In sala operatoria ci sono attimi in cui tutto ruota troppo velocemente e da un momento all'altro le condizioni del paziente si aggravano. Ed è proprio in quei momenti che si capisce l’importanza del lavoro in équipe. Ed è una volta superati momenti del genere - racconta Alessia Palazzini, infermiera - che un "grazie sincero" ricevuto dai colleghi, dai medici e dal paziente rimane impresso nella mente e fa realizzare ancora una volta di aver fatto la scelta lavorativa giusta .
L'importanza di quei grazie per noi infermieri di sala operatoria
Équipe di sala operatoria
Molto spesso in sala operatoria noi infermieri siamo abituati a ricoprire dei ruoli che ci sono stati assegnati per esperienza nel settore o per formazione svolta in altre realtà di area critica: ecco così che ci distinguiamo in strumentisti , tecnici di anestesia (o addetti alle attività anestesiologiche) ed infermieri di sala .
Ogni giorno ognuno di noi ricopre il proprio ruolo con professionalità, tutorando il collega più giovane e collaborando in équipe per la riuscita dell’intervento. C’è però un momento non prevedibile che a volte capita di dover affrontare: un’emorragia massiva durante un’operazione.
Attimi in cui tutto ruota troppo velocemente : il monitor suona l’allarme per una pressione arteriosa sistolica quasi incompatibile con la vita e, ovviamente, per una frequenza cardiaca troppo elevata. I chirurghi che cercano di capire l’origine del sanguinamento, urlando e imprecando mentre aspirano tanto sangue dall’addome e l’anestesista che chiama il suo collega in aiuto, perché il paziente è diventato instabile in una manciata di secondi e cerca supporto per gestirlo emodinamicamente.
In tutto questo ci siamo noi : la strumentista che deve essere veloce come un fulmine per passare pezze laparotomiche, ferri per clampare il vaso che sanguina e punti idonei per suturarlo senza che il chirurgo li chieda; l’infermiere di sala che non deve mai perdere l’attenzione dal tavolo operatorio per sistemare le luci e per aprire il materiale che serve alla collega che strumenta.
Il tecnico di anestesia , che a questo punto deve ascoltare due anestesisti che chiedono un altro accesso venoso del calibro maggiore possibile, il sangue ad infusione rapida, pompe infusionali per iniettare farmaci idonei al ripristino di una pressione arteriosa quasi normale.
Ecco, a parole sembra anche facile da raccontare o da immaginare, invece non è proprio così semplice, perché le mani tremano in quei momenti : trema la mano alla strumentista che sta montando il filo nel portaghi, trema la mano all’infermiere di sala che sistema le luci o che cerca di aprire un filo di sutura velocemente e trema la mano anche al collega di anestesia, mentre incannula una vena , ormai troppo piccola e sottile a causa della pressione bassa.
Ed è proprio in quei momenti che si capisce l’importanza del lavoro in équipe : quando senza chiedere nulla ogni membro sa esattamente quello che deve fare nel più breve tempo possibile perché la salute del paziente è compromessa e bisogna cercare di ripristinarla.
C’è una scarica di adrenalina che ti assale e se fosse misurabile sarebbe ad un livello elevatissimo in ognuna delle persone presenti in sala in quella precisa situazione
Fortunatamente, poi, quando l’emorragia si arresta e il paziente si ristabilisce, tutti tirano un sospiro di sollievo: l’anestesista si rilassa, i chirurghi si rilassano e terminano l’intervento ed il tremore alle mani degli infermieri inizia a scemare.
Ci si dimentica in fretta di quello che è successo, ma la cosa che resta impressa nella mente degli infermieri della sala operatoria è una : il grazie sincero ricevuto dai medici per l’aiuto, ma soprattutto quello ricevuto dalla persona che è stata operata prima di tornare in reparto dalla sua famiglia, perché nonostante il turno massacrante e la scarica di adrenalina vissuta, quei “grazie” rendono la giornata migliore e si torna a casa sfiniti fisicamente, ma con il sorriso, sapendo ancora una volta di aver fatto la scelta lavorativa giusta.
Alessia Palazzini , Infermiera
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