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Malattia narrata: Esperienze di relazioni che curano

di Silvia Marcadelli

Ci siamo occupati di Nursing narrativo, nel trattamento dei nostri pazienti per chiederci che cosa il paziente vuole veramente dagli infermieri. Davide Di Prima lo racconta così. E così è stato davvero. Ed è stato prima di tutto un incontro. Un incontro di competenze e di passioni, la mia e quella di Davide, perché la passione guida il nostro modo di pensare e fare assistenza.

Narrazione: Uscire dal paradigma malattia per entrare nel concetto salute

L’urologia di Matera è uno dei fiori all’occhiello dell’Azienda Sanitaria Locale di Matera (Asm); non troppo grande, ma con eccellenze silenziose, tanto belle quanto la città che ti avvolge e conquista per la sua magia e la sua bellezza, che lascia senza fiato.

Ecco, anche questo appartiene alla mia esperienza materana durata 10 anni in cui ho vissuto da emigrata al contrario: una del nord che scende al sud e se ne innamora tanto da diventare “terrona per scelta” e con orgoglio.

Sì, è stata un’idea di Davide. Infermiere eclettico, che si occupa con passione di urologia e dei suoi assistiti con i quali instaura relazioni che curano.

Mi ha telefonato, un giorno, per chiedermi di partecipare ad un convegno, presentando una ricerca a metodologia qualitativa e visuale, in cui voleva unire le nostre reciproche passioni che convergono nell’idea di una infermieristica partecipata, professionalmente competente sul piano relazionale e sul piano tecnico.

Di urologia io non so nulla, ma conoscevo il reparto per la qualità di due persone, trasmessa quasi come mito all’interno della Asm. La prima delle due, che conoscevo, era il Dott. Di Taranto.

Ero assegnata per metà tempo lavoro al Centro Studi della Asm e il responsabile con cui collaboravo, il dott. Di Taranto, era un urologo che aveva una visione filosofica della cura che promuoveva con varie e originali iniziative sia all’interno che all’esterno dell’Azienda.

Uomo di grande cultura, aveva sviluppato questa sua sensibilità nell’ambiente urologico dove si era formato come clinico e come ricercatore e spesso raccontava dei suoi trascorsi e di quanto - ma soprattutto di come - avesse imparato ad Essere dai suoi maestri, non necessariamente medici, di quel reparto.

La seconda persona, invece, l’avevo “non” conosciuta.

Pierina Ferri, infermiera a cui è dedicato l’ambulatorio di Urologia oggi e che rappresentava per il nostro ospedale materano l’infermieristica incarnata con amore, vissuta nella più grande professionalità e agita in un silenzio che mi ha colpito per il suo desiderio di essere tumulata con la divisa.

L’ho ancora davanti agli occhi l’immagine composta di Pierina nella sua bara, che indossa l’orgoglio del suo essere infermiera fin oltre la vita

Era stata la sua scelta, nella sua ultima notte quando aveva avuto modo di organizzare il saluto ai suoi cari dopo una lunga malattia, affrontata nella fiducia dell’assistenza erogatale dai suoi stessi colleghi nei quali si rispecchiava, anche quando erano molto diversi da lei.

Io non la conoscevo e non ho avuto questo onore, ma sono andata per l’ultimo saluto, più per stare vicino al marito Pino, collega che invece ho conosciuto meglio. Ho dedicato il mio unico articolo su di un blog dalla vita brevissima - intitolato “Quando si dice amore” - a Pierina.

E quando ho saputo che le veniva dedicato l’ambulatorio di Urologia, nel quale è affissa una targa col suo nome mi sono sentita come appagata, come ci si sente dopo aver ottenuto giustizia.

Così, con questo stato d’animo di soggezione, ho iniziato a progettare insieme a Davide l’applicazione del nursing narrativo in relazione, durante le sedute di neuromodulazione del nervo tibiale posteriore per la riabilitazione del pavimento pelvico in pazienti con SM.

Due dilettanti allo sbaraglio, io e Davide, dal punto di vista cinematografico: un telefonino malfermo, ma pazienti disponibili e desiderosi di raccontarsi.

Due appassionati infermieri, io e Davide, desiderosi di capire, di interrogarsi, di mettersi in discussione vicino ed insieme ai nostri assistiti.

Così è nato il filmato, montato in casa e presentato al II° Update su Sclerosi multipla e disturbi urologici del settembre 2014.

Per me, la seconda esperienza di ricerca a metodologia narrativa nella Asl Matera. La prima l’avevo condotta nell’ambulatorio di Pneumologia, per comprendere la differenza di genere nei vissuti di malattia che fu presentata a Forum Sanità nel 2010 ed è stata pubblicata sul n.1 di Medicina Narrativa.

