Uno studio condotto in Qatar ha analizzato le reinfezioni Covid-19, ponendo particolare attenzione rispetto alla severità clinica della malattia. Questo in quanto questo Paese, come molti altri, ha avuto una prima ondata di infezioni causate da SARS-CoV-2 da marzo a giugno 2020, dopo di che circa il 40% della popolazione presentava anticorpi rilevabili contro il virus. Successivamente, sono verificate due ondate consecutive da gennaio a maggio 2021, innescate dall'introduzione delle varianti B.1.1.7 (o alfa) e B.1.351 (o beta), creando così un'opportunità epidemiologica per valutare le reinfezioni.
Nessuna reinfezione ha comportato ricovero in terapia intensiva o morte
Utilizzando i dati provenienti da diversi database nazionali rispetto alle infezioni da SARS-CoV-2 dall'inizio della pandemia, i ricercatori in questione hanno studiato il rischio di malattia grave (che porta al ricovero ospedaliero), malattia critica (che porta al ricovero in un'unità di terapia intensiva) e malattia mortale causata dalla reinfezione rispetto alle infezioni primarie.
In totale è stata analizzata una coorte nazionale di 353.326 persone con infezione confermata tra il 28 febbraio 2020 e il 28 aprile 2021, escludendone 87.547 che erano state sottoposte alla vaccinazione.
L'infezione primaria è stata definita come il primo tampone positivo alla PCR, mentre la reinfezione è stata definita come il primo tampone positivo alla PCR ottenuto almeno 90 giorni dopo l'infezione primaria. Le persone con reinfezione sono state abbinate a quelle con infezione primaria in un rapporto 1:5 in base al sesso, al gruppo di età di 5 anni, alla nazionalità e alla settimana di calendario della data del test PCR. La classificazione del Covid-19 grave, critico e fatale ha seguito le linee guida dell'Organizzazione Mondiale della Sanità e le valutazioni sono state effettuate da personale medico qualificato attraverso revisioni individuali dei dati.
Delle 1304 reinfezioni identificate, 413 (31,7%) sono state causate dalla variante B.1.351, 57 (4,4%) dalla variante B.1.1.7, 213 (16,3%) da virus "wild-type" e 621 (47,6 %) erano di stato sconosciuto. Per le persone reinfettate, il tempo mediano tra la prima infezione e la reinfezione era di 277 giorni (intervallo interquartile, da 179 a 315). Le probabilità di malattia grave alla reinfezione erano 0,12 volte (IC 95%, da 0,03 a 0,31) rispetto all'infezione primaria.
Non ci sono stati casi di malattia critica alla reinfezione e 28 casi rispetto all'infezione primaria, per un odds ratio di 0,00 (IC 95%, da 0,00 a 0,64). Non ci sono stati casi di morte per Covid-19 alla reinfezione, mentre si sono verificati 7 casi rispetto all'infezione primaria, con un odds ratio di 0,00 (IC 95%, da 0,00 a 2,57). Le probabilità dell'esito composito di malattia grave, critica o fatale alla reinfezione erano 0,10 volte (IC 95%, 0,03-0,25) rispetto all'infezione primaria. Le analisi di sensibilità erano coerenti con questi risultati.
Analizzando i dati si può affermare come le reinfezioni presentassero una probabilità inferiore del 90% di provocare ospedalizzazione o morte rispetto alle infezioni primarie, mentre solamente quattro reinfezioni sono state abbastanza gravi da portare al ricovero ospedaliero. Nessuna reinfezione ha inoltre comportato il ricovero in terapia intensiva e nessuna si è conclusa con la morte del paziente. Le reinfezioni erano rare e generalmente lievi, forse a causa del sistema immunitario innescato dopo l'infezione primaria.
Anche in altri studi è stata valutata l'efficacia della precedente infezione naturale come protezione contro la reinfezione da SARS-CoV-2, notando come la stessa fosse pari o superiore all'85%. Di conseguenza, per una persona che ha già avuto un'infezione primaria, il rischio di avere una reinfezione grave è di solo circa l'1% del rischio di una persona precedentemente non infettata che abbia un'infezione primaria grave.
Tuttavia è necessario determinare se tale protezione contro la malattia grave al momento della reinfezione duri per un periodo più lungo analogamente a quanto accade all'immunità che si sviluppa contro altri coronavirus stagionali che suscitano un'immunità a breve termine contro la reinfezione lieve, ma un'immunità a lungo termine contro malattie più gravi con reinfezione. Se questo fosse il caso di SARS-CoV-2, il virus (o almeno le varianti studiate fino ad oggi) potrebbe adottare un modello di infezione più benigno quando diventerà endemico.
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