Coordinatore Infermieristico
Il Coordinatore infermieristico riveste un ruolo molto importante all’interno delle organizzazioni sanitarie, poiché incarna il collegamento tra necessità organizzative, esigenze clinico-assistenziali e obiettivi aziendali.
L’esigenza della funzione di coordinamento vede le prime luci con il R.D. del 1925 e col successivo regolamento attuativo del 1929: l’infermiere inizia a veder costruire intorno a sé un percorso formativo, con un ulteriore anno aggiuntivo di studi, per renderlo “Abilitato alle Funzioni Direttive” (AFD).
La figura del Caposala inizia così a delinearsi, sebbene all’interno delle organizzazioni sanitarie tale funzione venisse svolta preferibilmente da religiose per necessità di rigido controllo della disciplina e degli aspetti domestico alberghieri. Era un ruolo di prestigio e come tale richiedeva rispetto: questa caratteristica ha contribuito nel tempo al riconoscimento sociale dell’Infermiere.
Alle soglie degli anni ‘70 la figura del Caposala vede emergere la determinazione di alcune funzioni di controllo all’interno della riforma ospedaliera: a lui spettano il controllo e la direzione del personale infermieristico e ausiliario subordinato, il prelievo e il controllo dei farmaci e dei materiali in dotazione, il controllo e la distribuzione degli alimenti ai pazienti ricoverati e la tenuta dell’archivio. La riforma disciplina anche la dipendenza funzionale del primario e dei sanitari di reparto (DPR 128/1969).
La nascita della figura dell'Infermiere Coordinatore
Il completamento della riforma sanitaria, avvenuto con il DPR 130/1969, sancì l’assunzione del Caposala attraverso concorso identificando tra i requisiti obbligatori il possesso del titolo di AFD (abilitato alle funzioni direttive) e il servizio di almeno tre anni come Infermiere professionale.
Circa dieci anni dopo, grazie alla legge che disciplina lo stato giuridico del personale delle USL (DPR 761/1979), il Caposala vede collocare la propria figura all’interno del profilo professione di operatore professionale coordinatore di prima categoria. Tre anni più tardi, col D.M. 30/01/1982 (modificato successivamente il 03/12/1982), viene reso obbligatorio il possesso del titolo AFD e l’anzianità di due anni di Infermiere Professionale per l’accesso ai concorsi da caposala.
Il successivo D.P.R. 821 del 1984 sancisce e definisce le attribuzioni storiche del profilo dell’infermiere coordinatore riconosciuto ancora oggi: “attribuzioni del personale sanitario non medico addetto al SSN”; art.20: l’operatore professionale coordinatore svolge le attività di assistenza diretta attinenti alla propria competenza professionale. Coordina l’attività del personale nelle posizioni di collaboratore e di operatore professionale di IIa categoria a livello di unità funzionale ospedaliera e di distretto, predisponendone i piani di lavoro
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Si affaccia la vision di una potenziale autonomia professionale da dover esercitare, in maniera quasi surreale, tra le necessità del personale e le direttive dei responsabili medici. Viene inoltre reso chiaro quello che è il principio della mission del coordinatore, ovvero: attività didattica e formazione, coordinamento, funzioni e competenze. È da questo momento in poi che si delineano le future necessità di qualificazione del ruolo del Coordinatore, competente in attività manageriale oltre che a livello clinico e professionale.
Il Contratto Collettivo Nazionale
Il primo riconoscimento giuridico e contrattuale del Coordinatore avviene con l’art. 10 del II° biennio economico 2000-2001 del CCNL 1998 -2001 del comparto sanità: viene riconosciuta una specifica indennità economica per la funzione di coordinamento dell’attività dei servizi di assegnazione, delle attività e delle funzioni ad esse correlate, della gestione delle risorse umane e della relativa responsabilità del proprio operato.
