La pandemia penalizza l’assistenza agli stomizzati
Le persone con stomia sono state penalizzate, durante la pandemia da Covid-19
Nel nostro paese si stima che siano oltre 70.000 le persone con stomia – si definisce stomizzata ogni persona che, a seguito di patologie gravi o malformazioni, ha dovuto subire uno o più interventi chirurgici demolitivi del tratto intestinale e urinario, con il conseguente confezionamento di una stomia che richiede l’uso di sacche – ma anche più di 5 milioni quelle con problematiche di incontinenza urinaria e circa 2 milioni con incontinenza fecale. E nonostante taluni aspetti dell’assistenza vengano regolamentati in base ad un accordo Stato-Regioni del 2018 – il 24 gennaio di quell’anno, infatti, la Conferenza Stato-Regioni ha ratificato il “Documento tecnico di indirizzo sui problemi legati all’incontinenza urinaria e fecale” che circoscrive gli interventi necessari per rendere più efficiente e performante l’organizzazione dei Servizi sanitari regionali – ciò risulta ancora inapplicato in quasi tutte le regioni.
È quanto emerge dal 7° “Report sul rispetto dei diritti delle persone incontinenti e stomizzate, compreso l’accesso ai servizi” di Salutequità , in collaborazione con Fais , la Federazione associazioni incontinenti e atomizzati – la sinergia tra le due realtà si basa su un protocollo d’intesa, firmato a giugno 2021 – con il contributo non condizionato di Coloplast . Premesso che, pur rappresentando circa il 12% della popolazione italiana, allo stato attuale per queste persone non esistono specifici registri nazionali, occorre precisare che la pandemia ha fortemente penalizzato l’assistenza nei loro confronti. I risultati del Rapporto illustrano che hanno rinunciato ai controlli periodici 4 persone su 10 al centro-sud (41,3%) e oltre una su quattro a nord (28%), a cui si aggiunge chi ha rinunciato solo qualche volta (con un valore uniforme sul territorio nazionale di circa una persona su 4). Al nord si registra la percentuale maggiore di chi non ha rinunciato ai controlli periodici (46,7% rispetto al 33% del centro-sud).
E ancora, per vivere nel migliore dei modi la propria condizione esistenziale, le persone incontinenti e stomizzate devono ricorrere ad alcuni dispositivi medici (dai cateteri ai pannoloni alle sacche, solo per fare alcuni esempi) che assorbono una spesa per il Servizio sanitario nazionale pari a 798.339.222 euro, dunque neppure l’1% di tutte le risorse destinate alla sanità pubblica, e, nonostante ciò, alcuni di loro sono costretti ad acquistare spesso o sempre, anche per necessità di personalizzazione, i presidi di cui hanno bisogno : 29,5% al centro-sud e 23,4% al nord (con un lieve peggioramento causato da Covid-19 al nord). Ciò si traduce in costi privati (out-of-pocket) così sviscerati: il 40% circa spende fino a 300 euro l’anno (44,4% al nord, 40,6% al centro-sud); poco meno del 20% spende tra i 301 e i 600 euro l’anno (21,3% al centro-sud e 16,3% al nord); una percentuale di circa il 5% spende tra i 601 e oltre 1.000 euro l’anno.
L’informazione dei sanitari ai pazienti
Dal report emerge che i pazienti risultano ben informati dai professionisti sanitari sulle condizioni di salute e su come gestirle, mentre è migliorabile l’informazione su servizi offerti dalle Asl e sulle modalità di accesso. Numeri alla mano, quando le forniture non rispondono alle proprie necessità per tempi, qualità o quantità (anche degli accessori), ciò ha un impatto negativo sui rapporti sociali (61,8% centro-sud rispetto al 56,1% nord) e sullo stato psicologico (67,7% al nord e 65% al centro-sud). Ancora, possono influenzare negativamente la relazione di coppia, mentre una persona su due (58% al nord e 56,7% al centro sud) osserva un impatto deciso sull’equilibrio familiare e compromissioni nella sfera lavorativa (58,7% al nord e 60% al centro sud). Ad analizzare la condizione di queste persone e a proporre le priorità di intervento è l’indagine, realizzata tra luglio e settembre 2021, “Conoscere i reali bisogni di incontinenti/cateterizzati/stomizzati ”, esito della collaborazione tra Salutequità e Fais con il supporto metodologico di Zeta Research Srl e l’Unità di Biostatistica, Epidemiologia e Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Padova.
Attraverso l’indagine – a cui hanno risposto, compilando un questionario anonimo online, 436 persone incontinenti, stomizzate, cateterizzate – si è voluto rilevare e far conoscere i reali bisogni e raccogliere l’esperienza di chi vive, ogni giorno, queste condizioni . Così da far emergere le eventuali criticità per stimolare un dibattito costruttivo con le istituzioni al fine di immaginare soluzioni condivise ed efficaci.
