Le persone che non sanno cosa significhi lavorare in un reparto di terapia intensiva potrebbero pensare che, poiché ci sono così tanti pazienti che passano per il reparto, non possiamo ricordarli tutti. Ma io ricordo bene, forse non tutti i nomi, ma sicuramente tutti i volti e gli sguardi (Diario 19, infermiera). Così una delle 518 note raccolte in 48 diari digitali che fanno parte di uno studio qualitativo con il quale Alessandro Galazzi, professore associato di Scienze Infermieristiche del Dipartimento di Medicina e Chirurgia presso l'Università LUM-Libera Università Mediterranea “Giuseppe Degennaro” di Bari, ha ricevuto il premio per la migliore ricerca condotta nelle scienze infermieristiche 2024 . Il riconoscimento, conferito dalla Società Italiana di Scienze Infermieristiche (Sisi), è stato attribuito all'articolo “Thematic analysis of intensive care unit diaries kept by staff:insights for caring” condotto insieme alla dott.ssa Martina Bruno che, attraverso un'analisi tematica, ha esplorato i temi più ricorrenti contenuti nei diari digitali di terapia intensiva tenuti dal personale sanitario mentre si prendeva cura dei pazienti adulti ricoverati per almeno 48 ore, a causa soprattutto di difficoltà respiratorie, durante la pandemia di coronavirus.
Analisi tematica dei diari di terapia intensiva tenuti dal personale
Alessandro Galazzi, professore associato di Scienze Infermieristiche presso l'Università LUM di Bari, ha ricevuto il premio per la migliore ricerca condotta nelle scienze infermieristiche 2024.
Nello studio monocentrico, condotto nel 2021 da un gruppo di lavoro multidisciplinare in due terapie intensive della Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico di Milano ed approvato dal comitato etico, si possono trovare spunti di riflessione per migliorare e personalizzare l'assistenza nelle cure critiche .
I diari raccolti descrivono infatti non solo eventi clinici, ma esprimono anche intense emozioni e raccontano sentimenti, compresi quelli dell'addio . Come ampiamente dimostrato in letteratura da numerosi studi precedenti, tali diari rappresentano uno strumento per umanizzare la terapia intensiva , considerando il paziente dapprima come persona. Sono altresì strumenti a basso costo, poiché basta davvero poco: un quaderno di carta tenuto accanto al letto o una registrazione digitale accessibile da altri dispositivi elettronici, a cui si possono allegare foto o immagini.
Dallo studio risulta che, sebbene all'iniziativa abbiano partecipato anche medici ed altri professionisti dello staff (fisioterapisti, assistenti sanitari, perfusionisti), sono stati soprattutto gli infermieri a sentirsi coinvolti nella scrittura di un diario (82,6% dei partecipanti), annottando ben 428 voci su 518, intendendolo come la stesura di una narrazione di ciò che stava accadendo ai loro pazienti incoscienti gravemente malati.
Dalla lettura delle varie note emerge che gli infermieri si rivolgono direttamente al paziente in uno stile empatico e riflessivo usando un linguaggio quotidiano. Documentano lo stato di salute descrivendo gli eventi clinici, incluse le procedure mediche ed infermieristiche, ma descrivono anche situazioni ed ambienti in cui il paziente potrebbe trovare riconoscimento.
Presentandosi spesso come “il tuo infermiere” , essi raccontano di luoghi e persone, spiegano il motivo del soggiorno in terapia intensiva e le ragioni per cui è necessario scrivere un diario del genere ossia aiutare a ricostruire il periodo di tempo trascorso lì.
Narrano la prima volta che il paziente mangia, muove le gambe fuori dal letto o si trasferisce su una sedia a rotelle. La cura del corpo, l'igiene, il lavaggio e il taglio di capelli, l'estubazione, il risveglio dalla sedazione, dalla posizione prona o dalla tracheostomia sono raccontati come grandi passi e buone notizie.
Oltre agli eventi ospedalieri, nelle note si trovano anche gli eventi fuori dall'ospedale, dall'attualità al meteo ai fatti familiari, nonché auguri di guarigione ed incoraggiamenti. Anche se nessuno avrebbe potuto leggerli, ci sono anche saluti ed addii nelle cure di fine vita a pazienti morenti.
In caso di morte del paziente ci sono poi annotazioni intime che, riportando la consapevolezza di aver fatto tutto il possibile per curarlo senza mai averlo lasciato solo, sembrano scritte dagli infermieri per sé stessi.
A volte brevi descrizioni a volte più dettagliate, le voci del diario non sono quindi un rapporto clinico senza termini medici, quanto piuttosto una raccolta di note che descrivono la degenza del paziente dal punto di vista del sanitario scrittore.
Gli infermieri delle due terapie intensive hanno scritto le note sul diario durante il turno di lavoro, soprattutto di notte quando il carico di lavoro è più leggero e c'era più tempo per scrivere, firmandole oppure lasciandole anonime. I diari sono stati creati e mantenuti in formato digitale in una sezione specifica all'interno delle cartelle cliniche elettroniche e le note sono state stampate alla dimissione del paziente.
Tali diari sono stati generalmente accolti favorevolmente dai pazienti e dai familiari perché consentono di valutare il recupero della salute e di raccontare la propria esperienza. L'obiettivo principale è aiutare i pazienti a riprendersi durante e dopo una malattia critica.
Leggendo le pagine di un diario essi possono comprendere meglio le proprie percezioni ed orientare la memoria dei fatti in un evento sconvolgente come può essere la perdita della salute e un ricovero in terapia intensiva durante il quale si possono sperimentare problemi fisici, cognitivi, psicologici e sociali.
Considerando che tale disagio potrebbe persistere anche dopo la dimissione e coinvolgere persino i familiari che possono soffrire di ansia, depressione e stress post-traumatico, prendersi del tempo per scrivere un diario indirizzato ad un paziente in coma o sedato - da leggere al risveglio o che la famiglia potrebbe leggere dopo la morte del paziente - dovrebbe essere conteggiato per il personale sanitario come tempo di cura.
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