La pallanotista italiana, infermiera: Abbiamo rischiato di essere travolte, ma abbiamo mantenuto la calma e ho soccorso una collega americana
. Due morti, 16 feriti il bilancio del crollo.
Il racconto di Viacava la pallanuotista infermiera
La serata del «Coyote Ugly» era speciale: c’era da festeggiare l’oro delle americane della pallanuoto e le squadre Usa, assieme a quelle di Australia e Nuova Zelanda si erano ritrovate al completo. Attorno alle 2.30, il solaio della balconata posizionata al centro del locale e alta due metri e mezzo, ha ceduto per il troppo peso: Uno dei co-proprietari del locale è in stato di fermo e sarà indagato per omicidio colposo ha spiegato la polizia.
Nel caos assurdo che può generare il crollo di una balconata in un nightclub stipato da quasi quattrocento persone — due delle quali moriranno in ospedale per le ferite riportate — non tutti hanno pensato solo a mettersi in salvo. La pallanuotista azzurra e infermiera Giulia Viacava, 24 anni, ha soccorso una collega americana fuori dal locale di Gwangju, fasciandole una gamba sanguinante.
L’ho aiutata sul marciapiede subito fuori dal locale — racconta Giulia — . Le chiedevo il suo nome, non mi rispondeva: era vigile, ma non cosciente. Ho pulito la sua ferita con l’acqua e ho fermato l’emorragia alla gamba. Mi sono occupata anche di un ragazzo brasiliano che aveva un ematoma alla schiena. Mia mamma è infermiera, mio padre è chirurgo: devo ringraziarli perché mi hanno insegnato a mantenere il sangue freddo nelle situazioni di panico. Ero andata in bagno assieme alla mia compagna di squadra Izabella Chiappini e quando siamo uscite ci siamo trovate in uno scenario da incubo: ci siamo spaventate perché rischiavamo di venire travolte. Erano tutti sotto choc, io stessa ho visto uno dei due ragazzi morti. Il sangue era dappertutto, perché a terra c’erano bottiglie e bicchieri di vetro.
Volevamo distrarci e passare una serata piacevole dopo la lunga preparazione e il mondiale andato così così - conclude Viacava - invece abbiamo vissuto una tragedia che difficilmente dimenticherò. Rientrata nell’appartamentino ho provato a dormire, ma continuavo a ricordare quelle scene di panico. Avevamo percepito il dramma in corso. Abbiamo visto uno dei due sudcoreani morti con gli occhi sbarrati e la testa penzoloni. Poche ore e siamo partite con la squadra verso l’aeroporto. Erano le 6, ma solo in aereo sono riuscita a dormire un po’. Finalmente sono tornata a casa
.
I due uomini morti, di 38 e 27 anni, erano coreani. I feriti sono sedici, di cui otto atleti: nella lista era stato incluso anche un atleta azzurro, ma la Federnuoto ha prontamente smentito.
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