La Cirrosi Epatica è una delle patologie croniche del fegato ed è soprattutto irreversibile. Spesso è necessario un trapianto d’organo per sopravvivere, ma non sempre è possibile. L’Infermiere può contribuire a gestire la malattia dal punto di vista formativo (per il paziente) e dal punto di vista diagnostico (raccolta e valutazione parametri, segni e sintomi).
Cirrosi epatica: Conoscere e riconoscere una patologia del fegato
La cirrosi epatica è una patologia cronica del fegato e consiste nel complesso di alterazioni delle cellule epatiche che, sottoposte a reiterate infiammazioni, si induriscono e ispessiscono fino a formare un vero e proprio tessuto fibroso (con cicatrici).
Quello di cirrosi è lo stadio finale di una patologia del fegato per la quale non esiste una cura risolutiva; è possibile rallentarne il processo, attraverso la rimozione della causa principale, ma resta comunque una patologia irreversibile e per la quale occorre valutare la necessità di un eventuale trapianto d’organo.
Nel servizio vedremo cosa, come, quando e perché l’infermiere agisce sul paziente con insufficienza renale.
La Cirrosi Epatica nello specifico
Le alterazioni cronico-degenerative delle cellule del fegato, tipiche della condizione di cirrosi epatica, vanno ad intaccare sensibilmente le funzionalità del fegato stesso e ciò accade per cause diverse:
- la maggior parte dei casi di cirrosi epatica è riconducibile all’abuso di alcool e a malnutrizione (cirrosi portale di Laennec);
- numerosi anche i casi di cirrosi postnecrotica, secondaria ad epatiti virali acute (soprattutto di tipo B e C);
- frequente anche la cirrosi biliare, conseguenza di ostruzione biliare cronica. Sono anche altre le cause di cirrosi (ad esempio tumori, patologie ereditarie o l’esposizione ad agenti tossici), ma in tutti i tipi di cirrosi il tessuto cicatriziale interferisce inevitabilmente con la normale funzionalità epatica ed essendo il fegato un organo responsabile di molte funzioni, le complicanze di questa patologia sono ad ampio spettro e possono raggiungere livelli molto gravi.
Fra le complicanze della cirrosi, dunque, individuiamo:
- malnutrizione: il fegato non è più in grado di assorbire i grassi e le vitamine liposolubili, di conseguenza si ha affaticamento, consumo di massa muscolare e perdita di peso;
- ipoglicemia: il fegato non è più in grado di regolare i processi di scissione del glicogeno in glucosio (glicogenolisi);
- disfunzioni della coagulazione: il fegato non è più in grado di produrre quantità sufficienti di protrombina e fibrinogeno;
- ipertensione portale: il flusso di sangue che attraversa il fegato viene interrotto dal tessuto cicatriziale e ritorna dunque verso la vena porta, causando ipertensione. L’ipertensione portale, causando a sua volta la distensione delle vene di esofago, milza e retto, provoca varici esofagee, splenomegalia ed emorroidi;
- ascite: l’ipertensione portale può condurre anche ad un accumulo di liquidi nella cavità peritoneale;
- encefalopatia epatica: il paziente si mostra disorientato ed ha tremore delle mani, segni di accumulo di ammoniaca nell’encefalo;
- sindrome epato-renale: la cirrosi evolve in un’insufficienza renale ed il paziente manifesta oliguria, inappetenza, astenia, affaticamento ed iperazotemia.
La cirrosi epatica può essere definita una patologia subdola, poiché chi ne è colpito spesso non sa di avere un problema di fegato fino alla comparsa, talvolta improvvisa, di complicazioni ad esso correlate.
Una serie di segni e sintomi, tuttavia, possono essere notati e possono far sospettare la presenza di una patologia epatica, quali ad esempio:
- ittero: colorazione giallastra di cute, mucose e occhi (sclere) dovuta ad un accumulo di bilirubina, non più escreta in quantità adeguate da parte del fegato;
- ascite ed edemi agli arti inferiori: per un difetto del ruolo del fegato nell’eliminazione dei liquidi; - alterazioni dei vasi periferici (spider naevi: piccole macchie circondate da sottili vasi sanguigni, a forma di “ragno”), ematomi, ecchimosi, petecchie, epistassi;
- alterazioni delle unghie e delle dita delle mani: bande orizzontali bianche sulle unghie, dita ippocratiche o “a bacchetta di tamburo”;
- epato-splenomegalia;
- febbre, vomito, perdita di peso ed altri.
La diagnosi di cirrosi epatica può essere determinata attraverso:
- esami ematici (aminotransferasi, bilirubina, albumina, fattori della coagulazione ecc.)
- TAC - Ecografia ed altri.
Il ruolo dell’infermiere nell’assistenza al paziente con Cirrosi Epatica
L’infermiere è responsabile dell’assistenza generale infermieristica e di fronte ad un paziente con cirrosi epatica che viene ricoverato nell’Unità Operativa di Medicina Interna, ha la responsabilità di prendere in carico l’utente.
Dopo aver acquisito i dati anagrafici necessari al ricovero del paziente, l’infermiere procede ad effettuare l’accertamento infermieristico per delineare le condizioni dello stesso al momento dell’ingresso in reparto.
L’infermiere, in particolare, rileva i parametri vitali, quali:
- pressione arteriosa
- saturazione
- frequenza cardiaca
- frequenza respiratoria e qualità del respiro
- temperatura corporea.
Monitorerà, inoltre:
- il colorito e il livello di idratazione della cute;
- le condizioni del sensorio;
- l’eventuale presenza di ascite e/o edemi agli arti, misurandone la circonferenza;
- i rumori polmonari (per rilevare eventuale edema polmonare);
- i valori di globuli bianchi, globuli rossi, piastrine, emoglobina, bilirubina e delle transaminasi.
Con l’utilizzo di scale validate e contestualizzate e, ove possibile, con la collaborazione del paziente, valuta la presenza di dolore, con relative caratteristiche, localizzazione e intensità, così come accerterà il livello di ansia che affligge la persona.
L’infermiere consulterà il dietista per concordare, insieme all’assistito, una dieta opportuna al caso e le relative restrizioni, dietetiche e di liquidi.
Quella dell’accertamento è solo la prima fase del processo di assistenza infermieristica che, come passaggio successivo, prevede un’attenta analisi incrociata dei dati raccolti attraverso l’accertamento, con la collaborazione del paziente e, se presente, con quella di un caregiver; analisi dei dati che porta alla formulazione di un piano assistenziale tarato sulla singola persona.
Piano assistenziale standard
Un piano assistenziale secondo il modello bifocale Carpenito prevede la formulazione, in completa autonomia da parte del professionista infermiere, di Diagnosi Infermieristiche con relativi obiettivi, la pianificazione e attuazione degli interventi volti al raggiungimento degli stessi ed un sistema di valutazione in itinere per monitorare la risposta del paziente all’erogazione dell’assistenza.
L’altra parte del piano assistenziale è costituita dai Problemi Collaborativi, ovvero complicanze potenziali che si stanno verificando o potrebbero verificarsi rispetto ad una determinata patologia. In questo caso l’infermiere ha un ruolo “collaborativo” nei confronti del medico e di altri professionisti della salute coinvolti nel pieno rispetto delle reciproche competenze, ovvero contribuisce a monitorare il paziente, ad individuare eventuali segni e sintomi di complicanze e ad attuare gli interventi per riportare le condizioni cliniche dell’assistito alla stabilità.
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