Ottanta chilometri di camminata verso Santiago di Compostela, il tutto in sette tappe. Questo è il viaggio che undici utenti del Centro Psico Sociale (CPS) del Fatebenefratelli di Milano, insieme a due accompagnatori, hanno affrontato nell’ambito di un progetto nato con l’intento di mostrare che la malattia mentale non rappresenta necessariamente un limite per affrontare le difficoltà dell’avventura della vita. E che sostenere la salute mentale si può, si deve.
Cammino di Santiago, com’è nato il progetto CPS Fatebenefratelli Milano
Sostenuti dalla nostra umanità fragile cerchiamo costantemente itinerari possibili che possano restituire dignità e diritti a ciascuno soprattutto nel territorio dove insiste il Centro Psico Sociale (CPS) di zona 4 afferente all’ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano (il CPS è un presidio socio-sanitario territoriale in cui si realizza la presa in carico delle persone che hanno problemi di salute mentale.
Il CPS formula i programmi terapeutici-riabilitativi e di risocializzazione della singola persona, cura l’avviamento al lavoro di giovani pazienti e la realizzazione di progetti per il tempo libero).
Ci troviamo in una periferia non solo squisitamente urbana, ma anche esistenziale, dove le fragilità e le vulnerabilità umane si innestano in un “corpo” che non è solo fatto di carne e ossa, già ferito e spesso escluso
Questo territorio, nel suo scenario antropologico-sociale complesso e articolato, mostra i segni di possibili rinascite, mutamenti e grandi gesti di solidarietà nella consapevolezza di quanto sia costantemente fonte di “ricchezza” la scelta (sì, perché sia il sottoscritto che Ines, la Coordinatrice Infermieristica del CPS che mi ha accompagnato anche in questo lungo itinerario, abbiamo scelto di lavorare in ambito psichiatrico) e la preferenza nei confronti di coloro che una società produttrice di rifiuti tende ad emarginare.
Nell’arco dell’ultimo decennio il CPS di zona 4 si è caratterizzato per la realizzazione di progetti di ampio respiro che hanno avuto come focus il tema del viaggio e del tempo libero. Questi due elementi sono stati, insieme ad altri, il fil rouge di una trama di relazioni, prima ancora umane che professionali, che hanno consentito l’emergere di nuove opportunità e la riscoperta di nuovi spazi di interlocuzione.
Il coinvolgimento diretto degli utenti nella realizzazione del Cammino ha lasciato significative tracce di mutualità, di leggerezza e di una genuina umanità.
L’idea del Cammino è nata circa 3 anni fa e come già accaduto per i precedenti progetti anche in questo caso abbiamo incontrato, man mano che procedevamo, nuovi compagni di viaggio che si sono entusiasmati insieme a noi e che ci hanno sostenuto.
Alcuni di loro avevano anche deciso di partecipare al Cammino (negli obiettivi del progetto era prevista la possibilità di partecipazione per tutti con la condizione di adesione sin dall’inizio a ciò che tutti insieme stavamo costruendo. Volevamo che fosse aperto alla cosiddetta società civile, estranea al mondo della salute mentale), ma non tutte sono rimaste.
Alla fine il gruppo dei partenti è risultato composto da 6 utenti (4 uomini e 2 donne), 2 operatori del CPS (il sottoscritto e la Coordinatrice Infermieristica), un tirocinante del CdL in Educazione Professionale e due cittadine interessate al Cammino.
Beneficiari del progetto
I destinatari di questo progetto sono stati 6 cittadini – utenti con problemi di tipo psichiatrico e un range d’età compreso tra i 28 e i 50 anni, con predisposizione ad attività di gruppo e con precedenti esperienze significative nella dimensione del viaggiare.
Tutti gli utenti erano in carico ai due operatori (sono i loro case manager) che li hanno accompagnati lungo un significativo tratto delle loro esistenze. Non erano presenti persone con disabilità motorie.
Durante la declinazione di tutte le fasi del progetto i due operatori hanno effettuato costanti colloqui di monitoraggio e brevi incontri di micro équipe con i medici psichiatri referenti.
Al gruppo si sono unite 2 persone appartenenti alla società civile.
Tra parchi e colline: la preparazione
Per prepararsi a questo lungo itinerario sono stati previsti 5 momenti durante l’anno per essere adeguatamente pronti ad effettuare il cammino e soprattutto per imparare a vivere insieme questo tipo di esperienza.
Gli incontri hanno avuto una cadenza mensile (il terzo sabato del mese a partire dal mese di gennaio 2018) e col tempo la difficoltà è aumentata gradualmente fino a raggiungere la distanza che avremmo percorso in ogni tappa del cammino.
Tra accoglienza e condivisione: l’esperienza di Castellazzo di Basiano
Il soggiorno ha avuto luogo nelle date venerdì 18 maggio, sabato 19 maggio e domenica 20 maggio e quest’esperienza è servita a costituire il gruppo e a raccogliere feedback riguardo al progetto fino a quel momento.
Durante la permanenza in cascina il gruppo si è sperimentato nell'organizzazione della giornata (fare la spesa, cucinare, pulire, ecc.) e nella condivisione di spazi comuni.
