La gestione della prevenzione delle cadute continua ad essere uno degli aspetti più impegnativi nell’applicare in sicurezza i percorsi clinico-assistenziali non solo per l’alta frequenza, ma soprattutto per il significante impatto sugli anziani, i familiari e il personale sanitario. I sistemi sanitari e le organizzazioni da diversi anni focalizzano i loro sforzi nella prevenzione e gestione dei danni da caduta soprattutto nella popolazione anziana e fragile. La caduta rappresenta un evento comune e spesso dannoso nelle persone anziane specialmente quelle affette da demenza ed è la maggior causa di ospedalizzazione e istituzionalizzazione. Circa il 40% degli anziani cade almeno una volta all’anno e molti più di una volta.
Il 78% delle cadute è prevenibile per fattori di rischio identificabili
La caduta è definita come un improvviso, non intenzionale, inaspettato spostamento verso il basso dalla posizione ortostatica, o assisa o clinostatica
. La caduta costituisce un evento terribile per l’anziano, non solo per le conseguenze in termini di disabilità, ma anche per le ripercussioni psicologiche come, ad esempio, la perdita di sicurezza con conseguente paura di cadere che può accelerare il declino funzionale e indurre stati ansiosi e portare ad isolamento sociale.
Le cadute sono eventi prevenibili tramite la rilevazione di alcuni elementi, come appositi strumenti di lavoro che associati a valutazione clinica, assistenziale e globale consentono agli operatori sanitari di adottare le opportune azioni preventive. È stimato che il 78% delle cadute è prevenibile per i fattori di rischio identificabili del paziente.
Negli uomini le lesioni che portano al decesso a causa della caduta sono prevalentemente traumi cranici (29%) e fratture degli arti inferiori (29%), mentre nelle donne la frattura degli arti inferiori (68%).
La “Near Fall” (quasi caduta) rappresenta l’improvvisa e inattesa perdita dell’equilibrio che non esita in caduta o altro danno. Sono incluse in questa categoria persone che inciampano, scivolano e/o fanno un passo falso, ma che riescono a recuperare il controllo dell’equilibrio prima di cadere.
In Italia si verificano ogni anno circa 3-4 milioni di incidenti molti dei quali sono causa di gravi traumi e danni che portano l’anziano colpito a disabilità, ricoveri e molto spesso anche a mortalità. Tra il 1998 e il 2000 in Europa 20 milioni di anziani sono stati vittima di incidenti da caduta con oltre 5 milioni di ricoveri e 56mila morti.
Circa il 28-35% delle persone di 65 anni ed oltre cade ogni anno; tale percentuale arriva fino al 42% negli ultrasettantenni. La frequenza delle cadute incrementa quindi con l’invecchiamento e la conseguente fragilità. La popolazione over 80 continua a crescere in fretta e si ipotizza che entro il 2050 rappresenterà circa il 20% della popolazione anziana.
Le spese mediche legate alle cadute rappresentano nei Paesi occidentali, circa il 5% della spesa sanitaria complessiva. L’incidenza negli anziani residenti nelle R.S.A. è circa tre volte maggiore che nella popolazione anziana che vive a domicilio.
Categorie di cadute
Le cadute si possono dividere in diverse categorie:
- Cadute prevedibili: accadono in pazienti che sono ad alto rischio di caduta
- Cadute non prevedibili: cadute che non possono essere previste a priori prima della loro comparsa
- Cadute accidentali: possono essere attribuite a fattori ambientali
Con il termine “presbiastasia” ci si riferisce ad alterazioni strutturali e fisiologiche conseguenti all’invecchiamento delle strutture implicate nel mantenimento dell’equilibrio. Il declino fisiologico di tali strutture varia da persona a persona, ma può essere accelerato da periodi di immobilità forzata, da patologie dell’orecchio medio o da cadute.
La “basofobia”, invece, è la paura di cadere e consiste nel timore persistente, anormale e ingiustificato di camminare e scivolare o proprio cadere, non riuscendo a tenersi in piedi. Le cadute non sono completamente prevenibili, ma il rischio caduta può essere ridotto con interventi che hanno dimostrato una buona efficacia.
Principali fattori di rischio di caduta
I fattori di rischio sono delle condizioni che concorrono ad aumentare la probabilità che si verifichi un evento dannoso per la salute della persona. Essi vengono differenziati in intrinseci ed estrinseci. I fattori di rischio intrinseci riguardano dati anagrafici, patologie della persona, co-morbilità ed eventuale trattamento farmacologico. Quelli estrinseci, invece, riguardano tutti quegli aspetti relativi alla struttura e/o al domicilio ovvero condizioni ambientali ed ergonomiche e ausili utilizzati.