Queste funzioni di Coordinamento vengono pertanto attribuite e riconosciute a livello contrattuale con un’indennità annuale fissa ed un’altra indennità progressiva e variabile in base a determinati coefficienti decentrati di valutazione della complessità del coordinamento (pari a € 1549,37 fisse e fino a ulteriori € 1549,37 variabili).
Il nuovo inquadramento contrattuale colloca il coordinatore all’interno della categoria D: il successivo adeguamento a categoria D, livello economico Ds avverrà solamente con il biennio economico 2002-2003 del CCNL 2002-2005. Grazie all’art. 19 viene riconosciuto il collocamento in Ds a tutti quei professionisti che esercitavano o a cui erano state riconosciute, anche con atto formale e senza il possesso della qualifica di AFD, le funzioni di coordinamento al 31 agosto 2001. Il passaggio diretto al livello economico Ds avviene dal 1 settembre 2003, grazie al sopra citato art. 19.
Solo il successivo CCNL 2006-2009, con il biennio 2006-2007, riconosce l’obbligatorietà del possesso del Master in coordinamento, a seguito del recepimento dell’art. 6, comma1, lettera b) della Legge 43/2006 che disciplina e distingue il personale laureato in:
- professionisti laureati;
- professionisti coordinatori (in possesso di master di primo livello in management e coordinamento delle professioni sanitarie);
- professionisti specialisti;
- professionisti dirigenti.
La disciplina moderna e l’evoluzione normativa e contrattuale hanno radicalmente modificato il concetto del Coordinatore infermieristico, insieme alle crescenti evoluzioni dei sistemi sanitari e delle ricadute clinico assistenziali.
Nuovi modelli organizzativi, nuovi impatti dell’Information and Communications Technology (ICT), l’evoluzione dell’Health Technology Assessment (HTA) ed, in ultimo, anche i risvolti della crisi finanziaria, hanno determinato un crescente livello di governance della figura del Coordinatore, il quale deve sviluppare il proprio livello di coordinamento all’interno di un sistema organizzativo caratterizzato da una diversa gradazione di complessità.
Le classiche regole di economia sanitaria di efficacia, efficienza ed economicità vedono sviluppare un processo di governance del coordinatore sempre più permeato dal rapporto costo/efficacia dell’unità organizzativa, del dipartimento ospedaliero e dell’intera azienda sanitaria.
Il ruolo del coordinamento e la figura del coordinatore vedono riconosciuta questa gradazione delle complessità anche attraverso una diversa retribuzione contrattualmente riconosciuta, grazie ad accordi aziendali decentrati, grazie a quantità economiche riconosciute con indennità di coordinamento parte variabile o con la corresponsione di posizione organizzativa.
Entriamo però nel merito delle complessità. Il livello di coordinamento può essere esercitato su unità organizzative semplici, complesse o trasversali. Il livello di complessità può essere determinato non solo dalla complessità delle prestazioni che devono essere esercitate all’interno dell’unità organizzativa, ma anche dalla tipologia dell’utenza, dall’emergenza del trattamento delle cure assistenziali, dal numero e dalla diversità degli operatori coinvolti, dal tipo di prestazioni erogate, dalla complessità tecnologica, dal contesto di riferimento in cui è esercitato il coordinamento (livello della struttura ospedaliera o livello territoriale) e, inoltre, dalla trasversalità del livello di coordinamento (es. blocchi operatori) e dal numero di UU.OO. coinvolte.
L’esercizio del ruolo del coordinamento comporta inequivocabilmente l’identificazione di un determinato livello di responsabilità all’interno della struttura organizzativa, che segua un articolato sistema legislativo nazionale, regionale o aziendale in maniera diretta ed indiretta.
Risulta opportuno avere una visione a tutto tondo del ruolo del Coordinatore proprio per lo sviluppo della governance, affinché sia finalizzata all’integrazione dei vari obiettivi e risultati attesi all’interno dell’organizzazione dagli stakeholders, dall’utenza, dal personale, dai medici e dal competente livello direzionale e finalizzata ad un qualitativo rapporto costo/efficacia dell’attività e delle prestazioni erogate.
