Per ogni bomba che viene sganciata su un territorio in guerra, una risorsa finanziaria viene distolta da essere investita nello stato sociale. Se il warfare ingoia continuamente risorse umane e naturali, economiche e sociali, il welfare lentamente scompare nella retorica menzognera dei governanti e dei signori della guerra e del profitto.
L’utopia di un futuro migliore vacilla
Per ogni bomba che viene sganciata su un territorio in guerra, una risorsa finanziaria viene distolta da essere investita nello stato sociale.
La settimana che precede la Pasqua è decisamente carica di eventi drammatici. L’attentato terroristico presso la Sala concerti di Crocus City, alla periferia di Mosca, al momento registra 137 morti e più di 180 feriti. La rivendicazione del criminale attacco riporta in vita la sigla dell’ISIS che, non pochi, speravano, fosse stata consegnata al passato. Alcuni, i soliti malpensanti, sottolineano come arrivi al momento opportuno al fine di rendere il quadro internazionale ancora più instabile; proprio subito dopo le elezioni presidenziali russe. Altri, i soliti peggio-pensanti, dicono che come “è noto”, dietro la sigla dell’ISIS, ci sono i servizi segreti statunitensi, e compagnia varia.
Al di là di dietrologie di ogni genere e di complottismi vari, la verità del momento sta nella disperazione di circa quattrocento famiglie ferite mortalmente nei loro affetti. Come quelle delle vittime dei bombardamenti di rappresaglia, in terra ucraina, eseguiti poco dopo l’attentato di Mosca.
Come quelle decine e decine di migliaia, nella lingua di terra martoriata che è la Striscia di Gaza , che aspettano senza più speranza, un cessate il fuoco che sembra impossibile da dichiarare.
A Gaza, in pochi mesi, sono rimaste vittime degli attacchi del governo di Netanyahu, più di 32mila persone, in maggioranza vecchi, malati, donne e bambini. E si continua a morire anche quando non ci sono i bombardamenti: di fame, di malattia, di disperazione. Le vittime di Gaza hanno superato, in poco meno di sei mesi, i 30mila desaparecidos provocati in sette anni (1976 – 1983) dal regime fascista e militare in Argentina.
Un quadro di follia sembra dominare il mondo e l’utopia di un futuro migliore vacilla, o meglio si allontana sempre più, sotto l’avanzare di classi politiche che ormai non promettono più né benessere né alcun tipo di golden age.
Si accontentano di far pressione sui più bassi istinti umani, sulle pulsioni del branco, sulle frustrazioni degli ultimi, per ottenere un consenso che trasuda malvagità e odio sociale, lungo un percorso di regressione che rimanda molto indietro nel tempo.
Nella sostanza all’orizzonte egualitario di un welfare diffuso, si è praticamente sostituito un sistema di vita di warfare dove le spese militari crescono di anno in anno mentre le risorse per la salute, l’istruzione, la sicurezza sociale e lavorativa vengono continuamente tagliate.
Da diverse settimane si è entrati nel vivo di una campagna elettorale per le prossime europee e gli argomenti che dominano il dibattito, a livello dei 27 paesi, ed in particolare in Italia, non si preoccupano neanche più di promettere miglioramenti di sorta. Il teatro della politica con le sue smorfie e le sue menzogne, le sue faccette pulite a mascherare ruberie di ogni tipo, domina i media ed inquina dibattiti e partecipazione.
Quanto detto rischia però di sfociare in una lagnanza che, oltre ripetersi in un’eco infinita, non riesce a chiarire il quadro generale della situazione. Allora forse, nella stessa attualità di questi giorni, una chiave interpretativa ulteriore del momento, può essere ricercata. E, in tema di salute e malattie, come non volgere lo sguardo ad un’altra notizia che ha attirato l’attenzione dei più: la malattia di Kate Middleton .
Non è facile parlarne senza rischiare di farsi sciacalli al pari di quanti hanno già speculato sui social e sui media. La Principessa di Galles, in un messaggio video, ha rivelato di essere in cura per un cancro e di star affrontando la malattia con determinazione e forza. Le immagini restituiscono la dignità di una persona che sta facendo un duro percorso di vita e di malattia.
Un’immagine che molto spesso i media hanno diffuso in relazione ad altri personaggi pubblici che hanno reso partecipi, delle loro problematiche di salute, i propri fan e la collettività tutta. Un’immagine che in molti casi è la stessa di tante persone che i sanitari di tutto il mondo si trovano ad assistere ogni giorno, anche se, in molti casi, i percorsi socio-sanitari sono decisamente differenti.
Fatta salva l’emozione e l’empatia per chi mostra sui media la propria sofferenza, si dovrebbe cercare di andare oltre la narrazione del momento, e guardarsi intorno, cercando di capire se l’accesso alle cure, ai servizi, alle tempistiche di diagnosi e presa in carico, in questo mondo, siano uguali, o meglio eque, per tutti, oppure cosa significhi, per i più, non riuscire ad avere il giusto sostegno, le giuste cure, la giusta attenzione.
La sofferenza di un vip per una malattia grave deve rimandare dunque non tanto e solo alla dimensione personale, ed umana, dello stesso, ma al funzionamento in generale dei sistemi di welfare nel mondo dove, la quasi totalità degli esseri umani, sono esclusi da quelle cure e da quei trattamenti di cui avrebbero bisogno.
Un pensiero che non deve generare né rancore, né frustrazione , ma deve costruire un’argomentazione per rivendicare come le risorse disponibili su questo pianeta debbano essere messe a disposizione di tutti certamente, dei più bisognosi sicuramente.
Per ogni bomba che viene sganciata su un territorio in guerra, una risorsa finanziaria viene distolta da essere investita nello stato sociale. Se il warfare ingoia continuamente risorse umane e naturali, economiche e sociali, il welfare lentamente scompare nella retorica menzognera dei governanti e dei signori della guerra e del profitto.
Una persona malata che parla di sé in video e si rivolge alla collettività, in quanto personaggio pubblico, è un fatto che dovrebbe suscitare un’empatia, una partecipazione al dolore da proiettare oltre la storia del singolo, per rendere visibili gli invisibili, i tanti miserabili che non hanno più neanche la forza di chiedere aiuto.
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