Fattori Intrinseci
Fattori epidemiologici
- Età maggiore o uguale a 65 anni
- Anamnesi cadute pregresse
- Deterioramento dello stato mentale e delle funzioni neuromuscolari
- Incontinenza
- Recente aumento dell’uso di farmaci
- Dipendenza nelle attività di vita quotidiana
- Patologie del piede
- Paura di cadere, instabilità posturale e difficoltà nella deambulazione
- Problema di mobilità e/o equilibrio
- Deficit visivo/uditivo
- Malnutrizione e obesità
- Patologie degenerative, cognitive (Parkinson, Osteoporosi, Artrite) e metaboliche (diabete)
Fattori situazionali
- Distrarsi durante la deambulazione
- Urgenza minzionale/fecale
- Urgenza situazionale (rispondere al telefono, rispondere al citofono)
Fattori farmacologici
- Gli antipertensivi inducono ipotensione ortostaticaSedativi inducono sedazione e confusione mentale
- Antidepressivi (astenia, sedazione)
- Ipoglicemizzanti possono causare ipotensione, tremori, confusione
- Neurolettici possono portare ad effetti extrapiramidali come movimenti involontari, tremori, rigidità, irrequietezza motoria, rallentamento dei riflessi, lentezza nei movimenti
- Lassativi inducono ipotensione, gonfiori, crampi
Fattori estrinseci
Fattori ambientali ed ergonomici
- Bagno collocato al di fuori della camera, water troppo basso
- Insufficiente spazio nella deambulazione
- Uso di ausili per la deambulazione, uso di calzature aperte, inadeguate o mancanti
- Illuminazione degli ambienti, presenza di tappeti nelle stanze, pavimenti e scale scivolose
- Difficoltà nel raggiungere pulsante di chiamata o campanello
- Animali domestici
- Mancanza di corrimano, gradini troppo alti o stretti
- Abbigliamento (vestaglie, pantaloni troppo lunghi)
- Mancanza di tappetini anti-scivolamento nella doccia o nella vasca
Strumenti per individuare persone con alto rischio di caduta
Per individuare i pazienti a rischio e poter instaurare un vero e proprio percorso di educazione terapeutica sono messi a disposizione dell’operatore degli strumenti quali: scale di valutazione dell’autonomia del paziente, scale volte all’inquadramento del rischio caduta e della mobilità, scale di valutazione ambientali, valutazione multifattoriale.
Prima di attribuire un punteggio relativo al rischio bisogna eseguire una valutazione multidimensionale della persona, che includa:
- Storia di cadute precedenti
- Valutazione dell’equilibrio
- Andatura, mobilità e debolezza muscolare
- Valutazione del rischio di osteoporosi
- Valutazione della capacità funzionale percepita dalla persona anziana e della paura di cadere
- Valutazione di eventuale deficit visivo
- Valutazione di deficit cognitivi ed esame neurologico
- Valutazione dell’incontinenza urinaria
- Valutazione di pericoli nell’ambiente domestico
- Esame cardiovascolare e revisione dei farmaci assunti
In RSA l’attribuzione di una classe di rischio è impegno e dovere delle figure professionali prefissate come medici, infermieri e fisioterapisti.
Principalmente si prendono in considerazione 4 scale di assessment: la Tinetti, la Conley, la scala Stratify e la scala Morse.
Prevenzione delle cadute
La prevenzione delle cadute si basa su strategie volte a ridurre il rischio di caduta. Queste comprendono l’educazione, l’esercizio fisico e la valutazione multidimensionale. Le strategie si rivolgono alla persona con più di 65 anni autonoma, ma anche al caregiver.
È stato dimostrato che l’informazione previene e riduce le cadute. Si possono offrire degli incontri con le persone a rischio e/o i loro familiari, tenuti da infermieri e finalizzati all’educazione su come prevenire il rischio di caduta, ad accrescere l’autostima e diminuire la paura di cadere.
La partecipazione a questi incontri potrebbe essere proposta anche nell’ambito territoriale dagli infermieri di famiglia che hanno in cura pazienti potenzialmente a rischio. Si offre quindi la possibilità di chiarire quali sono le strategie da adottare e le incertezze che potrebbero ostacolare l’adesione a questi programmi. Bisogna ricordare che non è necessario limitare le proprie attività ma stare più attenti nella loro esecuzione.
Test di Romberg semplificato
Serve a valutare la capacità della persona nel mantenere l’equilibrio ed è composto da quattro esercizi di difficoltà crescente ciascuno della durata massima di 30 secondi. Ricopre una particolare importanza l’esecuzione del 4° livello in quanto solo una piccola percentuale della popolazione non riesce a superare almeno i primi due.
La persona deve eseguire consecutivamente i quattro esercizi possibilmente senza scarpe. Il test viene interrotto quando si ha un cambiamento nella posizione dei piedi, l’abbassamento delle braccia, l’apertura degli occhi. Il test va effettuato in un ambiente tranquillo cosicché la persona possa concentrarsi pienamente sulle prove che deve svolgere.
