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testimonianze

Chiara d'Angelo: infermieri protagonisti del loro futuro

di Marco Alaimo

Intervista a Chiara d'Angelo infermiera che lavora a Udine presso la SOC di Neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza (2 livello). Infermiera molto attiva nelle tematiche della professione, e sempre attenta alle notizie sul mondo sanitario. Si è contraddistinta nella sua realtà professionale e tramite un percorso di continuo approfondimento e confronto con le altre figure professionali è riuscita insieme ai colleghi a fare emergere la figura infermieristica come autonoma e responsabile. Da molte sue riflessioni si percepisce la passione con cui svolge il suo lavoro e sprona ad un futuro davvero dignitoso e di alto livello per tutti gli infermieri.

1) Chiara con gli anni sono cambiate le idee degli e sugli infermieri, la professione avanza e con essa la crescita professionale qual'e la sua esperienza a proposito di questo "cambiamento"?

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E’ vero: gli ultimi anni hanno visto la professione infermieristica subire una significativa evoluzione. E’ altrettanto vero però che questa evoluzione si è dispiegata su piani diversi e, per certi versi paralleli. Da un lato l’affermazione dell’indipendenza e dell’autonomia della professione infermieristica nell’ambito delle professioni sanitarie e dall’altro la traduzione di questo passaggio nella realtà clinica, operativa, lavorativa. La percezione pubblica ancora inadeguata e la persistenza di una concezione stereotipata del ruolo e dell’attività dell’infermiere, anche all’interno del sistema sanitario sono un chiaro indicatore di questo dimorfismo. La mia esperienza diretta è stata, ed è a tutt’oggi, quella di dover “in-formare” continuamente ed instancabilmente le persone con cui entro a contatto ma anche alcuni professionisti sanitari (gli stessi infermieri, medici, riabilitatori, ecc) su quelle che sono le peculiarità, le prerogative e le competenze degli Infermieri, scontrandomi con incrostazioni preconcette ed arcaiche che spesso richiedono grande impegno e perseveranza per essere scalfitte. In generale gli Infermieri dovrebbero pretendere maggior rigore per un’informazione più corretta e veritiera ai cittadini, a partire dalla proprio realtà professionale quotidiana (ad esempio, ed in maniera estremamente banale, pretendere medesimo modo di relazionarsi di infermiere versus medico e di medico versus infermiere) fino ai mezzi di comunicazione e informazione che spesso si esprimono in maniera grossolana, inadeguata e concettualmente errata.
Rubando le parole di Joelle Ranieri (infermiera): “Solo se crediamo in ciò che facciamo possiamo dimostrare chi siamo”; tocca a noi, anche a noi, mettere in campo ogni mezzo per riallineare i due piani che descrivono la nostra professione, il piano empirico ed il piano teorico.

2) abbiamo letto di una recente conferenza a Modena dal titolo “Vivere bene in provincia di Modena. Il sistema sanitario e sociale: quali sfide per il futuro” dove si è parlato di case della salute, strutture territoriali etc etc e più volte si è nominato l'infermiere come figura centrale per tante strutture peccato che tra i relatori della giornata non sia stato previsto nessun intervento in rappresentanza della categoria, cosa possiamo dedurre da questo secondo te?