Nursing narrativo, tra storie di malattie e orizzonti di senso

La narrazione è un esempio di come le persone strutturano linguisticamente il loro mondo e ne ricostruiscono il senso: questo è soprattutto vero nella storia di malattia. Per questo motivo, il metodo narrativo fornisce strumenti di particolare interesse per le scienze sociali e, in questo specifico, per la medicina e l’assistenza infermieristica.

L’importanza dell’approccio narrativo è data dal fatto che è possibile trovare una consolazione nella narrativa che non è data dalla felice conclusione del racconto, bensì dalla conoscenza della situazione che, una volta resa comprensibile, diventa sopportabile (Bruner 1991), poiché è collocabile in un personale orizzonte di senso.

All’interno di una relazione, l’identità delle persone che interagiscono è definita da una narrazione: ognuno si racconta a sé stesso ed agli altri in un determinato modo. Così gli assistiti si raccontano al professionista sanitario e questa narrazione è presentata come la descrizione vera e completa di chi la racconta.

Ma anche i professionisti si raccontano nella relazione dialogica del qui e ora, in cui si sviluppa l’assistenza e da questo l’assistito costruisce la sua percezione di come non solo il professionista si rappresenta, ma anche che immagine di lui, assistito, il professionista gli restituisce (una persona, un numero, un problema, un oggetto e via di seguito).

La relazione di cura diventa così una rete di prospettive che, partendo da un incontro e un dialogo, fanno diventare le “storie di malattia” “storie di cura” a costruzione congiunta nello svolgersi dell’assistenza sanitaria (Charon 2001).

La narrazione, nell’ambito delle cure mediche e dell’assistenza infermieristica, sta acquistando un ruolo d’importanza crescente come metodo per indagare, fare ipotesi, come punto di incontro tra professionisti e persone che partono da impostazioni concettuali e tradizioni di pensiero diverse. Dunque, la narrazione non è solo un modo di parlare che riguarda gli assistiti ma può divenire uno stile di relazione che coinvolge anche il rapporto tra sanitari (Virzì e Signorelli 2007).

Malattia narrata: Esperienze in neuromodulazione nervo tibiale posteriore

Da un punto di vista operativo abbiamo selezionato degli assistiti che hanno usufruito del trattamento di neuromodulazione del nervo tibiale con sintomi da vescica iperattiva in Sclerosi Multipla, disponibili a raccontarsi e a lasciarsi filmare, anche se poi si sono accorti che era meglio che il loro volto non si vedesse (hanno espresso il loro consenso, raccolto anch’esso in forma narrativa all’intervista, ad essere filmati e alla riproduzione delle immagini).

Abbiamo raccolto, quindi, le interviste narrative, video registrandole in corso di seduta e siamo riusciti a valorizzare e focalizzare sia i vissuti di malattia, sia il ruolo della relazione assistenziale incontrata durante tutto il decorso del loro percorso diagnostico terapeutico.

Così nel dispiegarsi di uno stare insieme in “un qui e ora” di reciproca attenzione, la ricerca stessa si è trasformata in intervento assistenziale.

Sono state intervistate in tutto tre persone: due uomini ed una donna, affetti da SM con diversa stadiazione di malattia e diversa esperienza diagnostica. Con la nostra indagine siamo riusciti a mettere in luce e comprendere, oltre all’efficacia percepita dell’intervento terapeutico di neuromodulazione tibiale, il ruolo degli infermieri nel panorama dell’esperienza di malattia delle persone assistite.

Anche in queste poche interviste in cui emerge un vissuto diversificato, viene espresso con molta chiarezza la percezione soggettiva dell’efficacia della tecnica di cura e l’aspettativa sul ruolo degli attori della cura.

La tecnica applicata della Neurostimolazione del nervo tibiale posteriore, ha mostrato una sua ricaduta positiva in un più ampio contesto, oltre quello del beneficio dato per il controllo dell'incontinenza urinaria da urgenza.

Agisce, infatti, sul piano della creazione di una relazione prolungata e continuativa che promuove, proprio per la prossimità che si crea nella durata delle sedute, una relazione di comprensione empatica che allarga lo spettro delle possibilità relazionali, in una dinamica di umano divenire (Rizzo Parse 2007).

Le nostre conclusioni sono state di grande soddisfazione, soprattutto per gli esiti più a lungo termine che hanno avuto sul piano relazionale, poiché l’infermiere pur esprimendo sia competenze di base che competenze avanzate sul piano clinico, ne esprime altrettante sul piano umano potendo costruire con gli assistiti di cui si occupa una relazione che ridona senso alla interruzione autobiografica causata dalla malattia.

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