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Terapia Intensiva

Ammissioni non programmate in terapia intensiva

di Redazione

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Più del 50% dei pazienti ricoverati nei reparti ordinari riceve un trattamento al di sotto dello standard previsto prima dell’ammissione in Terapia Intensiva (TI) e il 41% di questi ricoveri potrebbe essere evitato. L’adozione di protocolli di monitoraggio dei parametri vitali nei reparti di area non critica diventano indispensabili al riconoscimento dei segni e sintomi di peggioramento che permettono di iniziare interventi meno invasivi effettuabili anche in reparti di base consentendo l’individuazione dei pazienti che potrebbero beneficiare di un approccio intensivo più precoce.

Monitoraggio parametri vitali e ammissioni non programmate in TI

infermiere di terapia intensiva

La maggior parte dei pazienti le cui condizioni evolvono in arresto cardiaco inaspettato, hanno un esisto infausto: la comorbilità è uno dei fattori che condiziona negativamente la sopravvivenza.

I dati epidemiologici stimano un’incidenza dell’arresto cardiaco intraospedaliero compresa tra 1 e 5 eventi/1.000 ricoveri/anno. Molti di questi eventi sono potenzialmente prevenibili e prevedibili; studi osservazionali suggeriscono che il deterioramento clinico è spesso preceduto da cambiamenti dei parametri vitali tra le 6 e le 24 ore prima di un evento avverso serio, fino all’84% dei casi il deterioramento è nelle precedenti 8 ore; per primo inizia a variare la frequenza respiratoria, la frequenza cardiaca, la saturazione periferica dell’ossigeno e lo stato di coscienza.

È stato ampiamente dimostrato che più del 50% dei pazienti ricoverati nei reparti ordinari riceve un trattamento al di sotto dello standard previsto prima dell’ammissione in Terapia Intensiva (TI) e che il 41% di questi ricoveri potrebbe essere evitato.

La desaturazione dell’ossigeno ed il distress respiratorio sono i criteri che più frequentemente si presentano nei pazienti che arrivano con un’ammissione non programmata in TI, poi il peggioramento dello stato neurologico.

In genere negli ospedali italiani è il medico di reparto il primo ad essere allertato e solo dopo la valutazione ed un primo trattamento decide se attivare il Medical Emergency Team (MET). Ciò giustifica l’ampio tempo che intercorre dal decadimento clinico alla chiamata MET, tempo perduto considerando che il trattamento precoce migliora l’outcome del paziente.

Dagli studi la sopravvivenza in TI si riduce di circa il 25% quando i pazienti critici vengono trattati in reparto per oltre 24 ore.

Il monitoraggio dei parametri vitali nelle 24 ore precedenti il ricovero non programmato in TI è ridotto e senza una metodica particolare, come invece consigliano le linee guida internazionali.

Le rilevazioni meno effettuate riguardano lo stato di coscienza, la pervietà delle vie aeree, lo stato respiratorio (che richiedono un giudizio soggettivo) mentre la saturazione arteriosa dell’ossigeno, la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca (con utilizzo di strumentazione) sono più frequenti.

Una spiegazione può essere che gli infermieri che lavorano nei reparti non di area critica, intendono come monitoraggio i dati rilevati manualmente o monitor, meno sviluppata invece la valutazione di apparati rimandati al medico.

L’adozione di protocolli di monitoraggio dei parametri vitali nei reparti di area non critica diventano indispensabili al riconoscimento dei segni e sintomi di peggioramento che permettono di iniziare interventi meno invasivi effettuabili anche in reparti di base come la ventilazione non invasiva, ma anche protocolli di chiamata MET potrebbero evitare lunghi ritardi nella segnalazione, consentendo l’individuazione dei pazienti che potrebbero beneficiare di un approccio intensivo più precoce.

Dott.ssa Maria Benetton

Infermiera Coordinatrice Terapia Intensiva Neurochirurgica

Azienda Ulss 2 della Marca Trevigiana, Treviso

Comitato Direttivo Aniarti

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