Mentirei se dicessi che la cosa mi sorprende. Purtroppo, come detto prima, esiste ed è radicata una visione distorta della professione infermieristica; è ancora diffusa la concezione secondo cui l’infermiere è un mero esecutore degli ordini medici; contemporaneamente c’è una “resistenza al cambiamento” che riguarda eterogeneamente diversi attori della sanità, dai politici, ai medici, agli infermieri stessi, una “resistenza al cambiamento” che indipendentemente dall’origine e natura rafforza un’indiscutibile impostazione medico-centrica nelle risposte ai bisogni di salute e di assistenza. Si tratta di una “inerzia ideologica” che dobbiamo vincere. Non siamo, comunque, all’anno zero: i primi segnali in questa direzione ci sono stati e ci sono: nonostante le resistenze (si pensi ad esempio a quante ne ha incontrate il See&Treat o a tutt’oggi l’istituzione dell’infermiere di famiglia) gli infermieri vedono aprirsi, seppur lentamente, nuovi scenari che permetteranno di valutare e valorizzare sul campo la professione in termini di “protagonista e garante” del bene Salute. Le “Case della Salute” sono una grande opportunità in tal senso e, più in generale, per la valorizzazione dell’assistenza non solo nell’ambito delle cure primarie in ambito ospedaliero, ma anche e soprattutto sul territorio. Dobbiamo assolutamente cogliere questi segnali ed essere in grado di rilanciare, di osare di più. Non so se al convegno l’assenza di una rappresentanza, fra i relatori, degli infermieri sia stata frutto di un invito mai offerto o di una deliberata intenzione di non partecipare. Entrambe le possibilità sono figlie di quanto ho detto prima. A prescindere da questo non dobbiamo rinunciare a far sentire la nostra voce e le nostre ragioni e le nostre riflessioni, magari dalla platea e non dal palco dei relatori.
Non dobbiamo sempre aspettarci "l'offerta" di occasioni d'espressione, ma in quanto professionisti con competenze complesse e responsabilità peculiari a livello sia clinico che organizzativo, dobbiamo, con correttezza e rispetto, prendercele se necessario, solo così possiamo creare le condizioni a che l’ESSERCI diventi consuetudine acquisita.

3) senza infermieri non c'è futuro e noi ne siamo assolutamente convinti, quali pensi che siano, secondo la tua esperienza i maggiori ostacoli al salto di qualità della professione? Alcuni colleghi hanno uno sguardo sul "futuro" un pò distorto e questo è dato anche dalle problematiche lavorative e dalle delusioni di tante promesse non mantenute cosa ne pensi? molti si lamentano del collegio e delle figure di rappresentanza a parte la critica sterile cosa si può fare in concreto per un cambiamento che parte in prima linea da noi?

L’infermiere è l’operatore sanitario responsabile dell’assistenza generale infermieristica (preventiva, curativa, palliativa, riabilitativa) ed essendo l’assistenza un fenomeno universale davvero non può esserci futuro senza infermieri.
Credo che il primo ostacolo da abbattere sia tutto nostro: non basta sapere che siamo professionisti, ma dobbiamo anche convincerci del nostro valore ed essere disposti a lottare per esso, per difenderlo ed affermarlo. Non c’è situazione lavorativa difficile che deve portare a rassegnarci a non essere ciò che siamo: Infermieri, non più meri esecutori di ordini ma professionisti che partecipano attivamente a progetti, che lavorano per obiettivi e funzioni, che collaborano con le altre figure professionali svolgendo spesso anche una preziosa funzione di “collante” e di “garante della continuità assistenziale”, che hanno una specificità professionale all’interno dell’equipe riconoscendola come valore aggiunto, e molto altro ancora.
Credo quindi che dobbiamo lavorare attivamente prima di tutto su di noi e fra di noi per il raggiungimento di un’unità e di una compattezza dalle quali non possiamo prescindere. Dobbiamo alimentare costantemente la volontà di crescita e di cambiamento anche e soprattutto quando il percorso si fa ostico, forti della nostra convinzione, motivazione, preparazione, professionalità.
Quanto alle critiche verso i Collegi e chi ci rappresenta, credo che, da un lato, sia importante saper ascoltarle, ma che sia altrettanto e più importante ancora formulare critiche costruttive, supportate da proposte valide, nella prospettiva del raggiungimento di un risultato positivo comune. Dobbiamo privilegiare il confronto, anche aspro, ed il dialogo fecondi, non le sterili acredini figlie talvolta della frustrazione personale. E’ mandatorio essere protagonisti (fra di noi e verso gli altri attori del sistema), con la chiara consapevolezza che nulla ci verrà offerto gratuitamente e che ogni passo che saremo in grado di compiere ci costerà fatica. Davvero “ci auguriamo che l’evento abbia spronato l’intera professione infermieristica all’unità, al farsi portatori di un unico messaggio, senza ricadere nel lamento di essere stati “Esclusi”.

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