Nella regione c’è un’altra emergenza sanitaria non più rinviabile: la carenza di infermieri. Come denuncia il segretario del NurSind Lazio, Stefano Barone, in 600 se ne erano già andati alla fine del 2021 e altrettanti, se non di più, dovrebbero seguirli durante quest’anno. A licenziarsi è stata gente tra i 30 e i 50 anni, nel pubblico e nel privato. Vivono condizioni di lavoro insostenibili
.
Perché nel Lazio i professionisti sanitari si dimettono
C’è chi parla di fuga, chi di una vera e propria emorragia. Ma in entrambi i casi, va posto un freno. Sono sempre di più, infatti, i professionisti sanitari nel Lazio che decidono di dimettersi. Già, perché in 600, regolarmente assunti, se ne erano già andati alla fine del 2021 e altrettanti, se non di più, dovrebbero seguirli durante il 2022. Lo fanno poiché le loro condizioni di lavoro sono divenute insostenibili
, lamenta Stefano Barone, segretario del NurSind Lazio, interpellato dal “Messaggero”. I motivi, dunque, sono (purtroppo) sempre e solo gli stessi. Stipendi più bassi rispetto al resto d’Europa – con lo stato che non ha neppure erogato loro l’indennità straordinaria Covid da 75 euro –, turni massacranti e nessun turnover, aggressioni costanti, decine e decine al giorno in particolare all’interno dei Pronto soccorso
. Quindi Barone – convinto che fin quando non sarà possibile aumentare drasticamente i numeri degli assunti, gli ospedali si reggeranno sui doppi turni e gli straordinari. Così ne pagheranno le conseguenze i pazienti affetti da altre patologie
– precisa che a licenziarsi è stata gente tra i 30 e i 50 anni. Non solo nel pubblico ma anche nel privato
.
Un aspetto, quest’ultimo, che dovrebbe indurre a più di una riflessione nei confronti di una categoria professionale, quella degli infermieri, che oggi è fortemente estenuata e sotto stress dal punto di vista fisico e psicologico. Ma è anche delusa e demotivata per quanto attiene all’aspetto occupazionale. Illustra il consigliere regionale della Lega, Daniele Giannini, membro della Commissione Sanità: Nel Lazio, ad oggi, mancano almeno cinquemila infermieri e tutto ciò a fronte di una cronica mancanza di bandi di concorso di assunzione per personale sanitario da parte dell’amministrazione regionale. Quelli che vengono banditi, infatti, poi non vengono portati a compimento entro le date concordate e restano in stand-by, acuendo ancora di più la situazione emergenziale
. Rimarcando che nella nostra regione le terapie intensive sono al limite della zona arancione con solo più 63 posti letto totali a disposizione della rete Covid
, il consigliere regionale ritiene necessario un cambio di passo drastico, utilizzando una sufficiente fetta di fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza per invertire subito una tendenza che da anni sta trascinando il comparto
.
Cgil, Cisl e Uil: personale ridotto allo stremo
E ancora, Giancarlo Cenciarelli, Roberto Chierchia e Sandro Bernardini – segretari generali di categoria Fp Cgil Roma e Lazio, Cisl Fp Lazio, Uil Fpl Roma e Lazio – esprimono tutta la loro preoccupazione: Così non ce la faremo, il personale è ormai ridotto allo stremo, non è più in grado di continuare a sostenere il sovraccarico di lavoro che viene richiesto
. Dettagliate le ragioni di insoddisfazione nei professionisti sanitari, ecco che questi – il 28 gennaio – scenderanno in piazza per lo sciopero nazionale proclamato dal NurSind. La manifestazione ufficiale si svolgerà a Roma, ma una serie di sit-in sono previsti ovunque. Nella capitale l’appuntamento è alle 10 in via di San Nicola de’ Cesarini (Largo di Torre Argentina), a pochi passi da Palazzo Vidoni, sede del Dipartimento della funzione pubblica. A conclusione della manifestazione una delegazione del sindacato si recherà alla Funzione Pubblica per presentare le sue proposte al ministro per la Pa, Renato Brunetta.
Commento (0)
Devi fare il login per lasciare un commento. Non sei iscritto ?