Seppur vietato dal diritto internazionale umanitario come fortemente ammonito dalle Nazioni Unite, Israele ha posto a Gaza l'assedio totale , preparandosi all'offensiva di terra dentro la Striscia. Mentre continuano i bombardamenti dell'aviazione sul territorio palestinese, il governo di Netanyahu ha privato i civili di beni essenziali per la loro sopravvivenza. Acqua, elettricità, cibo. Fonti sanitarie di Gaza riferiscono di persone sotto le macerie, è stato colpito un altro ospedale. Il Ministero della Salute palestinese denuncia che negli ospedali manca tutto per curare le migliaia di feriti. La Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa, che coadiuvano i soccorsi sia in Israele che nella Striscia di Gaza, hanno oggi lanciato un appello affinché venga rispettato su entrambi i fronti il diritto umanitario internazionale a tutela dei civili, dei militari prigionieri, degli ostaggi, chiedendo altresì che non si attacchino gli ospedali e i sanitari. Denunciano inoltre che un soccorritore volontario della Stella di Davide Rossa è stato ucciso mentre guidava un'ambulanza.
Israele viola il diritto umanitario internazionale colpendo i civili palestinesi
Non hanno altro luogo dove andare, le persone di entrambe le nazionalità in quella lunga striscia di terra amata, Promessa, contesa .
Il Centro di sviluppo infantile dell'ospedale per bambini “Barzilai”di Ashkelon in Israele, che accoglie anche feriti palestinesi, è stato parzialmente colpito dai razzi di Hamas . Le autorità sanitarie della struttura riferiscono ai media che non ci sono vittime e feriti. I medici e gli infermieri sotto assedio non smettono di lavorare, nemmeno sotto le bombe .
I sanitari israeliani, si dice che siano i migliori del mondo, non sono da meno nello svolgimento del loro dovere. Quasi dieci milioni di israeliani e oltre 2 milioni di palestinesi sono in pericolo, rischiando vita e salute psicofisica. Poiché le armi non fanno sconti né selezioni la malasorte può colpire chiunque, indiscriminatamente. Per proteggere i malati ricoverati negli ospedali israeliani vicino alla Striscia, si sta procedendo al loro trasferimento negli ospedali di Gerusalemme.
Dopo quattro giorni di guerra i morti sono 2200, circa mille per parte. I duecento morti in più sono conteggiati sul versante israeliano, dopo la scoperta del massacro nel kibbutz di Kfar Aza dove son stati trucidati anche quaranta bambini, alcuni decapitati. Aggredire militarmente Hamas stanandolo dentro i territori occupati palestinesi è una strategia che si prospetta essere di una ferocia inaudita.
Poiché i popoli che si fronteggiano conoscono entrambi la legge dell'occhio per occhio dente per dente, il senso della misura può essere perso. Il limite può darlo responsabilmente soltanto uno dei due, lo Stato democratico. La contropartita è il rischio di una guerra generalizzata che infiammi tutto il Medio Oriente, scatenando la jihad islamica anche in Occidente. Secondo gli analisti, tale rischio potrebbe essere globale.
Colpendo i civili palestinesi, assediandoli, Israele viola certamente il diritto umanitario internazionale ma quando i discendenti della Shoah scoprono l'orrore sui propri figli trucidati, la reazione può essere comprensibilmente agghiacciante. Anche se la vendetta non porta la pace, un popolo che da millenni viene odiato senza ragione dal resto del mondo - forse per avere crocifisso un Dio e non averne riconosciuto un altro – non conosce la pietà quando tale odio si trasforma in atrocità impressionante, brutale, disumana.
Decapitare neonati nelle loro culle e assassinare i figli di Israele che danzano nel deserto cantando per la pace ha fatto precipitare un popolo nell'incubo dell'olocausto nazista e dell'antisemitismo secolare. I kibbutz sono diventati luogo di demolizione e distruzione violenta, un altro pogrom.
Israele ha diritto a reagire al feroce attacco di Hamas per proteggere la sua popolazione grandemente minacciata ma le azioni necessarie devono essere proporzionate , ha affermato il capo degli affari umanitari dell'Onu. Durante le ostilità, i civili e le infrastrutture civili devono essere protetti e gli aiuti umanitari così come i servizi vitali non vanno bloccati.
Altresì coloro che sono tenuti prigionieri devono essere trattati umanamente e gli ostaggi devono essere rilasciati senza indugi Intanto perdono la vita sotto missili e bombardamenti anche nove funzionari delle Nazioni Unite. Le leggi di guerra dovrebbero essere rispettate. Ma quando da una parte c'è troppo Dio e dall'altra c'è troppo Allah, la disumanità di Hamas scatena la disumanità di Israele. Siamo di fronte ad un livello di violenza inaccettabile , ribadisce preoccupata la Croce Rossa Internazionale .
