La quota dei non immunizzati nella regione è in linea con i dati nazionali. Gli operatori che rifiutano il vaccino rischiano il demansionamento o la sospensione senza stipendio. Ma i provvedimenti scatteranno da settembre. Il governatore del Piemonte, Cirio: Obbligo per chi convive con la fragilità delle persone
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La percentuale maggiore si registra tra gli operatori socio sanitari
Ma qualcuno si interroga sul fatto che siamo ventimila professionisti sanitari con senso critico che hanno scelto di non farsi vaccinare? Persone che hanno magari trent’anni di professione alle spalle. Vaccinarmi? Meglio a casa senza stipendio che rischiare la vita
, ripeteva alcuni giorni fa Barbara Squillace, l’infermiera no vax di Chivasso (Torino) che osserva nel Covid-19 l’esito di una dittatura sanitaria instaurata per negare i diritti fondamentali.
Dichiarazioni le sue prive di fondamento anche nei numeri, poiché è notizia recente che, sui circa 54mila dipendenti della sanità pubblica piemontese, sono 5mila gli operatori sanitari non ancora immunizzati. La quota dei non vaccinati, dunque, è in linea con i dati nazionali: il 10%. E queste non sono cifre “grezze” come quelli inizialmente comunicate dai direttori delle Asl e degli ospedali della regione che, riferendosi all’elenco, includevano anche psicologi, veterinari, tecnici, solo per citare alcune categorie professionali del comparto.
Nessuna polemica, ovviamente, ma nella giornata di ieri – a seguito della riunione tra i rappresentanti delle segreterie regionali di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl (ovvero Massimo Esposto, Alessandro Bertaina e Roberto Scassa) e il direttore regionale degli Assessorati alla sanità e alle politiche sociali, Mario Minola – è stato messo il punto, perlomeno allo stato attuale, ai numeri: in Piemonte gli infermieri, i medici e gli OSS no vax sono 5mila.
La percentuale maggiore si registra tra gli operatori socio sanitari, che rappresentano il 14%, mentre l’11% è la quota di non vaccinati fra gli infermieri. I medici, infine, “pesano” per il 5%. Certamente l’iter per sincerarsi di quanti non si sono vaccinati per scelta – o di coloro che, invece, presentano patologie non compatibili con la somministrazione – sarà tutt’altro che semplice. E con ogni probabilità i provvedimenti che verranno assunti (spaziando dai demansionamenti alla sospensione dal lavoro senza stipendio) non scatteranno prima di settembre.
Da parte sua il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, rimarca: Non penso sia giusto imporre l’obbligo vaccinale per tutti, ma per chi svolge una professione sanitaria sì. Chi per mestiere convive quotidianamente con la fragilità delle persone, infatti, deve vaccinarsi. Se non lo vuole fare, applicheremo la legge
. A decidere le sorti di chi rifiuta di immunizzarsi saranno, appunto, gli Ordini professionali di appartenenza e i datori di lavoro.
Se da un lato l’Ordine provvederà a sospendere, dall’altro il datore di lavoro o toglierà quel lavoratore dalla sua mansione a contatto con le persone, oppure sospenderà lo stipendio
, incalza Antonio Rinaudo, commissario dell’Unità di Crisi della Regione Piemonte. Intanto lo stesso presidente Cirio, insieme all’assessore alla sanità piemontese, Luigi Icardi, ha fatto il punto sulla vaccinazione in corso nella regione, considerando che l’obiettivo è approdare a 50mila somministrazioni quotidiane, mentre il Piemonte negli ultimi giorni non ha valicato le 36mila inoculazioni. Siamo al 90% dell’obiettivo fissato dal Generale Figliuolo, ma occorre raggiungere il 100% ed è questo uno de requisiti formalizzati nel contratto con i direttori generali delle aziende e degli ospedali
, ha concluso.
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