Domenica 20 maggio il gruppo dei partecipanti al progetto ha pranzato con le proprie famiglie, dove si è condiviso non solo il pasto ma anche piacevoli momenti di socializzazione e di conversazione. Ogni famiglia ha contribuito al pranzo cucinando alcune pietanze.
Fare rete con le famiglie, un’alleanza concreta
A differenza di altre malattie la malattia mentale pone le famiglie di fronte ad interrogativi e scenari complessi e articolati. Nel corso degli anni abbiamo cercato sempre di più di coinvolgere i familiari dei nostri utenti nel percorso di cura, non solo perché è corretto dal punto di vista clinico-terapeutico, ma perché viene sancito nella legge regionale n. 23.
C’è stato un continuo scambio di feedback sui vari step. Siamo convinti che gli esiti positivi del progetto siano anche dovuti a questa alleanza concreta che ci ha consentito di presidiare lo svolgimento delle azioni nel miglior dei modi.
Sostenere la salute mentale si può
Le pratiche di salute mentale devono coinvolgere attori, risorse e processi sociali anche al di fuori dei servizi psichiatrici. I luoghi della cura devono essere concepiti come realtà in evoluzione, aperti al cambiamento, in relazione ed interazione con i bisogni che via via emergono nel tessuto sociale e capaci di individuare e superare le forme di esclusione.
Vanno ricercate tutte le forme di azione collettiva e partecipativa attraverso cui sia possibile mettere in gioco la dimensione affettiva, attraverso la reciprocità e nel superamento dei limiti dei ruoli istituzionali.
La malattia mentale non rappresenta necessariamente un limite per affrontare le difficoltà dell’avventura della vita e ancora una volta lo abbiamo dimostrato. Noi crediamo nelle possibilità: si può fare
Quanto fin qui menzionato è l’approccio metodologico che abbiamo utilizzato nel corso degli ultimi 10 anni e che ha fatto sì che si creasse una sintonia di intenti tra pubblico e privato. Abbiamo imparato - e verificato - che pur esistendo una crasi delle risorse allocate alla salute mentale è possibile ricevere sostegno da enti, associazioni e aziende diverse tra loro per mission e visio, ma che accettano di condividere la sfida di un progetto complesso e articolato quale è stato “In Cammino verso Santiago”.
Valutazione dell’esperienza mediante WHOQOL
Per valutare scientificamente questo progetto, si è deciso di utilizzare, come negli anni precedenti, il World Health Organization Quality of Life (WHOQOL) - versione breve, perché è uno strumento pratico, attinente, breve e con domande a cui è facile rispondere.
Per aiutare l’utente a migliorare l’area in cui è più carente, si deve fare un confronto fra la prima somministrazione e la terza, la seconda è utilizzata per l’osservazione.
Questo strumento rappresenta un sistema di valutazione per osservare il funzionamento delle aree che compongono il costrutto della qualità della vita che è composto da 26 item suddivisi in quattro aree: area della salute fisica, area psicologica, l’area dei rapporti sociali e quella dell’ambiente: valuta le risorse finanziarie, la libertà, la sicurezza e l’incolumità fisica.
Condivisione dati al ritorno dal viaggio: la decodifica del WHOQOL
Al rientro dal viaggio, ci siamo ritrovati al CPS per una restituzione dell’esperienza e la condivisione dei dati emersi dalla decodifica del WHOQOL. Per agevolare la condivisione e per poter avere dei dati comparabili abbiamo appeso un cartellone nella stanza dove erano segnati i 4 obiettivi principali del progetto (promozione di relazioni peer to peer, attivazione di processi emancipativi, aumento dell’autostima e proposta di un’occasione di socializzazione e di sviluppo di processi di empowerment) in modo che il focus della condivisione fosse chiaro a tutti.
Ognuno dei partecipanti ha espresso le sue opinioni, poi è stata la volta degli operatori e alla fine abbiamo confrontato le verbalizzazioni con quanto emerso dal WHOQOL. Riteniamo che la scelta di condividere i dati con i diretti protagonisti sia non solo un utile strumento di empowerment, ma anche un adeguato contributo allo sviluppo di un processo di recovery possibile.
Infermieri ed educatori professionali in psichiatria, approccio multidisciplinare
Qualunque operatore sanitario (medico, infermiere, fisioterapista, tecnico nei vari campi, ecc.) dovrebbe essere in grado di svolgere anche una funzione educativa relativamente al suo ambito professionale, ciò è spesso ricordato anche negli obiettivi dei vari Corsi di Laurea nel profilo professionale.
Non vi è quindi un'esclusiva per alcune professioni, o al contrario, non esistono professioni sanitarie cui non appartenga anche una funzione educativa. Il fatto che in realtà spesso questa sia poco esercitata può dipendere anche da una relativa impreparazione, sia concettuale che metodologica a svolgerla.
In psichiatria gli interventi educativi costituiscono una parte integrante dei trattamenti e delle tecniche di riabilitazione. L’intervento educativo dell’infermiere e dell’educatore mira ad incrementare il livello di consapevolezza della malattia e la compliance ai trattamenti.
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