Non hanno altro luogo dove andare, le persone di entrambe le nazionalità in quella lunga striscia di terra amata, Promessa, contesa. È una terra bella, ricca, ospitale. Religiosi e uomini di tre fedi la chiamano casa e la considerano un luogo sacro. Piantando chiese, tempi, moschee ed ospedali cercano di sentirla propria, più del fratello accanto. Dentro questa terra attraversata dal Giordano ne hanno creata un'altra più piccola, anzi piccolissima, che si affaccia sul Mar Mediterraneo – facendola diventare una della aree più densamente popolate del mondo – per contenere un altro popolo senza sovranità del limbo di terra che abita. Soltanto la storia può esprimere giudizio sui fatti che hanno scatenato questa drammatica situazione, gli uomini che vi vivono chiedono solo di avere, equamente, giustizia per vivere, forse, in pace i propri giorni.
Non abbiamo altro luogo dove andare, dicono gli israeliani. Le sirene annunciano i razzi, di giorno e di notte. Sono lanciati dai miliziani di Hamas, dalla Striscia di Gaza, e dagli Hezbollah filoiraniani dal confinante Libano e dalla Siria. Siamo in guerra. Le strade sono deserte, come durante il coprifuoco. Ci nascondiamo in casa, abbiamo rifugi antiaerei nelle nostre abitazioni. Vi sembra normale? Facciamo scorte di cibo. Ci buttiamo a terra, in qualsiasi posto ci troviamo, facendoci scudo con le braccia sulla testa per proteggerci da detriti e frammenti pregando di non saltare per aria. Alle fermate degli autobus, capita spesso. Ci siamo abituati ma stavolta è diverso. È peggio.
Non abbiamo altro luogo dove andare, siamo stati ramminghi troppo a lungo nel mondo. Solo noi sappiamo cosa è una diaspora. Pur essendo minacciati ogni giorno, non vogliamo andarcene perchè ora ci sentiamo al sicuro soltanto qui, dove tra di noi non c'è odio verso l'ebreo. Stiamo uniti, siamo un popolo che ha tribolato tanto. Abbiamo un luogo dove tornare, dicono molti giovani ebrei all'estero che, richiamati alla leva, tornano in patria per difenderla.
Non abbiamo altro luogo dove andare, dicono i palestinesi. Siamo intrappolati senza scampo, persino l'Egitto ha chiuso il valico a sud quando le bombe sono state lanciate anche nel deserto. Era l'unica via di fuga, siamo in duecentomila sfollati. Tutto è circondato, nessuno entra e nessuno esce da Gaza. Siamo assediati, Siamo rimasti nelle città, dove altro possiamo andare? Ci nascondiamo sotto le macerie? Case, scuole ed ospedali sono inagibili, inabitabili. Cerchiamo rifugio andando nella zona attorno agli ospedali rimasti in piedi, sperando che non siano colpiti. Viviamo nelle auto, non abbiamo più niente, né bottega né giaciglio.
Ci restano i sotterranei, se Hamas ci fa entrare. Abbiamo fame, abbiamo sete. Senza corridoi umanitari con i rifornimenti, finiranno anche i depositi delle scorte alimentari. Gli israeliani polverizzeranno anche quelli. Abbiamo paura, Hamas ha scatenato l'ira dello Stato di Israele, che ci ha promesso un inferno per vendicare i suoi morti. Ma che colpa hanno i nostri bambini? Non abbiamo un altro posto da chiamare casa, questa è la nostra terra, da sempre.
Non abbiamo altro luogo dove andare, dicono gli occidentali tra i quali alcuni parteggiano per i palestinesi, altri per gli israeliani. Sempre divise e divisive, le piazze occidentali. Si canta l'Hatikva, l'inno nazionale israeliano, a Londra. Si proietta la stella di Davide sull'arco di Tito a Roma e si illumina la Tour Eiffel di azzurro. Si toglie la bandiera ebrea dai palazzi dove è stata issata in un paesello in Germania e si espone quella della Palestina da una finestra della facciata dell'università di Padova.
Nelle città americane le fazioni sono divise dagli agenti di polizia e si fronteggiano da un lato all'altro della strada. Se quel che capita in Terra Santa avvenisse anche qui, dove fuggiremo per nasconderci dall'orrore che già abbiamo provato nelle nostre città con gli attacchi terroristici? Pertanto vogliamo la pace, ad ogni costo. Pertanto vogliamo la guerra, per estirpare il terrorismo internazionale. Basta che la guerra non ci sia qui. Non abbiamo altro luogo dove andare, pertanto vogliamo il dialogo tra i due popoli e due Stati. No, uno soltanto. Per l'altro non c'è posto.
Israele ha le sue ragioni di fronte ad un crimine contro l'umanità, ha il diritto anche di dire basta. La Palestina araba ha le sue ragioni, storiche ed umane. Gli occidentali hanno le loro colpe, nella storia e nella geopolitica. Intanto, mentre il mondo attende l'evolversi degli eventi, durante un'altra notte di minaccia dal cielo gli israeliani cantano l'inno dai balconi, come hanno fatto tante volte gli ucraini aspettando i missili russi. In attesa dell'offensiva totale, i palestinesi cantano il loro. E pregano. Il cielo, come il Dio – che nemmeno abbiamo certezza che esista -probabilmente è lo stesso. Non abbiamo altro luogo dove andare, dicono i sanitari negli ospedali. Il nostro posto è qui dentro.
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