Quando entri in ospedale lasci il mondo intero là fuori, perché sai che quello che troverai in quelle stanze non è la stessa cosa. Ho visto mani che si intrecciavano per l'ultima volta, ho visto infermieri ascoltare i loro pazienti, ho visto lacrime, sorrisi, ho visto la morte, ho avuto le braccia di mia madre che mi stringevano quando ho pianto per le scene a cui ho assistito. Ho vissuto quei momenti di speranze nuove e speranze perdute come se fossero miei.
Diventare infermiera è il coronamento di un sogno
Diventare infermiere vuol dire dover fare delle rinunce, passare le notti in ospedale tra studio ed emergenze
Ho perso mio nonno quando avevo 9 anni. La causa di questa perdita è stata “il grande male”, quello che tutti hanno paura di nominare, perché è qualcosa di troppo grande, troppo forte, troppo doloroso.
Con il tempo ho imparato a dargli un volto e non ho paura di chiamarlo con il suo nome. Mio nonno aveva un cancro ai polmoni , quel mostro che quando ero bambina non conoscevo, non riuscivo o probabilmente non volevo capire. Sapevo solo che improvvisamente mi sono ritrovata con un nonno, il mio caro nonno, senza capelli. La sua bellissima chioma bianca era stata spazzata via .
Ricordo di averlo visto stare male nei momenti peggiori e ricordo quella sua forza con cui mi prendeva per mano e mi portava a conoscere la vita nei momenti migliori. Sono passati tanti anni e tante cose sono cambiate, ma molto tempo fa ho fatto una promessa che ho voluto mantenere .
Mio nonno diceva che ero “la sua infermierina ”, per me era un gioco ed io ero felice di poterlo aiutare nella mia ingenuità. Il nonno mi parlava della guerra che aveva vissuto ed era convinto che il mondo sarebbe stato più bello se fosse diventato un posto migliore. Se potessi rivederlo e riabbracciarlo gli direi che quella divisa l'ho indossata per davvero , quelle sue parole sono diventate realtà.
Il 18 novembre 2019 anche io ho indossato la corona di alloro, trionfo di un percorso che non cambierei. Sono diventata un'infermiera con tutto l'orgoglio possibile . Per molti sembrerà una cosa da niente, un gioco da ragazzi, un percorso semplice da attraversare.
La maggior parte delle persone crede che noi infermieri siamo dei manovali , siamo quelli con le siringhe in mano pronti per fare punture. Se solo sapessero…
Crescendo ho imparato che il nostro lavoro non è un gioco; nessuno sa cosa significhi passare delle ore infinite su mattoni di libri per esami che sembrano montagne, cosa significhi dover organizzare la propria vita in base a un tirocinio da fare con quegli esami alle porte o cosa significhi passare le notti in ospedale tra studio ed emergenze.
A 20 anni ti ritrovi a dover fare delle rinunce , perché non hai abbastanza tempo. Rinunci a molte serate con gli amici, quasi non ti rendi conto di cosa stia accadendo intorno a te, vivi nello spazio dei doveri che hai . Ma si impara il vero valore della vita .
Quando entri in ospedale lasci il mondo intero là fuori, perché sai che quello che troverai in quelle stanze non è la stessa cosa. Ho visto mani che si intrecciavano per l'ultima volta, ho visto infermieri ascoltare i loro pazienti , ho visto lacrime, sorrisi, ho visto la morte, ho avuto le braccia di mia madre che mi stringevano quando ho pianto per le scene a cui ho assistito.
Ho vissuto quei momenti di speranze nuove e speranze perdute come se fossero miei. Un giorno di lavoro in ospedale è un giorno carico di adrenalina e di paura, uguale a tutti gli altri e perfettamente diverso.
Un turno diventa un susseguirsi di ore ricche di emozioni contrastanti , di corse , a volte di rimpianti e a volte di trionfi. Quando poi esci e ti ritrovi in quel mondo normale, quello che quasi sembra non appartenerti più, respiri e pensi. Tanto.
Perché si sa: una parte di te rimane in quelle stanze
Rimani forte durante il tuo lavoro, devi esserlo, ma quando esci può essere semplice crollare. Siamo umani, no?! Caro nonno, ora ho capito davvero. E a tutte le persone che hanno lo stereotipo di un’immagine diversa di noi vorrei dire che semplicemente si sbagliano. Per capire dovrebbero vivere quello che viviamo noi .
Indossiamo una divisa che troppo spesso ci sta stretta per i sacrifici di cui si macchia, è una divisa piena di orgoglio di fronte a quel giuramento di fedeltà per la vita la riempiamo di rispetto.
Ecco. questo vorrei far capire. Il nostro lavoro è il più bello del mondo. Non è una missione . Il nostro lavoro è passione pura, vera, senza maschera. È una passione che invade le pieghe dell'anima e ti rende speciale nelle mani , nella mente e nel cuore. Molti potranno pensare che è assurdo avere passione per un lavoro che spesso ti porta a vedere in faccia la morte.
No, la nostra non è passione per la morte, ma è passione per la vita. Impari che anche l'ultimo soffio di vita potrebbe non essere l'ultimo, perché noi siamo professionisti con una cartella e una fiamma di speranza in mano siamo angeli senza ali con il fonendo al collo tra le corsie del dolore, del pianto, della speranza, della gioia.
Proprio lì, dove anche nell'inferno puoi trovare il paradiso.
Francesca Spinetti , Infermiera
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