La Striscia di terra sembra essersi rimpicciolita, dopo che si sono sbriciolate case, strade e ospedali e la polvere dei detriti e delle bombe ricopre tutto come salsedine. Soltanto il mare, che la separa da altre terre di ponente, non le resta distante. Onda dopo onda, continua a toccarla quasi a voler lenire con l'acqua, seppur salata, le sue devastazioni, le ferite della carne e l'arsura delle genti che la abitano. Anche se la guerra ne ha fatte mancare oltre trenta mila, questa terra non si è fatta più larga o spaziosa. Soltanto il mare, che ancora la guarda pur standosene al largo, sembra essere rimasto intatto.
La costa è sabbiosa ma persino i granelli sembrano macerie
Nella Striscia non resta più niente. Soltanto un cessate il fuoco in nome dell'umanità, invocato da istituzioni e organizzazioni, può salvare vite umane e porre fine a queste insopportabili sofferenze.
La spiaggia è cambiata con le impronte dei cingolati, i segni delle ruote dei camion e dei carretti trainati da muli che trasportano i morti, le strisce lasciate da materassi su cui si posano pietosamente feriti e morenti.
Chissà se li accompagnano verso il mare per farglielo vedere un'ultima volta o soltanto perché è uno spazio aperto e più sicuro. Dal mare, dove tramonta il sole, si scorge che i superstiti di un altro giorno che muore scavano fosse tra le conchiglie, tutte vicine come sono quelle comuni quando i corpi a cui dare sepoltura sono troppi per il tempo e lo spazio che rimane.
La Striscia era, ed è per quello che ne rimane, il posto più affollato del mondo. Anche se non era il più bello, ogni palestinese lo chiamava casa per quanto fosse angusta e povera, confinata ed isolata. Ogni persona ama il luogo dove nasce, anche se poi viene da maledire le condizioni in cui ci si vive.
Ora che le persone vivono all'agghiaccio, sotto le tende o sotto le stelle, ci si rende maggiormente conto dell'affollamento. Sono gremiti di gente persino i cumuli di macerie dopo un bombardamento. Ci sono persone dappertutto. È impressionante come siano più visibili dal cielo. Spero che almeno gli uccelli liberi in volo le vedano ancora come esseri umani e non come anonimi puntini neri, sfumati di grigio, frenetici e vagabondi, impazziti.
Dai droni sembrano formiche confuse, senza più formicaio e senza regina. Spaventate. Calpestate. Che diventano massa disperata laddove la macchia di nero si fa più nera, come inchiostro o come sangue.
Ci spiegano che si tratta di persone salite sui camion degli aiuti umanitari per assalirli. Cadute nel tentativo di rubare sacchi di farina per fare il pane. Uccise per non aver saputo aspettare il proprio turno tra migliaia di disperati affamati. Assassinate per sbaglio dai soldati intervenuti nel tentativo di riportare l'ordine in mezzo al caos. Non sapremo mai se l'orrore si è compiuto per incolparsi da una parte e dall'altra o per boicottare qualsiasi speranza di tregua alla vigilia del Ramadan.
Gli uomini sanno escogitare qualsiasi misfatto, se la pace non la vogliono davvero . Altre volte le cose sfuggono semplicemente di mano, si perde il controllo degli eventi. In ogni caso sono spaventosi a vedersi questi puntini neri. Dal cielo la disperazione sembra spersonalizzata ma a terra la disumanità si vede tutta e non ha più limiti. Si muore per non morire di fame.
Quando il mangime e il becchime degli animali finisce e non si trova più neanche l'erba da strappare, come raccontano le testimonianze, gli uomini diventano bestie . Quando un padre non ha più niente da dare in bocca a suo figlio, non importa chi spara in alto e chi ad altezza d'uomo o se il fuoco è nemico o traditore, attentatore. La fame non sente ragioni, non stanno da nessuna parte se non nella pancia.
La fame e le malattie, secondo il direttore del Programma per le emergenze sanitarie dell'Oms, sono una combinazione mortale. I bambini affamati, indeboliti e profondamente traumatizzati hanno maggiori probabilità di ammalarsi, e i bambini malati, soprattutto con diarrea, non riescono ad assorbire bene i nutrienti. È pericoloso e tragico quello che sta accadendo davanti ai nostri occhi , ha dichiarato ancor prima dell'episodio dei palestinesi che il mondo ha visto come puntini in movimento.
