A Kabul le aule di infermieristica ed ostetricia da qualche giorno sono deserte. I corsi di formazione sanitaria per le donne sono stati sospesi sino a nuove disposizioni. Le 17mila studentesse afgane che si stavano formando sono state mandate a casa una mattina con l'ordine di non tornare a frequentare le lezioni. Definendola una misura temporanea per la sicurezza delle donne , fintanto che non sia accertata la garanzia che il programma di studio sia in linea con la legge islamica, i governanti talebani hanno deciso così di bloccare l'ultimo accesso allo studio concesso alle donne, già ampiamente limitato dal marzo 2022. Ne hanno dato notizia le fonti ufficiali del governo, le associazioni di attivisti nonché cinque istituti di scienze della salute che hanno informato la BBC, l'emittente televisiva britannica, fornendo qualche video in cui si notano le studentesse abbandonare mestamente le aule dopo aver raccolto i loro libri.
Afghanistan: corsi di infermieristica e ostetricia interdetti alle donne
A Kabul i corsi di formazione sanitaria per le donne sono stati sospesi sino a nuove disposizioni.
È solo l'ultima (in ordine di tempo) offesa alla libertà e all'uguaglianza di genere che le afgane subiscono da quando nel 2021 il regime talebano è tornato al potere.
È l'ultimo attacco ai loro diritti umani, l'ultima oppressione che si aggiunge alle altre pesanti restrizioni imposte, soprattutto alla popolazione femminile. Nessuno si aspetta, tantomeno le donne, che la misura sia revocata.
Le porte delle scuole per loro restano chiuse e gli esami di fine semestre non potranno essere sostenuti. Tra le poche voci femminili che ancora ci giungono dalla terra dei papaveri e dell'oppio, se ne leva una che piange che tutto, stavolta, è davvero perduto.
Nel Paese ora anche il personale sanitario, come in qualsiasi altro settore lavorativo, sarà tutto declinato al maschile anche se risulta già evidente che gli infermieri e gli ostetrici uomini sono insufficienti a coprire i bisogni di salute della popolazione.
Gli esperti avvertono che il provvedimento non solo priva una generazione intera del suo futuro, ma avrà anche un impatto devastante sulla sanità del Paese. Secondo le stime riportate dall'Oms, in Afganistan si registra inoltre uno dei peggiori tassi di mortalità materna infantile al mondo: 620 decessi ogni 100mila nati vivi.
L'agenzia governativa dell'Onu per la salute riproduttiva ritiene che tale mortalità potrebbe essere significativamente ridotta con la formazione di almeno altre 18mila ostetriche qualificate da distribuire su tutto lo sconfinato territorio per raggiungere soprattutto le zone rurali e più sperdute dove le donne, senza un'assistenza sanitaria adeguata, muoiono di più.
Ciò non sarà più possibile. Partoriranno da sole in casa, come sole sono state condannate ad essere in qualsiasi momento della loro vita, senza la competenza professionale di altre donne formate.
Da tempo le giovani donne non potevano più aspirare a diventare medico, le dottoresse già in servizio sono state allontanate dagli ospedali. Ora sono bandite del tutto da qualsiasi facoltà che permetta loro di intraprendere una professione per entrare nel mondo del lavoro ed emanciparsi.
Dopo la perdita di medicina e chirurgia, infermieristica ed ostetricia erano quindi le ultime facoltà ancora permesse per le giovani donne . Rappresentavano l'unica possibilità di accedere ad un'istruzione superiore e secondaria, l'ultima opportunità di una carriera professionale, l'ultimo baluardo da difendere assieme alla speranza.
L'integrità fisica è l'unica cosa che ora resta alle donne afgane, mentre gli uomini si preoccupano di tutelarle moralmente nascondendo altre intenzioni. Quando quella mattina l'ordine è arrivato nelle scuole, i professori hanno invitato le studentesse a non restare nel cortile dell'università a protestare contro l'ingiustizia subita per non rischiare di essere arrestate dai funzionari del ministero del Vizio e della Virtù.
Alle aspiranti infermiere ed ostetriche non è rimasto altro quindi che tornarsene a casa, un luogo confinato dove non sono comunque al sicuro né rispettate avendo già perduto ogni altro diritto umano non solo nella vita pubblica ma persino in quella privata, più intima.
La loro vita, sotto la legge islamica integralista, è tutta un divieto ed un isolamento imposto dagli uomini. Se dapprima non potevano svelarsi ed uscire di casa da sole senza essere accompagnate da un uomo, ora non possono cantare, nemmeno più parlare. È stato loro tolto il diritto ad esprimere femminilità, identità, natura, capacità, intelletto.
La negazione all'istruzione si accompagna purtroppo anche al rischio che sia ridotto il diritto di essere curate. In ospedale le donne non possono infatti essere curate da uomini senza la presenza di un tutore, nemmeno nei casi più gravi ed urgenti, quando si deve intervenire tempestivamente.
Ora le donne rischiano pertanto di perdere, oltre alla salute mentale già seriamente compromessa dalle violazioni dei diritti primari che danno dignità ad ogni persona umana nonché dall'isolamento e dal mutismo che viene loro imposto, anche la salute fisica.
È un colpo difficile da accettare, stavolta. Tuttavia, di fronte a questo oppressivo impoverimento umano e culturale e all'assenza di prospettive di una vita migliore, le donne afgane restano.
Anche scappare forse è negato quando non si hanno possibilità economiche di organizzarsi una fuga disperata all'estero per riprendersi la propria vita. Non c'erano donne appese, tra gli uomini, alle ali dei cargo militari neanche in quei voli rocamboleschi che partivano dall'aeroporto di Kabul in quell'agosto del 2021 quando, dopo vent’anni di presenza, gli americani se ne sono andati evacuando più gente possibile.
Le donne afgane restano. Hanno troppo da perdere. Si tengono stretta l'unica cosa che ancora hanno. La vita. Se ne vanno dalle aule di infermieristica ed ostetricia, pacificamente, cantando. Per ricordarsi ciò che intimamente sono e che avrebbero voluto essere, per completarsi.
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