoli ossidativi ed emolitici. L'eterogeneità clinica è pertanto molto rilevante, variando da forme asintomatiche a forme gravi.
Il difetto riguarda il gene che codifica l'enzima glucosio -6 – fosfato deidrogenasi (G-6-PD) , un enzima citoplasmatico coinvolto nel metabolismo dei globuli rossi ed essenziale per la stabilità di membrana degli eritrociti. La G6PD mantiene la stabilità dell'emoglobina , la proteina contenuta nei globuli rossi che trasporta l'ossigeno dai polmoni a tutto l'organismo, e contribuisce a proteggerla dai danni causati dallo stress ossidativo dovuto ad infezioni o all'uso di determinati farmaci e all'esposizione di alcune sostanze. La G6PD protegge quindi le cellule dei globuli rossi dagli effetti dell'ossidazione. Un enzima con funzioni, stabilità ed attività ridotte rende le emazie più vulnerabili. Si frammentano rapidamente e vengono facilmente distrutte.
Classificazione ed espressioni cliniche
Secondo la classificazione dell'Oms in base al livello di attività eritrocitaria dell'enzima e sull'importanza delle manifestazioni cliniche, il deficit è diviso in tre classi:
classe I: deficit severo (dall'1 al 4% di attività enzimatica residua)
classe II: deficit intermedio (dal 3 al 10% di attività enzimatica residua)
classe III: deficit moderato (dal 10 al 40% di attività enzimatica residua)
I soggetti in cui la carenza enzimatica è grave, ossia non possiedono una quantità sufficiente di tale enzima nel sangue, soffrono di anemia emolitica cronica ma nella maggior parte dei casi l'emolisi, ossia la distruzione dei globuli rossi, si verifica solo in situazioni particolari, determinate da una patologia acuta come uno stato febbrile, un'infezione virale o batterica, una chetoacidosi diabetica o dall'uso di alcuni determinati farmaci. La carenza di tale enzima riduce pertanto la sopravvivenza dei globuli rossi che in corso di queste condizioni patologiche si degradano rapidamente. Questi episodi di degradazione sono definiti crisi emolitica.
Le principali espressioni cliniche del deficit di G6PD sono
favismo : anemia emolitica acuta indotta dall'assunzione di farmaci o alimenti (fave) o durante un'infezione
ittero neonatale , con sequele neurologiche nei casi più severi e non trattati
anemia emolitica cronica non sferocitica
Il consumo di fave (fresche, secche o congelate) è la più comune causa di crisi emolitica nella variante mediterranea .
I farmaci che possono avere un difetto emolitico nei soggetti con deficit di G6PD hanno proprietà ossidanti. Si tratta di alcuni antibiotici e chemioterapici , analgesici e antipiretici, antielmintici, antimalarici. Essi comprendono ad esempio cloramfenicolo, ciprofloxacina, levofloxacina, acido nalidixico, furazolidone, nitrofurantoina, sulfacetamide, sulfametoxazolo, acido acetilsalicilico , fenazopiridina, niridazolo, chinina e primachina. Anche diuretici tiazidici, ipoglicemizzanti orali, vitamina K, blu di metilene, doxorubicina, sulfanilamide e sulfapiridina possono scatenare crisi emolitiche.
In caso di necessità possono essere assunti farmaci sicuri, senza pericolo di crisi emolitica, come il paracetamolo , ampicillina, amoxicillina e acido clavulanico, cefalosporine, macrolidi, ureidopenicilline, aminoglicosidi, aminopeptidi.
Sintomi di G6PD
I soggetti sono generalmente asintomatici e gli episodi sono lievi . La maggior parte presenta spesso livelli di emoglobina ed un numero di reticolociti nella norma. Nei casi gravi, la crisi emolitica esordisce bruscamente e i segni sono caratteristici. Da poche ore ad 1-3 giorni dopo l'assunzione dei suddetti farmaci e dall'ingestione di fave, compaiono pallore, ittero ed emoglobinuria ossia presenza di emoglobina nelle urine, mentre il numero di reticolociti aumenta e compaiono i sintomi dell'emolisi. La cute e le sclere si ingialliscono, le urine sono scure, può comparire dolore addominale o alla schiena. Affaticamento e respiro affannoso sono sintomi comuni. Si può apprezzare l'ingrossamento della milza e può comparire febbre. Con il progredire dell'anemia, solitamente dopo poche ore, compaiono polipnea, tachicardia , ipotensione . Una massiva emoglobinuria può determinare insufficienza renale acuta. Vi è inoltre reticolocitosi, leucocitosi con neutrofilia a causa della stimolazione midollare, un moderato incremento della transaminasi.
Diagnosi di G6PD
Analisi specifiche eseguite su uno striscio di sangue periferico, con apposite colorazioni, possono rilevare la presenza di corpuscoli di Heinz, dei precipitati segno di emoglobina degradata, all'interno degli eritrociti. L'emolisi è spesso lieve e di durata limitata. Nei casi più gravi di deficit di G6PD di tipo mediterraneo, quando il miglioramento non si verifica spontaneamente, può essere necessaria una emotrasfusione.
La diagnosi si basa su una valutazione sistematica delle possibili cause scatenanti oppure sul dosaggio dell'enzima glucosio-6- fosfato deidrogenasi tramite esami ematochimici. Una carenza di G6PD deve essere sempre sospettata in caso di comparsa di ittero durante una malattia infettiva o in seguito all'assunzione di un farmaco di cui è noto un simile effetto collaterale. La diagnosi differenziale nei casi gravi è con le forme di anemia emolitica autoimmune e con la sferocitosi. Nelle forme a decorso meno grave la diagnosi differenziale è con le emoglobinurie di altra natura, con la mioglobinuria, con l'epatite virale, con l'anemia emolitica uremica o sindrome di Gasser.
Trattamento
Il trattamento consiste nel sospendere l'eventuale assunzione del farmaco tossico, sostanza o alimento che può causare emolisi. È bene evitare i fattori scatenanti noti. Oltre le cure di supporto, è sufficiente attendere che il numero di globuli rossi ritorni alla normalità. Talvolta, se l'emolisi è grave, come avviene frequentemente per la variante mediterranea di deficit di G6PD, si ricorre alla trasfusione di sangue oltre alla somministrazione di ossigeno e liquidi per via endovenosa per garantire una buona ossigenazione e mantenere una adeguata idratazione.
Il paziente deve essere adeguatamente informato sulla malattia e dovrebbe ricevere un elenco dei farmaci da evitare. Per un elenco completo si può consultare il documento dell'Istituto Superiore di Sanità . In caso di familiarità nota, esiste un test di screening per la carenza di G6PD.
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