Una prima visione d’insieme può essere facilmente estrapolata dalla delibera di giunta della regione Emilia-Romagna n.1706/2009, “Individuazione di aree di miglioramento della qualità delle cure e integrazione delle politiche assicurative e di gestione del rischio”.
Con questa delibera la regione Emilia-Romagna ha finalmente gettato le basi (già imbastite comunque agli albori dell’anno 2000) per un approccio gestionale e comportamentale globale alla sicurezza. Dal modello di questa delibera risultano chiaramente identificabili tutta una serie di responsabilità “a cascata” attribuite al ruolo del Coordinatore, per il suo naturale posizionamento all’interno dell’organizzazione e i vari livelli di esercizio delle competenze che mettono in primo piano la gestione globale della sicurezza.
Nel Coordinatore sono pertanto attesi i livelli di gestione della cultura sicurezza, sia del paziente sia dei lavoratori, per effetto della naturale classificazione di "preposto", ai sensi del Testo unico della Sicurezza sul lavoro D.Lgs. 81/2008.
Competenze e responsabilità del coordinatore
Nel sistema sicurezza deliberato entrano pertanto in gioco tutta una serie di competenze e responsabilità necessarie all’esercizio del ruolo: documentazione clinica e aspetti medico legali, inserimento, formazione e valutazione delle competenze del personale assegnato, sicurezza sul lavoro, qualità e accreditamento, gestione dei farmaci e degli emocomponenti, rischio infettivo, prevenzione delle cadute e degli eventi avversi, gestione del rischio (identificazione, analisi, trattamento e prevenzione del rischio e l’apprendere dall’esperienza) con l’applicazione delle raccomandazioni regionali e nazionali, gestione dei conflitti (interni e con l’utenza), gestione delle tecnologie sanitarie, della struttura e dei beni assegnati.
Insistono sulla figura del Coordinatore tutta una serie di responsabilità che, nell'ottica di questa gestione globale, sono finalizzate ad obiettivi di riduzione e contenimento della spesa e dello spreco attraverso la gestione integrata e trasversale di tutte le competenze richieste.
Basti pensare quali e quanti problemi potrebbero verificarsi con un semplice errore di somministrazione di fiala di potassio conservata in maniera non separata e distinta da altri farmaci ed un possibile scenario di configurazione di mancata gestione di attività: gestione dei farmaci, inosservanza raccomandazione ministeriale, prevenzione evento avverso, formazione del personale e diffusione delle informazioni, contenzioso legale e danno economico (non è un caso che qualche Regione abbia anche scelto una forma di autoassicurazione o la copertura assicurativa tramite broker).
Occorre richiamare, infine, per effetto del suo posizionamento all’interno dell’organizzazione, anche la responsabilità proveniente da un recente provvedimento emanato in attuazione alla legge anti-corruzione, in linea con le raccomandazioni OCSE in materia di integrità ed etica pubblica, che indica i doveri di comportamento dei dipendenti delle PA e prevede che la loro violazione è fonte di responsabilità disciplinare secondo il DPR 16 aprile 2013, n. 62, contenente il “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165” o cosiddetto Codice di comportamento dei dipendenti pubblici.
Sono tante le responsabilità che il Coordinatore esercita oltre la semplice azione di coordinamento delle attività clinico assistenziali e tante le competenze che deve sviluppare affinché il complesso sistema di congiunzione delle attività sanitarie e dell’équipe clinico-assistenziale, nelle diverse gradazioni di complessità, possa garantire a tutti i soggetti con i quali si interfaccia, interni ed esterni, i risultati attesi, nell’ottica di un miglioramento continuo.
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Redazione
22 commenti
RE - EQUIPOLLENZA
#2
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