Il rapporto che si instaura con un paziente oncologico è particolarissimo. Lo sa bene Milena, che lavora in oncoematologia e che trova nella condivisione di esperienze un valore aggiunto per la professione infermieristica, sì, ma anche per il nostro essere "semplici" persone.
Sono infermiera di oncoematologia e non farei altro
Oncoematologia, dove da infermiera ho trovato la mia dimensione
Solo a pronunciarlo incute una sensazione mista a paura e tristezza in chi ascolta, ma, molto spesso, anche in chi si ritrova a pronunciarlo: Sono un’infermiera di un reparto Oncoematologico . Sì, perché solo la parola “oncologico” è un presagio di malattia lunga e, purtroppo, talvolta di morte.
Non nascondo che, quando è iniziata la mia avventura lavorativa presso questa unità operativa in cui non avevo mai messo piede nemmeno come tirocinante, la preoccupazione era tanta, come erano tante le testimonianze delle persone vicine a chi non ce l’aveva fatta o chi ammetteva che, al mio posto, non avrebbe resistito più di una settimana.
Ma la realtà in cui mi sono ritrovata è anche altro : il rapporto che instauri con il paziente oncologico è unico. È un legame che, sono sicura, non ritroverei mai in nessun paziente di un altro reparto ospedaliero.
L’assistenza al paziente oncologico ha molteplici aspetti : medico, infermieristico, psicologico. Non si limita alla somministrazione di chemioterapico (attività tutt’altro che semplice, sottolineo) o alla gestione degli accessi venosi centrali .
Sono pazienti che, inevitabilmente, portano durante la loro degenza, tutto il loro mondo e molto spesso i risvolti sociali della loro vita, a causa della patologia da cui sono affetti, subiranno cambiamenti irreversibili.
Ma per noi operatori si tratta di un’arma a doppio taglio : devi saperti relazionare al paziente, mantenendo la dovuta distanza; devi spiegargli per bene le varie procedure a cui, via via, sarà sottoposto, con precisione, gentilezza e umanità.
Dovrai consolarlo quando riceverà la notizia che non è riuscito a sconfiggere il “brutto male”, ma non potrai mai e poi mai lasciarti coinvolgere .
È sopravvivenza, è per il mantenimento della propria lucidità e sanità mentale, è per far sì che, una volta tolta la divisa e il cartellino, timbrando verso l’uscita, sia sicura di aver lasciato lì tutto ciò che durante le ore di lavoro hai vissuto
È soprattutto per tale ragione che ritengo indispensabile una buona informazione: riviste, libri, siti web, confronti e testimonianze reali ; ciò che viviamo ogni giorno, erogando assistenza e riteniamo degno di condivisione, deve essere reso alla portata di tutti.
Questo l’ho imparato nei miei pochi (solo 5 anni e mezzo), ma buoni, anni di esperienza maturata presso varie realtà ospedaliere.
Siamo professionisti: possiamo e dobbiamo far sì che la condivisone sia motivo di crescita, professionale e personale.
Milena Mazzone , Infermiera di Oncoematologia
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