È illegittimo sottoporre il personale sanitario ad eccessivi turni di reperibilità. Lo ha stabilito una sentenza della Corte di Cassazione accogliendo il ricorso presentato da un infermiere contro l'Azienda Sanitaria Provinciale di Siracusa che aveva imposto al lavoratore turni di reperibilità in numero maggiore di quello previsto dal contratto collettivo nazionale, che fissa il limite dei sei turni, compromettendo il suo benessere personale e professionale. Il Tribunale ha pertanto condannato l'Asp a risarcire l'infermiere.
Illegittimo sottoporre personale sanitario a eccessivi turni di reperibilità
A rendere nota la vicenda è il Codacons, che ha fornito assistenza legale al professionista, esprimendo soddisfazione per il risultato ottenuto.
La recente ordinanza emessa dal tribunale riconosce infatti i diritti dei lavoratori del settore sanitario a non essere sottoposti a turni di reperibilità eccessivi perché essi provocano non solo effetti negativi sulla loro salute fisica e psicologica ma anche, venendo meno il riposo per l'adeguato recupero ed il tempo di vita, un danno morale ed esistenziale.
Si tratta di un importante precedente per la tutela di medici ed infermieri, perché si afferma che l'imposizione dei turni di reperibilità oltre i limiti contrattuali viola il diritto al riposo dei lavoratori, danneggiando sia la loro vita personale che la dignità morale.
Si ribadisce quindi la centralità del rispetto delle condizioni di lavoro previste dal contratto e si rimarca che il principio di buona fede nelle reazioni lavorative non deve essere violato.
Secondo Codacons, la sentenza rappresenta una nuova linea guida per contrastare gli abusi, promuovere un ambiente di lavoro rispettoso del benessere dei lavoratori nonché un forte richiamo sulla necessità di creare condizioni di lavoro sostenibili.
I giudici hanno stabilito che, qualora risulti provato che il limite dei sei turni è stato superato in modo significativo, ovverosia che è stata fornita la prova specifica del pregiudizio (danno-conseguenza), compromettendo altresì di fatto la vita personale del lavoratore, il tribunale dovrà ritenere illegittimo il ricorso a questa turnistica perché al di fuori da ogni tollerabile dimensione quantitativa
, essendo richiesto in forma smodata.
Il personale sanitario potrà pertanto, qualora si sia ecceduto tale limite, fare causa all'Azienda sanitaria di appartenenza ed ottenere un risarcimento danni. La sentenza precisa che il concreto atteggiarsi della mancata fruizione piena dei riposi può far prospettare l'insorgenza del diritto al risarcimento, in ragione del carattere usurante e della lesione della personalità morale
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La Suprema corte ha inoltre sentenziato che, se il ricorso smodato alla richiesta di turni di reperibilità ha illecitamente condizionato la vita personale del lavoratore impedendogli di godere pienamente del riposo, non servirà dimostrare il pregiudizio con prove aggiuntive ma dovrà ritenersi esistente un danno alla vita personale del lavoratore che avrà pertanto diritto al relativo risarcimento per la concreta interferenza nella sua vita privata.
I giudici ritengono che in questo caso il danno arrecato al lavoratore sia “in re ipsa”, al di là che il pregiudizio possa sfociare in condizioni di patologia psicofisica: ritengono cioè che si è venuta a creare una situazione nella quale una condotta è intrinsecamente generatrice di un pregiudizio per il patrimonio danneggiato, così che il rimedio risarcitorio è imprescindibile per la tutela dell'offeso, che non deve fornire specifica dimostrazione
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Nel caso specifico significa che il danno è implicito nel comportamento stesso dell'azienda, illecito e lesivo, e quindi non c'è bisogno di dimostrarlo, qualora venga in gioco la violazione del diritto al riposo e dunque alla personalità del lavoratore
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