Tornando al focus sopracitato, anche se l’informazione offerta dai professionisti sanitari è di buon livello a nord – con oltre il 70% di persone che gli attribuisce un punteggio compreso tra 4 e 5 e c’è la maggiore attenzione sull’informazione sui diritti della persona incontinente e stomizzata (36,8%) – va rimarcato che al centro-sud oltre una persona su 3 ha ricevuto informazioni insufficienti . Alta anche la percentuale di chi riceve informazioni adeguate a gestire la propria condizione (oltre il 50% attribuisce un punteggio massimo), anche se non mancano punteggi di insufficienza (circa uno su 10 complessivamente in ogni parte del paese), ma oltre 1 persona su 5 (22,9% al nord e 23,5% al centro sud) si ritiene poco informato su questi aspetti.
Va da sé che la conoscenza e la consapevolezza rappresentano il primo step per una corretta gestione della propria condizione, nonché obiettivo del Ssn come dichiarato sia dal Piano nazionale della Cronicità – che nasce dall’esigenza di armonizzare a livello nazionale le attività in questo campo, proponendo un documento, condiviso con le Regioni, che, compatibilmente con la disponibilità delle risorse economiche, umane e strutturali, individui un disegno strategico comune volto a promuovere interventi fondati sulla unitarietà di approccio, centrato sulla persona ed orientato su una migliore organizzazione dei servizi e una piena responsabilizzazione di ciascun attore dell’assistenza – sia dai documenti internazionali che parlano di empowerment – l’iter di riconquista della consapevolezza di sé, delle proprie potenzialità, del proprio agire – e di engagement (il tasso d’interazione per ottenere una reazione).
Accesso ai presidi forniti
Circa 6 persone su 10 (63,9% al nord e 58% centro sud) esprimono soddisfazione in rapporto alla qualità dei presidi forniti . Ciò nonostante, circa una persona su tre è solo parzialmente soddisfatta (31% nord; 37,6% al centro-sud) e circa il 5% non è proprio soddisfatto. Al nord il 54,5% non ha mai rilevato problemi nelle forniture periodiche; circa una persona su 4 al centro sud (24,2%) invece li incontra spesso oppure sempre (rispetto al 14,3% al nord). Le principali problematicità nelle forniture vanno ascritte ai tempi e pertanto ai ritardi nell’attivazione della fornitura periodica (40% nord e 34,7% centro-sud). Quindi, la mancanza di accessori è più frequente nel centro sud (-45,9%) rispetto al nord (-40%); così la quantità eccessiva di presidi – quale difficoltà registrata – è più alta al nord (11,4%). La mancanza di accessori (a titolo di esempio: pasta, salviette, remover) per le persone stomizzate vuol dire parziale rispetto dei livelli essenziali di assistenza. Per le persone cateterizzate e con pannolone, invece, gli accessori (ad esempio i protettori della cute) non sono ancora previsti ed erogati dal Ssn. La libertà di scelta del presidio/ausilio da parte delle persone incontinenti, cateterizzate, stomizzate è parzialmente soddisfatta – oppure non presente – per 4 persone su 10 al nord (41,3% di cui il 32,2% parzialmente soddisfatto) e oltre 1 su 2 al sud (54,4%, di cui il 43,7% parzialmente soddisfatto).
Personalizzare l’assistenza
Nel momento in cui la personalizzazione non viene garantita oppure si riduce la possibilità di scegliere il dispositivo più adatto alla singola persona, si verifica un’alta incidenza di complicanze cutanee che può determinare, oltre al disagio fisico e psichico, anche la necessità di utilizzo di medicazioni avanzate , puntualizza il presidente Fais, Pier Raffaele Spena . Aggiungendo: Tali trattamenti hanno un costo elevato che è valutabile in un range compreso tra 5 e 25 euro per ogni medicazione giornaliera, da ripetere per un periodo prolungato (da 6 a oltre 30 settimane). I costi sono notevolmente incrementati laddove si renda necessaria l’ospedalizzazione (oltre 500 euro al giorno). Tutto ciò a fronte di una spesa giornaliera di dispositivi medici che, a seconda del tipo di prodotto, varia da 2 a 10 euro .
Umanizzazione delle cure
Dopo quasi due anni di pandemia di Covid-19, all’interno del Ssn c’è un gran bisogno di rimettere al centro l’umanizzazione dell’assistenza , intesa sia come la necessità primaria di riprendere immediatamente a curare tutte le persone senza più alcuna interruzione, sia quale fondamentale impegno nel garantire modalità di acquisto dei presidi rispettose del diritto alla personalizzazione dell’assistenza – spiega Tonino Aceti, presidente Salutequità –, capaci di assicurare inclusione sociale e il più alto livello di salute , da intendersi, come ci ricorda l’Organizzazione Mondiale della Sanità , come uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale .
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