Ogni tanto fa bene a tutti essere messi di fronte ad errori che abbiamo commesso o rischiamo di commettere. Questo perché può evitarci di ferire profondamente delle persone, come nel caso di Manuela, che durante gli ultimi giorni di vita della madre ha visto medici ed infermieri freddi, insensibili, vuoti. Delle macchine che attaccano e staccano fili . Una storia come ne accadono tutti i giorni, ovunque. Una storia che per la famiglia protagonista di questa vicenda è una piaga dolorosissima e per tutti gli altri l’occasione di riflettere, ancora una volta, sul concetto di cura.
Cari medici e cari infermieri, non ci avete degnati di uno sguardo
L'esperienza negativa di una parente
“Cari” medici e “cari” infermieri, ho avuto a che fare con voi per 11 giorni, il tempo che è servito per prestare le ultime cure a mia madre e, tranne che per due gentilissime infermiere – delle quali non so i nomi, ma ricordo benissimo i volti - molto competenti e professionali, non ci avete mai degnati di una parola gentile.
Anzi, siete stati sempre arroganti .
Medici che al Pronto soccorso: È gravissima eh, cosa vuole?! In fondo ha 90 anni . Ti dicono che è questione di ore ed è durata 11 giorni. A colpirmi di più è stata la coordinatrice di reparto, con la sua scarsa professionalità e completa assenza di empatia .
Avrebbe voluto spostare in un hospice la mamma senza nemmeno aver mai degnato di un solo sguardo lei o noi, trattandoci sempre come un peso per il reparto, perché la mia mamma di 90 anni morente occupava un posto letto.
Ho sempre pensato che la professione infermieristica (e medica) fosse come una “vocazione”, perché ammiro chi si dedica al malato prendendosene cura e, di conseguenza, facendosi carico anche dei parenti, rassicurandoli, facendoli vivere serenamente gli ultimi attimi che rimangono insieme al proprio caro in questa vita.
In questi giorni invece vi ho visti freddi, insensibili, vuoti ... delle macchine che attaccano e staccano fili e collegano tubi.
Cercate di ricordare sempre che prima o poi tutti avremo bisogno e che penso nessuno di noi vorrebbe essere trattato come avete trattato noi e la maggior parte dei pazienti e parenti che in quei giorni giravano per il vostro reparto.
Ricordatevi inoltre che, a volte, possono fare meglio o “salvarti la vita” un sorriso, parole gentili e rassicuranti, piuttosto che una medicina.
Manuela C.
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