Sebbene la fase di emergenza della pandemia di Covid-19 sia terminata, sono rimaste stagioni di virus respiratori più complesse e potenzialmente mortali , come si sta documentando in questi giorni. Tuttavia anche se il panorama virale cambia stagionalmente, le evidenze dimostrano che i vaccini restano uno strumento fondamentale per limitare i contagi e le forme di malattia gravi.
Vaccini contro il Covid e l’influenza: atteggiamenti e divergenze
Secondo uno studio vi sono atteggiamenti divergenti verso il vaccino Covid-19 rispetto al vaccino influenzale.
Da una recente ricerca emerge che il vaccino antinfluenzale ad alte dosi può essere più efficace per gli adulti di mezza età. Le conclusioni dello studio sono state recentemente pubblicate sul New England Journal of Medicine , i cui risultati sono stati presentati anche sulla rivista scientifica Jama il 3 gennaio.
L'autrice dell'articolo sul Journal of the American Medical Association riporta che i dati osservazionali provenienti da oltre 1,6 milioni di persone degli Stati Uniti suggeriscono che un vaccino ad alte dosi potrebbe proteggere maggiormente dall'influenza gli adulti di età compresa tra i 50 e i 64 anni rispetto ai vaccini a dose standard, così come già avviene per gli adulti di età pari o superiore a 65 anni.
I ricercatori hanno dimostrato infatti che i casi di influenza sono stati inferiori del 15% nelle persone tra i 50 e i 64 anni che avevano ricevuto un vaccino ricombinante contenente più del triplo della quantità di proteina emoagglutinina influenzale. Considerando che i vaccini a dose standard sono in grado di prevenire solo dal 40% al 60% circa dei casi di influenza, i ricercatori ritengono che ridurre il numero dei casi di un ulteriore 15% risulterebbe particolarmente significativo in quanto ciò fornirebbe un sostanziale beneficio per la salute pubblica, soprattutto durante le stagioni influenzali più gravi.
Un'altro studio di indagine ha esaminato invece atteggiamenti divergenti verso il vaccino Covid-19 rispetto al vaccino antinfluenzale negli adulti statunitensi. Lo scopo è comprendere le opinioni della popolazione sui vaccini maggiormente rilevanti in questo periodo cercando altresì di cogliere se le persone percepiscono i vaccini annuali in modo simile o se ci sono differenze che possono influenzare la cosomministrazione e le comunicazioni sanitarie istituzionali.
Da un sondaggio condotto dai ricercatori di Harvard, con il contributo dell'Associazione dei funzionari sanitari statali e territoriali e del personale della National Public Health, sono emersi gli atteggiamenti nei confronti del Covid-19 e dell'efficacia e della sicurezza del vaccino contro l'influenza, nonché intenzioni di vaccinazione e principali ragioni di esitazione. Sono stati esaminati i dati relativi sia agli adulti in generale che agli adulti di età pari o superiore a 50 anni, individuati come coloro che potrebbero avere un rischio più elevato di malattie gravi.
Considerando che soltanto il 44% del campione rappresentativo ha completato il sondaggio, emerge che il 40-42% degli intervistati concorda nel ritenere molto efficaci i vaccini, rispettivamente antinfluenzale e Covid19, nel proteggere da malattia grave ed ospedalizzazione. Le opinioni risultano divergenti sulla loro sicurezza, ritenendo molto più sicuri i vaccini antinfluenzali (55%) rispetto a quelli contro il Covid19 (41%). Differiscono anche le intenzioni: infatti il 49% ha dichiarato che molto probabilmente riceverà un vaccino antinfluenzale in questa stagione rispetto al 36% di quelli che riceveranno un vaccino aggiornato per proteggersi piuttosto dal Covid19.
Differiscono sulle due tipologie di vaccinazione anche le percentuali che riguardano i titubanti. Tra coloro che sono esitanti nei confronti del vaccino anti Covid le principali ragioni sono il desiderio di fare più ricerca, le preoccupazioni sulla sua sicurezza ed efficacia e soprattutto la convinzione di essere già ben protetti grazie ad una precedente vaccinazione o infezione pregressa.
Inoltre, sebbene entrambi i vaccini siano promossi dalle stesse agenzie governative e dalle stesse aziende farmaceutiche, viene espressa sfiducia nei confronti di queste aziende ed agenzie con percentuali notevolmente maggiori tra gli esitanti sul vaccino contro il Covid19. Tali esitanze tendono a persistere nel tempo.
Nonostante la pandemia di Covid-19 sia stata la più vasta epidemia di malattie infettive su larga scala di una generazione, uccidendo in soli tre anni più di un milione di americani, e sebbene sia stato sviluppato un vaccino con un alto profilo di sicurezza ed elevata efficacia, oltretutto in tempi record secondo gli standard storici, gli adulti statunitensi, compresi gli anziani maggiormente più a rischio di malattia grave e morte, sono tuttora maggiormente titubanti a ricevere dosi di vaccino anti Covid rispetto a quelle antinfluenzali.
I ricercatori ritengono pertanto che gli operatori sanitari dovrebbero aspettarsi una domanda limitata di vaccini Covid-19 e un interesse moderato per i vaccini antinfluenzali. Pertanto, laddove venga proposta la cosomministrazione, le comunicazioni dovrebbero condurre al vaccino antinfluenzale che risulta più popolare, fornire messaggi coerenti sulla sicurezza ed efficacia di entrambi ed affrontare le convinzioni specifiche del vaccino come i limiti di protezione offerta da una precedente infezione da Sars-CoV-2. Per creare o recuperare fiducia suggeriscono inoltre che le agenzie di sanità pubblica dovrebbero collaborare con comunicatori fidati.
Considerando tuttavia che l'esitazione vaccinale nella popolazione non è monolitica, i ricercatori dello studio ritengono essenziale che gli operatori sanitari e i responsabili della comunicazione affrontino le sfumature dell'opinione pubblica con l'obiettivo di promuovere l'adozione del vaccino anti Covid19 sia in questa stagione che nelle prossime.
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