Rianimazione
La Corte d’Appello di Perugia ha assolto i tre medici (due medici sociali delle squadre e il sanitario del 118) che erano stati condannati per omicidio colposo in relazione alla morte di Piermario Morosini, calciatore del Livorno scomparso a 26 anni il 14 aprile del 2012 durante la partita di Serie B disputata a Pescara.
Assolti i tre medici imputati per la morte sul campo del calciatore Morosini
La tragedia risale al 14 aprile del 2012, quando durante la partita di serie B Pescara-Livorno, disputatasi allo stadio Adriatico, al 29’ del primo tempo Morosini si accasciava improvvisamente a terra.
Negli immediati e concitati momenti successivi, sopraggiunsero in suo soccorso dapprima M.P. (medico del Livorno), seguito da E.S. (medico del Pescara) e V.M. (medico del 118).
Le immagini dei fatti mostrano come non venne utilizzato il defibrillatore (portato in campo da un equipaggio della Croce Rossa) e come non venne effettuata nessuna manovra rianimatoria in campo, se non l’utilizzo del pallone autoespandibile.
Solamente una volta caricato in ambulanza (giunta con qualche secondo di ritardo in quanto bloccata da un’auto delle Forze dell’ordine) M.P. iniziava la rianimazione cardiopolmonare. Nonostante ciò, Morosini moriva all’ospedale di Pescara e l’autopsia effettuata sul giocatore stabiliva come causa della morte una cardiomiopatia aritmogena.
Per le carenze nelle procedure di soccorso i due medici sociali delle squadre e il sanitario del 118 erano stati condannati in primo grado dal giudice monocratico del Tribunale di Pescara e in secondo grado dalla Corte d’Appello dell’Aquila: un anno di reclusione a V.M. e otto mesi di reclusione ciascuno per M.P. e E.S.
Si è giunti così in Cassazione, che lo scorso 10 aprile aveva annullato la sentenza di condanna emessa in primo grado e confermata poi dalla Corte d’Appello, disponendo il rinvio presso la Corte d’Appello di Perugia per un nuovo giudizio. Secondo la Cassazione, le valutazioni espresse nella sentenza di condanna e poste alla base della ritenuta sussistenza del nesso di derivazione causale tra le condotte dei sanitari e la morte improvvisa del giovane calciatore
, risultavano da un lato carenti e dall’altro inficiate da aporie logico-argomentative
.
Gli ermellini osservarono, inoltre, che nella sentenza d’appello non sono state considerate le condizioni di concitazione e urgenza, in cui si svolse l’azione di soccorso, nella prospettiva della concreta esigibilità di una condotta diversa da parte dei medici
.
La corte d’appello di Perugia, accogliendo i rilievi della Cassazione, ha così deciso di assolvere i tre medici imputati.
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