Valutando il 4° livello, se la durata del test è inferiore ai 20 secondi il rischio di caduta è di 3-4 volte superiore a una durata maggiore o uguale a 30 secondi; inoltre 20 secondi è considerato un valore critico per il rischio cadute che si triplica se il test viene interrotto durante uno dei primi 3 esercizi.
Test “Timed Up and Go” (TUG)
Si utilizza per identificare le persone a rischio caduta e per valutare la mobilità e l’equilibrio. Si richiede alla persona di sedersi su una sedia con la schiena poggiata il più possibile allo schienale e le braccia poggiate sui braccioli. Al “via”, il partecipante deve alzarsi dalla sedia, percorrere una distanza di 3 metri a una velocità che ritiene normale, girarsi, tornare alla sedia e sedersi nuovamente. È importante specificare alla persona che la velocità con cui cammina deve essere quella abituale in quanto l’obiettivo del test è proprio misurare la velocità quotidiana.
Interpretazione
- Tempo impiegato per l’esecuzione del test ≤ 10 secondi: l’anziano riesce a muoversi liberamente e autonomamente
- Tempo impiegato per l’esecuzione del test > 10-20 secondi: l’anziano presenta mobilità limitata
- Tempo impiegato per l’esecuzione del test > 20-30 secondi: l’anziano presenta diversi problemi di equilibrio e camminata
- Tempo impiegato per l’esecuzione del test > 30 secondi: l’anziano ha bisogno di un ausilio o di un sostegno per camminare
Test di velocità di camminata
La velocità di camminata è correlata con lo stato di salute generale della persona ma anche con il rischio di cadute. Si chiede alla persona di camminare alla sua velocità normale su un tragitto di 20 metri; di questi 20 metri 5 servono per l’accelerazione e 5 per la decelerazione e quindi la velocità viene valutata costantemente su un tratto di 10 metri ed è qui che viene preso il tempo.
La velocità di camminata viene misurata in metri al secondo. In generale una velocità superiore a 1 metro al secondo può essere considerata normale, mentre a una velocità minore di 1 metro al secondo è correlata una perdita dell’autonomia.
Test di forza delle gambe (Chair Stand)
Serve ad analizzare la forza delle gambe. Si chiede al partecipante di sedersi su una sedia con le braccia incrociate sul petto e al “via” di alzarsi e risiedersi per 5 volte il più velocemente possibile. L’esecuzione in tempi compresi tra 11 e 15 secondi aumenta il rischio caduta, mentre tempi maggiori o uguali a 16,7 secondi rappresentano la parte di popolazione con le prestazioni più deboli.
È consigliata l’esecuzione di questi esercizi in gruppo sotto la supervisione di un professionista. Allenarsi con altre persone rende l’attività fisica più piacevole e invoglia la persona a proseguire con il piano di allenamento.
I gruppi ideali sono formati da 10-13 partecipanti. Per quanto riguarda i livelli medio e avanzato si consiglia di affiancare anche un allenamento individuale personalizzato a casa. Bisogna allenarsi con regolarità e costanza per prevenire in modo duraturo il rischio di cadute. L’allenamento dovrebbe durare circa mezz’ora.
A seguito di ogni valutazione periodica in base ai risultati dei vari test si valuta se la persona può passare a una classe più avanzata o meno e una volta raggiunto il livello più alto per ottenere progressi è necessario aumentare il carico per mantenere l’efficacia.
BASE | MEDIO | AVANZATO | |
Sedute di allenamento | 2 in gruppo | 2 in gruppo + 1 a domicilio | 1 in gruppo + 1 a domicilio |
Valutazione | Ogni 3 settimane | Ogni 6 settimane | Ogni 9 settimane |
Criteri |
Romberg: livelli 1-2 TUG: >20 secondi Velocità di camminata: 20-50 secondi Forza delle gambe: >16 secondi |
Romberg: livelli 2-3 TUG: 10-20 secondi Velocità di camminata: 12-16 secondi Forza delle gambe: 11-15 secondi |
Romberg: livelli 3-4 TUG: <10 secondi Velocità di camminata: 7-10 secondi Forza delle gambe: <11 secondi |
Si procede con valutazioni extra in caso di caduta, insorgenza di nuove patologie, cambio della terapia. In RSA l’ambiente è più protetto e controllato rispetto al domicilio e l’applicazione dei protocolli da parte del personale sanitario riduce il rischio cadute. Si riportano di seguito alcuni punti chiave.
