Essere infermieri non è né una missione, né un buon affare, è semplicemente la vita di tutti i giorni, i bisogni negati, le utopie mancate. Per invogliare i giovani a diventare infermieri non si deve rendere più attrattiva la professione, ma la società stessa, amplificando i luoghi di partecipazione e di solidarietà, invitando alla costruzione di idee e ragionamenti e non all’adesione a tifoserie di sorta. I giovani forse sono inesperti, ma non stupidi.
La parola medico, piace; indica chi porta la medicina contro una malattia. L'accento cade su medicina, La parola infermiere rimanda a infermo, termine ormai obsoleto. A tutti piace l'idea di portare la medicina, a chi piace stare con gli "infermi"?
Il corso di laurea di infermieristica non aiuta; è frammentato in una molteplicità di insegnamenti (di tutto un po') in cui la specificità ne esce annacquata.
L'infermiere ha un doppio fuoco nel ruolo. Da una parte (storico, assodato)è l'"aiutante" del medico nella cura delle malattie. Dall'altra è promotore della salute.
Se questo ruolo bifocale è evidente occorre creare un percorso di specializzazione universitaria improntato su questi due fuochi.
Nei presidi ospedalieri l'infermiere deve avere una formazione clinica stringente e un ruolo di aiuto nella cura.
Nel territorio deve avere una formazione di promotore della salute focalizzata al mantenimento del benessere della popolazione a 360 gradi ma in questo caso una formazione prettamente clinica non è sufficiente. Nè un percorso triennale può essere sufficiente.
La maggior parte delle infermiere/i si ritrova a focalizzarsi a fare da "custodi" a grandi anziani pluripatologici che mal tollerano i trattamenti intensivi a cui sono sottoposti (impropriamente) in regime di ricovero. Ora se formiamo gli infermieri per lavorare per la salute e poi li limitiamo a custodire gli infermi perdiamo la bifocalità.
Se non ci evolviamo dal mero ruolo di custodi degli infermi negli ospedali, ci estinguiamo. Se non ci specializziamo, ci estinguiamo.
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matteo franco
2 commenti
Infermieristica, se non evolviamo ci estinguiamo
#1
La parola medico, piace; indica chi porta la medicina contro una malattia. L'accento cade su medicina, La parola infermiere rimanda a infermo, termine ormai obsoleto. A tutti piace l'idea di portare la medicina, a chi piace stare con gli "infermi"?
Il corso di laurea di infermieristica non aiuta; è frammentato in una molteplicità di insegnamenti (di tutto un po') in cui la specificità ne esce annacquata.
L'infermiere ha un doppio fuoco nel ruolo. Da una parte (storico, assodato)è l'"aiutante" del medico nella cura delle malattie. Dall'altra è promotore della salute.
Se questo ruolo bifocale è evidente occorre creare un percorso di specializzazione universitaria improntato su questi due fuochi.
Nei presidi ospedalieri l'infermiere deve avere una formazione clinica stringente e un ruolo di aiuto nella cura.
Nel territorio deve avere una formazione di promotore della salute focalizzata al mantenimento del benessere della popolazione a 360 gradi ma in questo caso una formazione prettamente clinica non è sufficiente. Nè un percorso triennale può essere sufficiente.
La maggior parte delle infermiere/i si ritrova a focalizzarsi a fare da "custodi" a grandi anziani pluripatologici che mal tollerano i trattamenti intensivi a cui sono sottoposti (impropriamente) in regime di ricovero. Ora se formiamo gli infermieri per lavorare per la salute e poi li limitiamo a custodire gli infermi perdiamo la bifocalità.
Se non ci evolviamo dal mero ruolo di custodi degli infermi negli ospedali, ci estinguiamo. Se non ci specializziamo, ci estinguiamo.