Dal rapporto dell'Oms emerge drammaticamente che sempre più abitanti di Gaza si stanno ammalando. Sono affamati, assetati, deboli. Almeno il 90% dei bambini sotto i 5 anni sono affetti da una o più malattie infettive mentre il 70% ha avuto diarrea nelle ultime due settimane, 23 volte in più rispetto al 2022. Manca l'acqua potabile. Per bere, lavarsi e cucinare gli standard prevedono 15 litri al giorno per persona ma a Gaza in guerra non si arriva nemmeno ad un litro. Per sopravvivere la quantità minima in condizioni di emergenza è di 3 litri.
Nella Striscia non resta più niente
La carestia a Gaza sta rapidamente portando alla malnutrizione acuta su vasta scala. L'Oms denuncia che un tale declino dello stato nutrizionale di una popolazione in un periodo di tre mesi non ha precedenti a livello globale. Prima delle ostilità il deperimento nella Striscia era raro, solo lo 0,8% dei bambini era gravemente denutrito.
Nella Striscia non resta più niente . È sul punto di assistere ad un'esplosione di morti infantili prevenibili, avverte il direttore dell'Unicef. Avvertiamo da settimane che la Striscia di Gaza è sull'urlo di una crisi nutrizionale. Se il conflitto non finisce adesso, la nutrizione dei bambini continuerà a crollare, portando a morti prevenibili e a problemi di salute che colpiranno i bambini di Gaza per il resto della loro vita e avranno potenziali conseguenze intergenerazionali , denuncia.
Soltanto un cessate il fuoco in nome dell'umanità, invocato da istituzioni e organizzazioni, può salvare vite umane e porre fine a queste insopportabili sofferenze. L'Oms, unitamente con altre agenzie delle Nazioni Unite come l'Unicef, sta implorando un accesso sicuro e duraturo, senza ostacoli, per fornire urgentemente assistenza umanitaria in tutta la Striscia con alimenti nutrienti, forniture nutrizionali e servizi essenziali affinché bambini e donne malnutriti e a rischio possano accedere all'assistenza sanitaria e nutrizionale e ai trattamenti di cura. Chiedono che agli operatori sanitari sia data la possibilità di curare e di salvare.
Intanto attorno agli ospedali, privati di elettricità e acqua corrente, la distruzione continua. Le strutture sanitarie sono circondate da pesanti strati di detriti degli edifici vicini crollati e bruciati, le strade disintegrate ostacolano i soccorsi con le ambulanze. Le fognature sono saltate. I rifiuti, anche quelli sanitari, stanno creando un terreno fertile per le malattie.
L'Oms, che teme per la sicurezza e il benessere dei pazienti e degli operatori sanitari, sta organizzando missioni salvavita con convogli umanitari per trasportare almeno i pazienti più critici altrove ma all'ospedale di Nasser Medical Complex restano ancora 130 persone tra malate e ferite ed almeno 15 medici ed infermieri. Molte strutture sanitarie non possono più essere operative dopo i raid militari e gli assedi. Le équipe dell'Oms stanno cercando di fornire scorte limitate di cibo e medicinali essenziali a coloro che restano dentro gli ospedali, altrimenti tagliati fuori dagli aiuti.
Ieri il cielo era sereno sopra tutta la Striscia, dalle parti di Rafah sono comparsi improvvisamente dei puntini lontani che scendevano a terra. Il mare si è fatto calmo, come una tavola, quasi volesse accogliere le decine di paracaduti color dell'acciaio, lanciati dagli aerei americani, che cadevano sulla spiaggia uno dopo l'altro con un pesante carico di bancali di legno pieni di cibo promesso.
Sembrava che il pane scendesse dal cielo come la manna dei tempi biblici. Migliaia di passi e di voci palestinesi sono accorsi precipitosamente verso il mare, che poi l'entroterra non è così distante. Il vento ha aiutato l'eco a disperdere le grida di gioia. Mentre la sabbia si riempiva di piedi, il mare sospingeva sul bagnasciuga qualche bancale rimasto indietro, tra i marosi.
Questa volta non vediamo puntini neri. Scorgiamo trecce e code di cavallo raccolte con il nastro di spugna, come usano le nostre bambine. Compaiono tra le corse le giacche a vento degli uomini e le tuniche delle madri. Si fa largo il sorriso dei giovanotti che portano jeans come i nostri ragazzi. Tra la folla spiccano le magliette rosse dei bambini.
E per un momento anche la Striscia torna ad essere un posto più umano, più vicino. Almeno fino a domani o al prossimo lancio di umanità. Viste dal mare le persone sono belle, seppur nella drammaticità dei tempi. Le sentiamo simili.
Viene mai da chiedersi che potremmo essere noi ad aspettare il pane dal cielo? Intanto dal mare la loro sorte ritorna umana, come la prospettiva degli eventi che è ci comune nonostante le distanze che separano. Rimane solo da porsi un interrogativo che inquieta. Se questo è un uomo .
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