Sicurezza ambientale in RSA
Per quanto riguarda la sicurezza ambientale i pavimenti non devono essere umidi e quindi scivolosi e/o sconnessi, i corridoi, dovrebbero essere dotati di corrimano e non ci dovrebbero essere oggetti/mobili che aumentano il rischio di cadere, deve esserci il corrimano in presenza di scale e i gradini devono essere antiscivolo, i bagni devono consentire il passaggio delle carrozzine e gli spostamenti del paziente e devono esserci adeguati supporti come maniglie, l’altezza del letto deve essere tale per cui si possano poggiare facilmente i piedi a terra, il campanello deve essere sempre vicino alla persona.
Gli ambienti devono essere adeguatamente illuminati soprattutto la notte e quindi gli interruttori devono essere facilmente accessibili. Gli ausili per la deambulazione devono essere sottoposti regolarmente a manutenzione.
Nell’ambito della terapia farmacologica i pazienti in terapia con farmaci psicotropi e le associazioni di 4 o più farmaci devono essere monitorati per il rischio di cadute che è aumentato. Paziente e caregiver devono essere informati degli effetti della terapia con farmaci a rischio. Insegnare all’assistito e alla sua famiglia ad utilizzare correttamente i presidi per la deambulazione che comunque dovrebbero essere accessibili. La contenzione non deve essere mai utilizzata per sostituire l’osservazione.
La ginnastica, se il paziente è allettato, viene sostituita con esercizi passivi effettuati in collaborazione con il fisioterapista; mentre se la condizione fisica della persona lo consente, si consiglia di creare piccoli gruppi di allenamento in cui si eseguono degli esercizi di mobilizzazione attiva sotto la supervisione di un professionista.
È importante ricordare che l’evento caduta va sempre segnalato compilando una scheda. La compilazione deve avvenire sia da parte del medico che dell’infermiere che descrivono in modo esauriente l’episodio anche se non ha causato un danno al paziente. Le segnalazioni verranno analizzate e agli operatori verranno restituite informazioni, riflessioni e possibili soluzioni.
La formazione del personale è fondamentale sia nell’ambito della prevenzione delle cadute, sia per quanto riguarda come agire in seguito all’evento. Nei programmi di formazione del personale è importante sviluppare competenze il cui obiettivo è l’eliminazione dei fattori di rischio anche con il supporto del paziente e dei familiari e migliorare la gestione delle cadute.
Stakeholder
Nel contesto dell’educazione e prevenzione delle cadute presso il domicilio e le RSA è importante eseguire un lavoro di educazione rivolto alle persone autonome e ai caregiver. Educare vuol dire insegnare quello che è il prestare attenzione a tutti i fattori di rischio presenti nella quotidianità che, come abbiamo visto in precedenza, sono molti e ci circondano quotidianamente.
Una volta iniziata l’educazione è importante considerare anche tutte quelle figure che gravitano attorno alle cadute, che siano a domicilio, che siano nelle RSA, che riguardino un anziano autonomo o una persona assistita da un caregiver, per questo abbiamo preso in considerazione gli stakeholder.
Chi sono gli stakeholder?
Il termine indica letteralmente i “portatori di interesse”, nello specifico i gruppi o gli individui che hanno una “posta in gioco” (stake) di qualche tipo vincolata alle decisioni prese da una specifica azienda. La prima definizione si ebbe nel 1963, per arrivare nel corso degli anni a quella che è una divisione netta degli stakeholder, a partire dalle teorie di Freeman, Clarkson (1995) ricava la suddivisione in:
- Stakeholder primari: i gruppi senza la cui partecipazione continua l’impresa non potrebbe sopravvivere
- Stakeholder secondari: coloro che influenzano o sono influenzati dall’impresa, ma non sono impegnati in transazioni con essa e non sono essenziali per la sua sopravvivenza
Gli Stakeholder hanno la capacità di mobilitare l’opinione pubblica a favore o contro le performance di un’impresa e possono provocare gravi danni ad essa. Prendendo quindi in considerazione quella che è la nostra mission, si possono riscontrare i seguenti stakeholder:
Stakeholder primari
- Familiari (è nel loro interesse che l’azienda sanitaria offra prestazioni rivolte ai loro bisogni ed è per questo motivo che ricercano soddisfazione dai servizi proposti)
- Cittadini (sono partecipanti attivi alla sanità con il pagamento delle tasse, e come fruitori di un servizio che può non interessarli nell’immediato)
- Azienda sanitaria (deve creare e offrire una gamma di prestazioni che interessino tutta la collettività, deve suddividere l’offerta a seconda delle categorie, ma deve soddisfare tutti)
Stakeholder secondari
- Associazioni di volontariato
- Sindacati (possono essere chiamati ad intervenire quando sia necessario tutelare una figura professionale che è stata chiamata in causa a seguito di un eventuale danno provocato al paziente)
Il coinvolgimento di tutti questi soggetti permette di stabilire un sistema integrato per la gestione del rischio clinico, acquisendo la consapevolezza dei pericoli al quale il soggetto a rischio può essere sottoposto.
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