Certe volte sembra il rumore di una porta che sbatte. Però sbatte strana, tant’è che spesso ci guardiamo tutti in silenzio per qualche secondo. Altre volte cascano proprio i calcinacci e i vetri. E lì non ci sono dubbi. Oppure, come ieri, non senti proprio niente. Niente vibrazioni dei vetri, niente botta sorda. Ma quello che viene dopo non cambia. Mass casualty le chiamano in inglese. Maxi emergenze in italiano. Mia madre, che è una donna semplice, direbbe che è un macello
. Inizia così il post di un infermiere di Emergency che sta facendo il giro del web.
Quando gli infermieri raccontano il rumore della guerra: Il post di Emergency
La guerra. La guerra è una delle barbarie umane più difficili da spiegare ad un adulto, figuriamoci pensare di doverla spiegare ad un bambino.
Ma è proprio questa la domanda che, alle 3 di notte, dopo una giornata in un Pronto soccorso che diventa un mattatoio
prevale sulle altre per Roberto, infermiere di Emergency: Come racconterei a mio figlio quello che vedo?
Come si può raccontare una fila di sacchi bianchi al cancello, decine di persone che corrono da una parte all’altra, scivolano sul sangue, schivano barelle
? Come si spiega la tragedia di un uomo su una barella che viene giudicato “non salvabile” e sta lì, in un angolo del Pronto soccorso da solo, col cervello che gli cola sul lenzuolo, che respira appena
. E tu sai che devi dare assistenza a chi di speranze ne ha, però la coda dell’occhio ti dice che un po’ si muove, un po’ respira. Ed è lì. Ed è da solo. E la coda dell’occhio non si stacca da lui
.
Difficile spiegare quella sensazione di apnea che ti avvolge la testa come fosse sott’acqua quando dopo l’ennesima esplosione ne sono arrivati più di 40, tutti insieme
e poi domenica pomeriggio altra esplosione. Altra mass casualty, altro macello, per le persone normali (…) Giusto il tempo di riprendersi dalla prima – continua il post sulla pagina Facebook di Emergency – di ragionare sui numeri, sui pazienti, sul da farsi. Giusto il tempo di far riprendere i ragazzi locali dalla fatica dei turni in più, dalle ore in più passate nei reparti a gestire l’afflusso, dal rifornimento dei materiali, dalla distribuzione dei pazienti per trovare un posto adeguato per tutti. E giù di nuovo
.
La guerra. La guerra ha dei rumori, dei colori e degli odori tutti particolari, per un infermiere.
Il rumore della guerra non sono le urla o i pianti. Il rumore della guerra è quello di un ragazzo di 22 anni, ieri sera, con metà intestino di fuori. È un rantolo, un gorgoglio debole dalla bocca che esce a malapena. È il suono metallico di una scheggia di ferro arrugginita, grossa come una chiave inglese, che butti in terra dopo averla tolto da una gamba
Ecco come Roberto spiegherebbe la guerra a suo figlio. A lui direbbe che la puzza della guerra sa di sangue bruciato, di polvere da sparo. E di merda. Perché quella c’è nei visceri
e a lui spiegherebbe il valore di una cosa sacrosanta di fronte a tanta tragedia: il valore del silenzio.
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